Il genero ha ricevuto di più del figlio

— Che significa questo? — Ignazio sventolava il testamento sotto il naso del notaio. — L’appartamento al genero, la villa al genero, l’auto al genero! E a me cosa? Io sono il figlio, il figlio naturale!

— Ignazio Vittorio, la prego di calmarsi — disse il notaio, aggiustandosi gli occhiali e fissando con severità il volto accaldato dell’uomo. — Suo padre aveva tutto il diritto di disporre dei suoi beni come meglio credeva.

— Ma non è giusto! — La voce di Ignazio si incrinò in un gridio. — Sandro ha sposato mia sorella soltanto cinque anni fa, eppure prende più di me! Dov’è la giustizia?

Alessandro sedeva su una sedia nell’angolo dello studio, le mani strette a pugni. Il volto era pallido, gli occhi arrossati dalla mancanza di sonno. Taceva, ma si capiva che la situazione gli faceva male come a Ignazio.

— Ignazio, smettila di urlare — disse con fermezza Lucia, sorella di Ignazio e moglie di Alessandro. — Papà sapeva quello che faceva.

— E tu stai zitta! — sbottò il fratello. — Il tuo ometto ti ha convinta a influenzare papà mentre era malato.

Alessandro si alzò di scatto.

— Ripetilo, se hai coraggio — la sua voce si fece minacciosa.

— Lo ripeto! — Ignazio si voltò verso il genero. — Hai approfittato di un vecchio malato, ecco cosa hai fatto! Ti sei insinuato nella sua fiducia, fingevi di prenderti cura di lui, ma in realtà volevi solo la sua eredità!

— Ignazio! — Lucia balzò in piedi. — Come ti permetti! Sandro vegliava papà giorno e notte quando era in ospedale. E tu dov’eri? Dov’era il figlio naturale?

— Io lavoravo! Ho una famiglia, dei figli! Non potevo mollare tutto per fare l’infermiere!

— E Sandro poteva? — Lucia si avvicinò al fratello. — Lui forse non ha una famiglia? Un lavoro? Ha usato le ferie, ha preso permessi, ha passato notti insonni!

Il notaio sospirò stancamente e batté la penna sul tavolo.

— Eredi, vi prego di discutere altrove. Il testamento è stato redatto in pieno rispetto della legge e regolarmente autenticato. Vittorio Enrico era lucido e in piena facoltà di intendere e volere al momento della stesura. Ci sono certificati medici che lo attestano.

Ignazio afferrò la copia del testamento e lo rilesse.

— Appartamento a tre stanze in via Roma — ad Alessandro Lorenzo Rossetti. Villa in campagna — ad Alessandro Lorenzo Rossetti. Auto Fiat — ad Alessandro Lorenzo Rossetti. — La voce gli tremava di rabbia. — A Ignazio Vittorio Marini — un garage e attrezzi da giardino. Attrezzi da giardino! Pale e rastrelli!

— E anche cinquantamila euro — aggiunse il notaio. — Non lo dimentichi.

— Cinquantamila! — Ignazio rise amaramente. — Per un appartamento che oggi vale ottocentomila euro, una villa non meno di trecentomila, l’auto quasi nuova. E a me cinquantamila? Come un’elemosina!

Alessandro non resistette e parlò:

— Ignazio, non ho mai chiesto nulla a Vittorio Enrico. Anzi, quando mi disse che voleva cambiare il testamento, cercai di dissuaderlo. Dissi che tutto doveva andare ai figli.

— Certo, come no! — sbuffò Ignazio. — Ci credo proprio!

— E papà cosa rispose? — chiese Lucia al marito.

Alessandro sospirò pesantemente.

— Disse: «Sandro, mio figlio è mio sangue, ma tu sei diventato più di un figlio. Ignazio viene solo quando ha bisogno di soldi. Tu invece sei presente, ti preoccupi, mi aiuti». Furono le sue parole, non le mie.

Ignazio impallidì.

— Non l’ha mai detto.

— L’ha detto — confermò Lucia. — L’ho sentito io stessa. Papà soffriva perché lo vedevi così poco.

— Io ho impegni! Un lavoro! Non tutti possono passare le giornate a badare ai vecchi!

— Nessuno obbligava Sandro a farlo — Lucia si sedette di nuovo. — Lo faceva di sua spontanea volontà. Perché amava papà.

Scese il silenzio. Il notaio raccoglieva i documenti, desiderando concludere quell’infausta procedura.

— Contesterò il testamento — annunciò Ignazio alla fine. — Troverò il modo di dimostrare che papà non era in sé.

— Faccia pure — Alessandro si strinse nelle spalle. — È un suo diritto.

— Ignazio, ripensaci — lo implorò la sorella. — Perché rovinare i rapporti in famiglia? Papà non c’è più, ma noi restiamo. Vogliamo litigare per i soldi?

— Facile parlare per te! — esplose il fratello. — Tuo marito è a cavallo, e io? Ho contato tutta la vita sull’eredità di papà! Volevo vendere l’appartamento, comprarne uno più grande, pagare gli studi ai miei figli!

— E noi no? — Alessandro si avvicinò alla finestra. — Credi che questa situazione mi piaccia? Credi che sia felice di quello che è successo tra noi?

— Allora rinuncia all’eredità — propose Ignazio. — Se ti dà così fastidio.

— Non rinuncerò — rispose Alessandro con fermezza. — Perché era l’ultima volontà di tuo padre. E la rispetto.

Lucia prese la mano del marito.

— Sandro ha ragione. Papà era una persona intelligente, sapeva quello che faceva.

— Certo, lo sapeva! — Ignazio scoppiò di nuovo. — Sapeva che poteva ferire il figlio naturale, ma non un estraneo! Sapeva che io avrei sopportato tutto, perché sono suo figlio!

— O forse sapeva qualcos’altro? — domandò piano Lucia.

— Cosa vuoi dire?

La sorella esitò, poi guardò Ignazio con decisione.

— Forse ricordava quando, tre anni fa, chiedesti a papà un prestito per comprarti l’auto?

— E allora? Un figlio non può chiedere soldi al padre?

— Può. Ma promettesti di restituirli in sei mesi. Sono passati tre anni.

Ignazio arrossì.

— Stavo per farlo! Solo che le cose si sono complicate…

— E ricordava quando promettesti di riparargli il bagno, prendesti i soldi per i materiali e sparisti per un mese?

— Alla fine l’ho riparato!

— Dopo sei mesi! E solo perché papà minacciò di farti causa!

Alessandro taceva, osservando la scena familiare. Si sentiva a disagio, ma non poteva andarsene.

— Lucia, basta — la pregò. — Non serve rivangare il passato.

— Serve! — gli occhi di Lucia luccicavano di lacrime. — Ricordati quando papà ti chiamò prima dell’operazione, e tu dicesti che eri occupato e che avresti richiamato. Ma non lo facesti mai!

— Me ne dimenticai! — si giustificò Ignazio. — Succede!

— E ti dimenticasti anche di venire al compleanno di papà? E all’onomastico? E quando l’hai visto l’ultima volta senza un motivo?

Ignazio aprì la bocca, ma non trovò parole. Lucia proseguì:

— Sandro veniva ogni settimana. Lo aiutava in casa, portava la spesa, lo accompagnava dai dottori. Non perché doveva, ma perché voleva!

— Basta, basta! — Ignazio fece un gesto di fastidio. — Io sono il figlio cattivo, lui il genero perfetto. Ho capito. Ma contesterò comunque il testamento!

Afferrò i documenti eIgnazio uscì sbattendo la porta, lasciandosi alle spalle i rimpianti e il peso di una lezione che, anche dopo tutto quel tempo, non aveva mai davvero imparato.

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Il genero ha ricevuto di più del figlio