– Che significa questo? – Edoardo sventava il testamento sotto il naso del notaio. – L’appartamento al genero, la villa al genero, la macchina al genero! E a me cosa rimane? Io sono il figlio, il figlio vero!
– Edoardo, per favore, si calmi, – il notaio aggiustò gli occhiali e lo fissò con severità. – Suo padre aveva ogni diritto di disporre dei suoi beni come meglio credeva.
– Ma è un’ingiustizia! – la voce di Edoardo si spezzò in un gridaccio. – Sandro sposa la mia sorella solo cinque anni fa, e riceve più di me? Dov’è la giustizia?
Sandro sedeva in un angolo dello studio, le mani strette a pugno. Il suo volto era pallido, gli occhi rossi dalla mancanza di sonno. Non parlava, ma il suo sguardo era un tormento silenzioso.
– Edoardo, smettila di urlare, – disse con fermezza Chiara, sorella di Edoardo e moglie di Sandro. – Papà sapeva quello che faceva.
– E tu fai silenzio! – sbottò il fratello. – Il tuo prezioso marito ti ha convinto a influenzarlo mentre era malato!
Sandro si alzò di scatto.
– Ripeti quello, – la sua voce era un coltello.
– Lo ripeto! – Edoardo gli si rivolse. – Hai approfittato di un vecchio malato, ecco cosa hai fatto! Ti sei intrufolato nella sua fiducia, fingevi premurevole, ma pensavi solo all’eredità!
– Basta! – Chiara si levò in piedi. – Come osi? Sandro ha vegliato papà notte e giorno in ospedale! E dov’eri tu, figlio di sangue?
– Io lavoravo! Ho una famiglia, dei figli! Mica posso abbandonare tutto!
– E Sandro poteva? – Chiara gli si avvicinò. – Lui forse non ha una famiglia? Non ha un lavoro? Ha usato le sue ferie, si è preso permessi, ha passato notti insonni!
Il notaio si passò una mano sulla fronte e batté la penna sul tavolo.
– Signori eredi, vi chiedo di discutere fuori dal mio ufficio. Il testamento è stato redatto in piena legalità, firmato in presenza di testimoni. Vostro padre era lucido e cosciente quando lo ha scritto. Ci sono i referti medici a provarlo.
Edoardo afferrò una copia e la rilesse con rabbia.
– Appartamento di tre stanze in via Veneto a Sandro Bianchi. Villa a Tivoli a Sandro Bianchi. Automobile Alfa Romeo a Sandro Bianchi. – La voce gli tremava. – A Edoardo Rossi – un garage e attrezzi da giardino. Attrezzi da giardino! Vanghe e rastrelli!
– E cinquantamila euro, – aggiunse il notaio. – Non lo dimentichi.
– Cinquantamila! – Edoardo rise amaramente. – L’appartamento vale ottocentomila, la villa mezzo milione, la macchina è quasi nuova! E a me una mancia!
Sandro parlò senza alzare lo sguardo:
– Edoardo, non ho mai chiesto niente a tuo padre. Anzi, quando mi disse che voleva cambiare il testamento, cercai di dissuaderlo. Dissi che tutto doveva andare ai figli.
– Sì, certo, dissuaderlo! – rise Edoardo. – Ci credo!
– E lui ha risposto? – chiese Chiara al marito.
Sandro sospirò.
– Disse: “Sandro, mio figlio è di sangue, ma tu sei diventato più di un figlio. Edoardo appare solo quando servono soldi. Tu c’eri, senza secondi fini”. Furono le sue parole, non mie.
Edoardo impallidì.
– Non l’ha mai detto.
– L’ha detto, – confermò Chiara. – Io stessa l’ho sentito. Papà soffriva perché lo vedavi così poco.
– Io avevo impegni! Lavoro! Non tutti possono starsene a badare ai vecchi tutto il giorno!
– Nessuno obbligò Sandro a farlo, – Chiara si sedette di nuovo. – Lo fece perché amava papà.
Il silenzio si fece pesante. Il notaio raccoglieva le carte, ansioso di chiudere quella spiacevole faccenda.
– Contesterò il testamento, – alla fine disse Edoardo. – Dimostrerò che non era lucido.
– Faccia pure, – Sandro alzò le spalle. – È un suo diritto.
– Edoardo, pensaci, – lo supplicò Chiara. – Perché rovinare la famiglia? Papà se è andato, ma noi restiamo. Vale la pena litigare per i soldi?
– Facilissimo parlare per te! – esplose il fratello. – Il tuo marito ha fatto l’affarone, e io cosa? Contavo su quell’eredità! Volevo vendere l’appartamento, comprarne uno più grande, pagare l’università ai miei figli!
– E noi no? – Sandro si avvicinò alla finestra. – Credi che mi piaccia questa situazione? Che sia felice di vederci così?
– Allora rinuncia. – propose Edoardo. – Se ti dà tanto fastidio.
– Non lo farò, – rispose Sandro. – Perché è l’ultima volontà di tuo padre. E la rispetto.
Chiara gli prese la mano.
– Sandro ha ragione. Papà era un uomo saggio, sapeva cosa faceva.
– Certo che lo sapeva! – Edoardo scattò di nuovo. – Sapeva che il figlio vero può essere ferito, ma il genero no! Sapeva che avrei subito in silenzio perché sono suo figlio!
– O forse sapeva qualcos’altro? – mormorò Chiara.
– E cioè?
La sorella esitò, poi gli lanciò uno sguardo deciso.
– Ricordava quando, tre anni fa, gli chiedesti un prestito per la macchina?
– E allora? Il figlio non può chiedere soldi al padre?
– Può. Ma promettesti di restituirli in sei mesi. Ne sono passati tre.
Edoardo arrossì.
– Stavo per farlo! Ma le cose si sono complicate…
– E ricordava quando promettisti di riparargli il bagno, prendesti i soldi per i materiali e sparisti per un mese?
– L’ho riparato dopo!
– Dopo sei mesi! E solo perché minacciò di portarti in tribunale!
Sandro taceva, turbato da quei rimpiattigli. Non aveva il coraggio di andarsene.
– Chiara, non serve, – la supplicò. – Il passato è passato.
– Serve! – gli occhi di Chiara luccicavano. – Che ricordi quando papà lo chiamò prima dell’operazione, e lui disse che era occupato e avrebbe richiamato? Ma non lo fece mai!
– Ho dimenticato! È successo!
– E hai dimenticato anche il compleanno di papà? E il suo onomastico? Quand’è stata l’ultima volta che lo hai visto senza un motivo?
Edoardo aprì la bocca ma non rispose. Chiara continuò:
– Sandro veniva ogni settimana. Lo aiutava, portava la spesa, lo accompagnava dal dottore. Non perché doveva, ma perché voleva!
– Basta! – Edoardo agitò una mano. – Io sono il figlio cattivo, lui il genero perfetto. Ho capito. Ma contesterò il testamento!
Afferrò i documenti e si diresse alla porta.
– Edoardo, aspetta, – lo chiamò Chiara.
– Che c’è ancora?
– Siamo famiglia. Possiamo trovare un accordo. Sandro, diglielo.
Sandro si voltò.
– Edoardo, sono disposto a dividere. Non come dice la legge, ma come uomini. La villa, per esempio, possiamo spartircela. O venderla e dividere i soldi.
– E l’appartamento? – chiese Edoardo.
– Quello no”Edoardo infilò il documento nella borsa e uscì sbattendo la porta, lasciando dietro di sé il silenzio e il peso di una famiglia che forse non si sarebbe più ritrovata.”






