**Il genero ha ottenuto più del figlio**
“Come si spiega questa cosa?” urlò Gianluca, agitando il testamento davanti al naso del notaio. “L’appartamento al genero, la casa al mare al genero, l’auto al genero! E a me cosa tocca? Io sono suo figlio, sangue del suo sangue!”
“Gianluca, per favore, calmati,” disse il notaio, sistemando gli occhiali con un’occhiata severa. “Tuo padre aveva tutto il diritto di disporre dei suoi beni come meglio credeva.”
“Ma non è giusto!” la voce di Gianluca si spezzò in un urlo. “Massimo è solo cinque anni che è sposato con mia sorella, eppure ha avuto più di me! Dov’è la giustizia?”
Massimo sedeva su una sedia in fondo al locale, le mani strette a pugno. Pallido, gli occhi rossi per la mancanza di sonno, taceva, ma il dolore sul suo volto era chiaro.
“Smettila, Gianluca,” intervenne Chiara, la sorella di Gianluca e moglie di Massimo, con voce ferma. “Papà sapeva quello che faceva.”
“Tu stai zitta!” ringhiò lui. “Scommetto che il tuo caro maritino ha influenzato papà mentre era malato.”
Massimo si alzò di scatto.
“Ripetilo,” disse, con una nota pericolosa nella voce.
“Lo ripeto!” Gianluca gli si rivolse a muso duro. “Hai approfittato di un vecchio malato, ecco cos’hai fatto! Ti sei insinuato nella sua vita, facendo il premuroso, ma tutto per l’eredità!”
“Gianluca!” Chiara balzò in piedi. “Come ti permetti? Massimo si è preso cura di papà giorno e notte quando era in ospedale. E tu dov’eri? Dov’era il figlio?”
“Lavoravo! Ho una famiglia anch’io! Non potevo certo mollare tutto!”
“E Massimo sì?” Chiara avanzò verso il fratello. “Lui non ha famiglia? Non ha un lavoro? Ha usato le sue ferie, si è fatto permessi, ha passato notti insonni!”
Il notaio sospirò e batté la penna sul tavolo.
“Eredi, per cortesia, discutete fuori dal mio studio. Il testamento è stato redatto in piena autonomia e legalità. Vittorio era in pieno possesso delle sue facoltà mentali. Ci sono certificati medici che lo attestano.”
Gianluca afferrò una copia del testamento e la rilesse con rabbia.
“Appartamento di tre stanze a Roma — Massimo Bianchi. Villa sul lago di Como — Massimo Bianchi. Auto Alfa Romeo — Massimo Bianchi.” La voce gli tremava. “E a Gianluca Rossi — un garage e degli attrezzi da giardino. Attrezzi da giardino! Vanghe e rastrelli!”
“E cinquantamila euro,” aggiunse il notaio. “Non dimentichiamolo.”
“Cinquantamila!” Rise amaro. “L’appartamento vale almeno ottocentomila, la villa un milione, l’auto è nuova! A me cinquantamila? Carità!”
Massimo non resistette:
“Gianluca, non ho mai chiesto nulla a Vittorio. Anzi, quando mi disse che voleva cambiare il testamento, cercai di dissuaderlo. Gli dissi che doveva lasciare tutto ai figli.”
“Certo, come se ti credessi!” sbuffò Gianluca.
“E cosa rispose?” chiese Chiara al marito.
Massimo sospirò pesantemente.
“Disse: ‘Sei più di un figlio per me, Massimo. Gianluca viene solo quando ha bisogno di soldi. Tu invece sei sempre presente.’ Queste furono le sue parole, non mie.”
Gianluca impallidì.
“Non l’ha mai detto.”
“L’ha detto,” confermò Chiara. “L’ho sentito io stessa. Papà era addolorato perché lo vedevi così raramente.”
“Ho una vita! Un lavoro! Non tutti possono starsene dietro ai vecchi tutto il giorno!”
“Nessuno ha obbligato Massimo. Lo faceva perché amava papà.”
Calò il silenzio. Il notaio rimetteva a posto i documenti, desiderosa di chiudere quella spiacevole faccenda.
“Contesterò il testamento,” annunciò alla fine Gianluca. “Troverò un modo per dimostrare che papà non era lucido.”
“Fai pure,” scrollò le spalle Massimo. “È un tuo diritto.”
“Pensaci, Gianluca,” implorò la sorella. “Perché rovinare i rapporti in famiglia? Papà non c’è più, ma noi restiamo. Davvero vogliamo dividerci per i soldi?”
“Facile parlare per te!” esplose lui. “Tuo marito è a cavallo, e io? Io contavo sull’eredità! Volevo vendere l’appartamento, comprarne uno più grande, pagare l’università ai miei figli!”
“E noi no?” Massimo si avvicinò alla finestra. “Credi che questa situazione mi piaccia? Credi che sia contento di come stanno andando le cose?”
“Allora rinuncia all’eredità,” propose Gianluca. “Se ti pesa tanto.”
“Non lo farò,” rispose Massimo con fermezza. “Perché era l’ultima volontà di tuo padre. E io la rispetto.”
Chiara prese la mano del marito.
“Massimo ha ragione. Papà era saggio, sapeva quello che faceva.”
“Certo, era così saggio!” grugnì Gianluca. “Sapeva che poteva umiliare suo figlio, ma non il genero!”
“O forse sapeva altro,” mormorò Chiara.
“Cosa vuoi dire?”
La sorella esitò, poi lo fissò decisa.
“Ricordava che tre anni fa gli chiedesti un prestito per la macchina?”
“E allora? Un figlio non può chiedere soldi al padre?”
“Certo. Ma promettesti di restituirli in sei mesi. Sono passati tre anni.”
Gianluca arrossì.
“Stavo per farlo! Sono sorte delle difficoltà…”
“E hai promesso di sistemargli il bagno, presi i soldi per i materiali e sparisti per un mese!”
“Alla fine l’ho fatto!”
“Dopo sei mesi! E solo perché papà minacciò di farti causa!”
Massimo rimase in silenzio, imbarazzato.
“Basta, Chiara,” la pregò. “Non serve rivangare il passato.”
“Invece sì!” gli occhi di Chiara luccicavano. “Ricordi quando papà ti chiamò prima dell’intervento e tu gli dicesti che eri occupato e che avresti richiamato? Ma non lo facesti mai!”
“Me ne dimenticai! Succede!”
“E quando non venisti al suo compleanno? E agli onomastici? Quand’è l’ultima volta che sei andato da lui senza un motivo?”
Gianluca aprì la bocca, ma non rispose. Chiara proseguì:
“Massimo andava da lui ogni settimana. Lo aiutava, gli portava la spesa, lo accompagnava dal medico. Non perché doveva, ma perché voleva!”
“Va bene!” Gianluca alzò le mani. “Io sono il figlio cattivo, lui il genero perfetto. Ho capito. Ma il testamento lo impugnerò!”
Afferrò le sue copie e si diresse verso l’uscita.
“Aspetta,” lo chiamò Chiara.
“Che c’è ancora?”
“Siamo famiglia. Possiamo trovare un accordo. Massimo, diglielo.”
Massimo si voltò.
“Gianluca, sono disposto a dividere. Non per legge, ma per buon senso. La villa, per esempio, possiamo spartircela. O venderla e dividere il ricavato.”
“E l’appartamento?”
“Quello no. Io e Chiara non abbiamo un’altra casa. Viviamo in affitto.”
“Ecco, il piatto buono te lo tieni.”
“Gianluca!” Chiara gli”Allora prenditi tutto,” borbottò Gianluca stringendo i documenti, voltandosi e uscendo dalla stanza con un sospiro che sembrava portarsi via ogni ultimo legame con la famiglia, mentre Massimo e Chiara rimasero in silenzio, sentendo il peso di un’eredità che non era fatta solo di mattoni e denaro, ma di tutto l’amore che Vittorio aveva lasciato loro.