Il formaggio dell’amica di mamma

Nessuno ricorda esattamente da dove sia spuntata zia Franca, l’amica di mamma. A me sembrava esistesse da sempre, come le tenebre, gli scarafaggi e Toto Cutugno. Papà la considerava un’agente del governo ombra, infiltrata tra la gente comune per esperimenti sociali. Nonno, invece, era convinto che zia Franca fosse il quinto cavaliere dell’Apocalisse, cacciato dalla squadra per eccesso di zelo. Nemmeno mamma sapeva spiegare bene come si fossero conosciute. Zia Franca era come quella chiave misteriosa nel mazzo: inutile, ma buttarla via faceva paura.

Zia Franca non aveva né marito né figli, ma un’abbondanza di tempo libero. Donne così sono più pericolose di un’epidemia. Potresti gettarla nell’oceano con i piedi nel cemento, e lì organizzerebbe attività frenetiche finché tutto il mondo sottomarino non svilupperà gambe per scappare a riva.

Quanto al fiuto per gli affari, zia Franca aveva un trombo commerciale. Ogni anno ci condannava a un nuovo progetto, e scappare era impossibile anche emigrando. Aveva il passaporto, il visto multiplo, parlava tre lingue fluentemente, ma in nessuna di queste comprendeva la parola “no”.

Un tempo vendeva cosmetici cubani che fecero crescere a mamma baffi setosi e crearono una dipendenza. Poi lavorò a maglia intimo maschile con lana sintetica: qui soffrì papà. Gli prometteva “vigore maschile” e chiedeva feedback dopo un mese d’uso. Papà glielo diede dopo tre giorni. Dicono che quella sera gli telefonò Al Bano chiedendo un autografo.

Anche nonno ebbe la sua parte: zia Franca gli vendette integratori per “depurare l’intestino e regolare la pressione”. Nonno finì in TV per una settimana, e per un mese lo mostrarono pure nelle previsioni del tempo, ogni volta che usciva di casa.

Le idee di zia Franca erano infinite: sapone artigianale all’estratto di ortica, dolci “salutari” al coriandolo e cardo, oggetti ricavati dall’anguilla. Parlava per ore dei benefici dei suoi prodotti finché l’ascoltatore non iniziava l’evoluzione al contrario, reggendosi a quattro zampe. Quando la fede in Dio, scienza e buonsenso vacillava, offriva uno sconto. La vittima cedeva. E noi, come “cari amici”, eravamo i più fortunati: ricevevamo campioni gratuiti.

Un mese fa, zia Franca iniziò a fare formaggio in casa e a portarcelo in ogni stato immaginabile. L’odore era indescrivibile. Credo che il nostro appartamento non sarà né vendibile né affittabile per dieci anni, e lo stesso vale per tutto il condominio. Solo nonno gioì: non doveva più lavare i calzini e veniva lodato per la sua fermezza.

Il formaggio era strano. Spezzava i denti delle grattugie, esplodeva col microonde e svaniva nel forno. A volte sembrava attaccasse gli altri cibi in frigo, trasformandoli in suoi simili.

Una volta provai ad aggiungerlo alla pasta col ketchup. Il risultato fu uranio arricchito, e ora la famiglia è bandita dall’estero per sette anni.

Mamma ci chiese pazienza. Zia Franca assicurava che “la prima volta è sempre un disastro”, ma la prossima partita sarebbe stata “da urlo”. Nonno, sentendo questo, passeggiò per una settimana con un martello, minacciando di diseredarci se una sola briciola fosse finita nel suo piatto. A papà toccò peggio: amava mamma più della vita (colpa sua), quindi non ebbe scelta.

Io? Zia Franca sosteneva che i bambini d’oggi hanno tutta la tavola periodica in corpo e che potevo mangiare cioccolatini con la carta. E invece del sangue, avevo olio di palma. Il suo prodotto era naturale, assicurava a mamma, mentre sul contatore Geiger di nonno che impazziva commentava: “Lui non conta!”

Ma accadde l’incredibile. Il formaggio non era male. Certo, prima ne prendemmo un litro di assorbente e rinforzammo tutte le uscite biologiche in caso di emergenza. Ma col gusto non potemmo far nulla, e, sorpresa, non servì. Era cremoso, delicato, con un leggero retrogusto di nocciola. Mamma preparò panini, papà lo mise nell’insalata, e persino nonno, attirato dall’aroma, ne mangiò due pezzi.

Zia Franca, sembrava, aveva vinto. Per la prima volta, le sue parole corrispondevano alla realtà. Ma solo a mamma confessò la verità: il formaggio l’aveva fatto il suo nuovo marito, uno chef che aveva quasi ucciso al primo appuntamento con una “zuppa al formaggio”. L’uomo passò tre giorni sotto flebo, e al risveglio affermò di aver visto la luce. Tra la vita e la morte, aveva capito il suo scopo: salvare il mondo dalle iniziative di zia Franca. Se le veniva un’idea, lui la realizzava al posto suo, lasciandole i meriti. E la sposò, forse per senso di responsabilità verso il pianeta.

Da allora, seguiamo attentamente la loro relazione. E preghiamo con fervore che tutto vada bene.

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