**L’Astuto Timo**
Da giorni, Viola e sua madre litigavano senza sosta. Si stancavano, si allontanavano in silenzio, ognuna nel proprio angolo, ma bastava che una delle due riprendesse fiato e tornasse a parlare perché ripartissero gli insulti.
— È impossibile parlare con te! Non ascolti mai nessuno. Per te esiste solo la tua opinione, e basta. Neanche papà riuscivi a sentirlo, ecco perché se n’è andato! — gridava Viola, sapendo bene che tirare in ballo suo padre era un colpo basso, ma ormai la rabbia la trascinava via.
— Me ne vado comunque, perché senza Leo non posso vivere. Lo amo. Volevo andarmene in pace, ma a quanto pare non si può. Ho vent’anni, sono adulta! Una volta, a questa età, le ragazze erano già zitelle. Tu sempre perfetta, sempre impeccabile… non ti viene mai la nausea di te stessa? Io non voglio diventare come te… — Viola si bloccò.
— Ma io non sono contraria, ti sento benissimo. Perché non vi sposate, se vi amate? — disse la madre, quasi calma, spaventata da quell’impeto.
— Eccoci di nuovo — gemette Viola. — Sposarci come? Siamo studenti. Vivere alle tue spalle? O a carico dei suoi genitori? Loro hanno già comprato un appartamento a Leo.
— E con cosa vivrete?
— Te l’ho già detto, Leo lavora, crea siti e programmi al computer. Gli pagano per quello. Sì, mamma. Non hai sentito che ormai si lavora così, si chiama “online”? I soldi per mangiare ci saranno, e tra un anno finiamo gli studi e ci sposeremo.
— Allora aspetta un anno. O è urgente? Sei incinta e non me lo dici? — La madre la scrutò con sospetto.
— No, mamma, non sono incinta. Basta, è inutile parlare con te. — Viola entrò in camera sua e cominciò a svuotare l’armadio, infilando vestiti nello zaino. Quando non ci stavano più, rimase in piedi accanto al divano, indecisa.
La madre entrò senza fare rumore. «Ecco, adesso ricomincia», pensò Viola. Invece restò in silenzio e uscì. Dopo qualche minuto tornò, posando una valigia accanto alla pila di vestiti. Era la stessa che usava per le vacanze col padre.
— Grazie! — Viola la abbracciò. — Non me ne vado dall’altra parte del mondo, verrò a trovarti. Ti chiamerò ogni giorno. Se avrai bisogno di qualcosa, diccelo, verremo io e Leo a sistemare tutto.
La madre si accasciò sul divano, nascondendo il volto tra le mani.
— Tutti mi abbandonano. Giusto, scappate via, come se fossi un mostro. Quando ero giovane e sana ero utile, adesso vi dò solo fastidio. Tuo padre si è trovato una più giovane, perché io ormai non gli vado più bene. Quando aveva l’ulcera o il mal di schiena, invece, gli servivo. Lo accudivo, gli facevo i massaggi, cucinavo tutto al vapore. Spremevo succhi di patate e cavolo. Allora ero utile. Poi è guarito, ha ripreso le forze, e se n’è andato. Pazienza, quando ricadrà, tornerà da me, ma stavolta non lo perdonerò.
E adesso te ne vai anche tu. Perché? Ti toccherà cucinare, fare la spesa, lavare i panni. E studiare. La vita di una donna è dura. E se rimani incinta? Perché tutta questa fretta?
Viola si sedette accanto a lei, stringendole le spalle. Sentiva la sua tensione, la sua tristezza. Per un attimo le venne quasi voglia di cedere e restare.
— Potreste continuare a vedervi, come prima. Perché andartene di casa? — La madre non si calmava.
— Perché le persone vivono insieme? Perché non riescono a stare l’una senza l’altra. Io lo amo. Verrò a trovarti, te lo prometto. E ti chiamerò ogni giorno. Se vuoi, veniamo a vivere qui con te?
La madre si raddrizzò di scatto.
— Neanche per sogno!
Viola sorrise tra sé.
Sua madre si era sposata tardi. La nonna era stata severissima, non la lasciava mai uscire. Solo dopo la sua morte si era sposata, giusto in tempo, come si suol dire.
Viola aveva vent’anni, e sua madre era già in pensione. L’azienda dove lavorava era fallita, e tutti gli over 50 erano stati licenziati. Poi, come se non bastasse, il padre aveva fatto la sua mossa. Viola capiva tutto. Ma come fare a dividersi tra la madre e Leo? Difficile che riuscissero a convivere in tre. Conosceva il carattere di sua madre. E poi, perché provarci, se Leo aveva già un appartamento? Era meglio così. Semplicemente, sua madre aveva paura di restare sola.
— Perdonami, mamma. Ti voglio tanto bene. Ma amo anche Leo. — Si alzò e riprese a fare la valigia.
Quando la madre uscì, estrasse il telefono dalla tasca dei jeans.
— Stai aspettando? — chiese all’altro capo. — Arrivo.
Ripose il telefono, si infilò lo zaino in spalla e trascinò la valigia fuori dalla stanza.
La madre era in cucina, voltata verso la finestra.
— Mamma, non offenderti. Ti chiamo domani, — disse con tono colpevole.
La madre non si mosse. Sembrava così smarrita, sola e ferita che Viola ne ebbe pena… ma se avesse ceduto, se si fosse avvicinata, sarebbe ricominciata a supplicarla di restare. E Leo l’aspettava già da tempo nel cortile, probabilmente gelato. Così, decisa, prima di ripensarci o che la madre uscisse dal suo torpore, si diresse verso l’uscita.
Un taxi era fuori discussione: bisognava risparmiare. E così lei e Leo andarono alla fermata dell’autobus.
— Com’è andata? Ha litigato molto? Ti ha supplicato di restare? — chiese Leo stringendole la mano.
— Normale, — borbottò. Non aveva voglia di parlarne.
— Ti pent”E quando finalmente scesero dall’autobus, il sole che si specchiava nelle pozzanghere sembrava un sorriso, come se la città stessa approvasse il loro nuovo inizio.”