**Lo Sposo**
Dopo cena, Ginevra si sedette sul divano con le gambe raccolte e prese un libro. Si era appena immersa nelle avventure della protagonista del romanzo quando entrò la mamma con il telefono che vibrava in mano. Sullo schermo, sorrideva a tutto tondo Silvana Borlini.
Ginevra rimise via il libro con riluttanza e rispose alla chiamata, lanciando un’occhiataccia alla madre. Questa, finalmente capendo di essere di troppo, uscì dalla stanza. Ginevra non dubitava nemmeno un attimo che la mamma si sarebbe messa ad origliare dietro la porta.
Per cinque minuti, lei e l’amica chiacchierarono del più e del meno. Poi Silvana le disse che l’aveva invitata al suo compleanno, festeggiato il sabato alla villa di campagna.
“Ma è passato solo un mese dall’ultimo. O no?” chiese Ginevra, stupita.
“Che importa? Io festeggerei anche ogni giorno. È solo un pretesto per incontrarci.”
“Perché? Possiamo vederci anche senza motivo,” ribatté Ginevra.
“No, ci vuole un po’ di mistero, di attesa. Arriva un amico del mio Matteo dalla Germania. Lui non sa quando è il mio compleanno, e di sicuro non accetterebbe un invito a vuoto. Ma un compleanno è diverso, è una cosa seria. Dimmi, te la ricordi Martina, la mia amica? È impazzita quando ha saputo che viene lui. Dice che è un regista, o qualcosa del genere, comunque lavora nel cinema. E Martina sogna di recitare. Mi sta addosso come un’ombra, non mi dà tregua. È insopportabile.”
“Ah, ecco. E io a che ti servo?”
“Ma come? È il mio compleanno!” Silvana iniziò a irritarsi per la lentezza dell’amica.
“Per fare numero?” intuì finalmente Ginevra. “E perché in campagna? C’è ancora la neve.”
“Non fare l’ingenuina. Così non scappa,” rise Silvana, soddisfatta. “Allora, vieni? Ci divertiamo, facciamo una grigliata. E poi c’è ancora l’albero di Natale. Non siamo più tornati dopo le feste, e con tutta quella neve non avremmo potuto passare. Su, ti prego, per me.” Nella voce di Silvana c’era quel tono supplichevole che Ginevra conosceva bene.
“D’accordo,” sospirò Ginevra.
Accettò solo perché mancavano ancora quattro giorni al sabato e, in quel lasso di tempo, poteva succedere di tutto. Magari si sarebbe ammalata lei, o Silvana, o sarebbe successo qualcos’altro, e il viaggio sarebbe saltato.
Appena riattaccò, la mamma rientrò nella stanza.
“Dove ti ha invitata?”
“Mamma, hai sentito tutto,” sorrise sarcastica Ginevra.
La mamma non si scompose.
“E vai! Sei sempre chiusa in casa. Tra poco avrai quarant’anni e non sei ancora sposata. Io non vedrò mai un nipote.”
“Mamma, gli uomini non sono primule, non crescono in campagna,” scherzò Ginevra. “Ne ho ancora trentadue, mancano otto anni ai quaranta. E poi i figli devono nascere dall’amore, non perché tu vuoi un nipote…”
La mamma strinse le labbra, fece un gesto di fastidio con la mano e uscì dalla stanza, ma dopo un secondo rientrò e si piantò di nuovo davanti a Ginevra.
“Passi le giornate a leggere. Vivi le vite degli altri, mentre la tua ti sfugge. I libri non ti faranno trovare marito. Il tempo passa…”
“Hai sentito, che vado. Ti porterò un nipote da lì,” scherzò di nuovo Ginevra.
La mamma scosse la testa offesa.
“Scusa, mamma.” Ginevra balzò dal divano e la abbracciò.
Il venerdì Silvana chiamò di nuovo, le ricordò l’appuntamento, le disse di vestirsi elegante per non fare brutta figura con l’ospite straniero, e che lei e il marito l’avrebbero aspettata alle sette in punto davanti a casa.
“Così presto?” protestò Ginevra.
“La strada, dobbiamo scaldare la casa, preparare tutto… Sarà già difficile finire per la sera.”
Alle sei del mattino suonò la sveglia. Ginevra non riusciva a ricordare perché l’avesse impostata così presto nel weekend. Poi entrò la mamma e le disse che la colazione era pronta.
Ginevra si ricordò della villa, del compleanno e gemette. Addio, weekend tranquillo. Si trascinò in bagno. Un’ora dopo, quando uscì, davanti al portone già c’era l’auto del marito di Silvana. Ginevra salì sul sedile posteriore e salutò con aria cupa.
“Su, non fare quella faccia. Puoi dormire durante il viaggio,” le concesse magnanima l’amica.
Per tutto il tragitto, Silvana cinguettò. “Come fa Matteo a sopportarla?” pensò Ginevra, e ben presto si addormentò davvero.
Nella zona delle ville era tutto silenzioso e bellissimo. La neve intatta brillava sui prati, e solo sulle strade si vedevano le tracce degli pneumatici. Significava che in quel paradiso non sarebbero stati soli.
In casa c’era davvero un grande albero di Natale finto. Per un attimo, a Ginevra parve di essere tornata indietro di due mesi e mezzo, come se fossero lì per festeggiare l’anno nuovo. Matteo si occupò subito della stufa, e nell’aria si diffuse l’odore di legna, resina e ricordi d’infanzia.
Prima ancora che la legna prendesse fuoco, arrivarono altre due macchine. Ginevra e Silvana guardarono dalla finestra mentre da una scendevano due conoscenti e Martina. Dall’altra, un estraneo alto e con gli occhiali.
“È lui il regista? Non ne ha l’aria,” confidò Ginevra, dubbiosa.
“Tu ne hai conosciuti molti, di registi?” domandò Silvana.
La compagnia si avvicinò alla casa. Martina saltellava come una capretta, sprofondando nella neve e ridendo. Con le sue risate fragorose, annunciava il suo arrivo a chiunque avesse deciso di passare il weekend lì.
“Basta fissare,” disse Silvana, e fu la prima ad allontanarsi dalla finestra.
Andò alla porta ad accogliere gli ospiti, mentre Ginevra entrò in cucina e iniziò a svuotare le buste della spesa.
“Il tuo amico è davvero un regista?” chiese Ginevra a Matteo.
Lui non fece in tempo a rispondere che in casa esplose un trambusto: rumore di passi, grida e, sopra tutto, le risate eccitate di Martina. Lei corse subito all’albero. Il regista portò in cucina delle buste, strinse la mano a Matteo e annuì a Ginevra, soffermandosi su di lei con lo sguardo.
“Posso aiutare?” domandò.
La cucina si riempì di gente, diventando subito rumorosa e stretta. La legna scoppiettava allegramente, il fuoco nella stufa ruggiva. Ginevra pensò che forse aveva fatto bene a venire.
Dopo uno spuntino a base di panini e tè, gli uomini uscirono a sistemare il barbecue, mentre le donne si misero a tagliare le verdure per l’insalata e a lessare le patate…
A tavola si alzarono brindisi e auguri, Silvana accettò i regali senza alcun imbarazzo. Poi iniziarono a ballare. Martina si appiccicò alMartina si appiccicò al regista, di nome Paolo, senza vergogna, mentre lui, quasi sobrio, dopo un po’ invitò a ballare Ginevra, e quando le luci si fecero più basse e la musica più lenta, le sussurrò all’orecchio le parole che cambiarono per sempre il corso della sua vita, e lei capì che a volte il destino bussa alla porta proprio quando meno te lo aspetti.