**IL FAZZOLETTO**
“Ancora con quel russare!” pensò irritata Veronica, spingendo via il braccio del marito e girandosi dall’altro lato. Dopo aver lanciato un’occhiata al cellulare, sbuffò: “Sono le due di notte, domani ho il turno di pomeriggio, ma comunque… non è che abbia vent’anni, quando potevi ballare tutta la notte e svegliarti fresca come una rosa!”
Accanto a lei, Enrico dormiva beato, ignaro dello sguardo accusatorio di lei, che nel buio cercava ogni suo difetto per ingigantirlo. “È ingrassato, i capelli tutti bianchi… e quelle rughe! Sembrano i solchi dell’Appennino!” sospirò.
Eppure, c’era stato un tempo in cui lui la aspettava all’ingresso, le toglieva il cappotto di mano, la baciava senza neanche chiederle com’era andata la giornata. Adesso, invece, si lamentava se lei lavava le sue camicie prima che lui le portasse fin troppo a lungo. “E poi i suoi parenti! Sempre pronti a criticarmi, come se non fossi abbastanza per lui!”
Un ricordo più doloroso tornò a galla: quando la loro figlia, Beatrice, si era ammalata. Veronica aveva passato notti insonni tra ospedali e paure, mentre Enrico sembrava impassibile. “Avrei voluto solo che mi abbracciasse e mi dicesse: ‘Andrà tutto bene’…” Ma poi, quando la tempesta era passata, avevano pianto insieme, chiedendosi scusa.
La mente di Veronica tornò al giorno in cui si erano conosciuti. Pioveva a dirotto, e lei, disperata per una sciocchezza—cinque euro da dare alle compagne per un regalo ai professori—camminava sotto l’acqua, inzuppata fino all’osso. Lui le aveva offerto un ombrello, poi un fazzoletto di lino bianco e azzurro, profumato di colonia. “Prendi questi soldi,” le aveva detto dopo averla ascoltata in un caffè di Milano. “Non permetterò che una ragazza intelligente come te pianga per così poco.”
Non li aveva mai restituiti, quei cinque euro. Lui si era offeso all’idea. “Un uomo che si rispetti vuole solo sentirsi utile,” le aveva spiegato, fissandola negli occhi.
Ora, all’alba, Veronica realizzò quanto fosse stata fortunata. Sì, c’erano state litigate, perdite, momenti duri… ma Enrico non l’aveva mai abbandonata sotto il peso dei problemi.
Proprio allora, lui si girò, la strinse a sé nel sonno e baciò la sua nuca. Un nodo si sciolse nel cuore di Veronica. “Che importa se russa?” pensò, sorridendo. “L’importante è che ci sia.”
La mattina dopo, in cucina, Enrico la baciò. “Stamattina mi hai svegliato alle sei,” disse ridendo. “Facevi le fusa come il nostro gatto Arturo!”
“Io?! Russavo?!” esclamò Veronica, sbalordita.
“Be’, diciamo che respiravi… con entusiasmo,” replicò lui, strizzando l’occhio.
Veronica scoppiò a ridere. Davvero, a volte si criticano gli altri senza accorgersi dei propri difetti.
E alla fine, tutto si poteva sistemare… magari con l’aiuto di un ombrello.






