Il figlio di mio marito distrugge la nostra famiglia: Come liberarsi della sua presenza

Seduta nella piccola cucina del nostro appartamento a Palermo, stringevo tra le mani una tazza di tè ormai freddo, mentre le lacrime mi salivano in gola. Io e mio marito, Marco, avevamo due figli e apparentemente tutto ciò che serve: una casa accogliente, un’auto, un reddito stabile. Ma la nostra felicità si sgretolava a causa di suo figlio diciassettenne, Fabrizio, nato dal primo matrimonio, che viveva con noi. Passava del tempo con sua madre, ma sempre più spesso si installava da noi, trasformando la mia vita in un incubo.

Fabrizio era come una spicca conficcata nel cuore. Mi trattava come una serva, lasciava in giro i suoi vestiti, accumulava piatti sporchi, e alle mie richieste rispondeva solo con occhi al cielo. La cosa peggiore? Prendeva in giro il mio bambino di quattro anni, Matteo. L’avevo visto dargli uno scapaccione solo perché il piccolo aveva sfiorato per sbaglio il suo telefono. La mia bambina di due anni, Ginevra, dormiva con noi in camera, visto che nel nostro bilocale non c’era spazio per la sua culla. Se Fabrizio se ne andasse da sua madre, potremmo sistemare una stanza per i nostri piccoli.

Ma lui non partiva. La sua scuola era a due passi da casa nostra, e gli faceva comodo stare con il padre. Passava le giornate al computer, urlando nelle cuffie senza far dormire Matteo. Io ero esausta: cucinavo, pulivo, badavo ai bambini, mentre lui non muoveva un dito per aiutare. La sua presenza era come una nuvola nera sospesa sulla nostra casa, avvelenando ogni istante.

Avevo provato a parlare con Marco, supplicandolo di convincere suo figlio che sarebbe stato meglio con sua madre. L’ex moglie, Simona, abitava da sola in un trilocale spazioso, mentre noi eravamo stretti in quattro in un bilocale dove ogni angolo gridava mancanza di spazio. Era giusto? Se almeno Fabrizio avesse avuto un buon rapporto con i miei figli, invece li umiliava. Matteo, guardandolo, era diventato sgarbato e capriccioso, copiando il fratello maggiore. Temevo che mio figlio crescesse altrettanto crudele e arrogante.

Marco non voleva cambiare nulla. «È mio figlio, non posso cacciarlo», ripeteva come un mantra, senza accorgersi di quanto quelle parole mi ferissero. Litigavamo per Fabrizio quasi ogni sera. Mi sentivo come un cavallo sfiancato che trascinava tutto il peso della casa, mentre mio marito chiudeva gli occhi davanti al comportamento del figlio. Ero stanca delle sue scuse, del suo amore cieco per un ragazzo che stava distruggendo la nostra famiglia.

Un giorno non ce la feci più. Fabrizio aveva urlato di nuovo contro Matteo per aver rovesato il succo, e io esplosi:
«Basta! Non sei in un albergo! Se non ti piace stare qui, vai da tua madre!»

Lui si limitò a sogghignare:
«Questa è casa mia, non me ne vado.»

Tremai di rabbia impotente. Marco, sentendo la discussione, si schierò con lui, accusandomi di «non sapermi rapportare». Mi chiusi in camera, stringendo al petto Ginevra che piangeva, e diedi sfogo alle lacrime. Perché dovevo sopportare quell’adolescente arrogante, mentre sua madre viveva nel lusso senza ricordarsi di lui?

Cominciai a pensare a una soluzione. Forse parlare direttamente a Fabrizio? Cercare di convincerlo che starà meglio da sua madre, che può prendere l’autobus per scuola? Ma temevo che si sarebbe solo burlato di me, e Marco mi avrebbe rimproverata per la mia durezza. Sognavo che Fabrizio sparisse dalla nostra vita, che i miei figli potessero crescere in pace. Ma ogni suo sguardo, ogni gesto sgarbato mi ricordava che era lì, come un ospite indesiderato da cui non potevo fuggire.

A volte immaginavo di fare le valigie e scappare con i bambini da mia madre, lasciando Marco alle prese con suo figlio. Ma amavo mio marito e non volevo distruggere la famiglia. Tutto ciò che desideravo era un po’ di serenità in casa. Perché dovevo soffrire, guardando Fabrizio tormentare i miei piccoli mentre sua madre godeva della sua libertà? Ero stanca di arrabbiarmi, stanca di temere per i miei figli. Avevo bisogno di una via d’uscita, ma non sapevo più dove cercarla.

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