Il figlio porta a casa una “sposa della tundra” con tre bambini: li cacciamo, poi scopriamo la verità.

**11 luglio 2024**

Quella sera il mio cuore avrebbe potuto scoppiare, se non avessi serrato i denti. Ricordo quando tutto cominciò—una semplice telefonata da mio figlio: “Mamma, stiamo arrivando io e Costanza (nome inventato). Vogliamo farci conoscere.” La sua voce era allegra, sicura, come chi ha finalmente deciso di fare un passo importante. Io e mio marito ci scambiammo uno sguardo e ci rallegrammo: finalmente Luca si era deciso a sposarsi! Quanto era durato lo scapolaggio?

Luca è sempre stato un ragazzo complicato. Indipendente fin da piccolo, ma con un carattere forte. Dopo la scuola fece il servizio militare, e poi—all’improvviso—annunciò: “Vado al Sud. A lavorare. Voglio guadagnarmi da vivere.” Io e suo padre rimanemmo scioccati, ma non lo scoraggiammo. Partì e, quando tornava, portava sempre qualcosa di speciale: olive, formaggi di pecora, pomodori secchi. Diceva che il posto gli piaceva, che la gente era dura ma sincera, il paesaggio aspro ma bello.

E ora, finalmente, aveva deciso di sposarsi. Preparammo la tavola, il pane e il vino, indossammo i vestiti migliori e aspettammo. Suonarono alla porta. Aprii io. E lì… quasi persi la voce.

Sulla soglia c’era una donna. Anzi, prima vidi solo un enorme mantello di lana, e dietro—tre bambini e Luca. Il mantello entrò, si aprì, e ne uscì una ragazza minuta, bassa, con capelli neri folti e uno sguardo acuto come quello di un falco. Luca presentò:

“Questa è Gelsomina. La mia futura moglie.”

Dentro di me crollò tutto. Gelsomina annuì in silenzio, i bambini, senza aspettare inviti, si sedettero direttamente sul pavimento. Uno cominciò a togliersi gli stivali, un altro si arrampicò sul davanzale. Il più piccolo, lei lo legò con una cintura alla gamba del divano, così non scappava. Tutto accadeva in silenzio, con odori intensi—come se tutto il Sud fosse entrato nella nostra casa a Milano.

Passammo in salotto. Stesi una tovaglia bianca, apparecchiai. Gelsomina cominciò a servire il cibo ai bambini—con le mani! Lei usava la forchetta, ma la teneva in bocca mentre mangiava. Parlava poco, frasi brevi.

“I bambini sono vostri?” chiese mio marito, fissando i tre per terra.

“Miei,” rispose lei, senza emozione.

Io e mio marito ci scambiammo un’occhiata. E ora? Era diventata la nostra famiglia?

“Luca, tesoro, dove vi siete conosciuti?” chiesi, la voce che tremava traditrice.

“In Puglia, mamma. Canta in modo incredibile, dovresti sentirla!” rispose con entusiasmo, e in quel momento mi parve quasi un estraneo.

“E dove pensate di vivere?” intervenne mio marito.

“In una masseria si può,” rispose Luca con indifferenza.

A quel punto qualcosa in me si ruppe. Andai in cucina, mio marito mi seguì. Ci guardammo—occhi sgranati.

“Che facciamo?”

“Non lo so,” rispose lui, allargando le braccia.

Tornammo in salotto. Mio marito si avvicinò a Luca e, senza guardarlo negli occhi, gli porse dei soldi:

“Prendi per l’albergo. Scusa, ma non potete restare qui.”

Luca sospirò:

“Avete sempre detto: purché ti sposi, accetteremo chiunque. Eccola qui.”

Se ne andarono. Con i bambini. Con il mantello. Con gli odori.

Passarono quaranta minuti. Suonarono di nuovo. Corsi alla porta. Erano di nuovo loro. Ma stavolta erano diversi. Gelsomina senza mantello, solo una giacca normale, i capelli raccolti, occhi vivaci.

“Buonasera,” disse educatamente. “Perdonateci.”

“Non capisco,” borbottai, facendomi da parte.

Luca sorrise e fece un passo avanti:

“Mamma, hai sempre detto: magari ti sposassi, magari ti sposassi. Ma io—non voglio. Per ora. Questa è Gelsomina, un’amica. Abbiamo voluto fare uno scherzo. È di Lecce, è qui in visita con i nipoti. Non avevano dove stare. Ho pensato: perché non recitare una scenetta?”

Caddi sullo sgabello nell’ingresso. Le gambe mi cedettero.

“Figlio mio, fai quello che vuoi, ma non spaventarmi così. Stavo per avere un infarto!” sospirai.

Tornammo a tavola. Gelsomina, ormai un’altra persona, aiutava in cucina. I bambini ridevano. Io e mio marito capimmo una cosa: sì, stiamo invecchiando. Ma lo scherzo di Luca era riuscito—troppo vicino alla realtà.

**Lezione imparata:** I figli hanno un modo tutto loro di metterci alla prova. A volte è meglio ridere, anche quando il cuore fa un salto.

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