**Il genero ereditò più del figlio**
“Come si può capire una cosa del genere?” Urlò Edoardo, agitando il testamento sotto il naso del notaio. “L’appartamento al genero, la villa al genero, persino l’auto! E a me cosa resta? Io sono suo figlio, il figlio vero!”
“Signor Edoardo, per favore si calmi,” lo rimproverò il notaio, aggiustandosi gli occhiali con severità. “Suo padre aveva ogni diritto di disporre dei suoi beni come meglio credeva.”
“Ma non è giusto!” La voce di Edoardo si spezzò in un urlo strozzato. “Marco ha sposato mia sorella soltanto cinque anni fa, eppure eredita più di me! Dov’è la giustizia?”
Marco, seduto in un angolo dello studio con le mani strette a pugno, aveva il volto pallido e gli occhi arrossati dalla stanchezza. Non parlava, ma era chiaro che quella situazione lo tormentava quanto Edoardo.
“Edoardo, smettila di urlare,” intervenne Lucia, la sorella di Edoardo e moglie di Marco, con tono fermo ma pacato. “Papà sapeva quello che faceva.”
“Tu stai zitta!” le rispose il fratello. “Il tuo bel maritino ti ha convinto a influenzare papà mentre era malato!”
Marco balzò in piedi.
“Ripetilo, se hai il coraggio,” sibilò con una pericolosa calma.
“Lo ripeto! Hai sfruttato un vecchio malato, ecco cos’hai fatto! Ti sei intrufolato nella sua fiducia, fingendoti premuroso, ma in realtà cercavi solo l’eredità!”
“Edoardo!” gridò Lucia, alzandosi d’un colpo. “Come osi? Marco si è occupato di papà giorno e notte, quando era in ospedale. E tu dov’eri? Dov’era il figlio di sangue?”
“Lavoravo! Ho una famiglia, dei figli! Non potevo certo abbandonare tutto per fare l’infermiere!”
“E Marco invece?” Lucia si avvicinò al fratello. “Lui non ha una famiglia? Un lavoro? Ha usato le sue ferie, ha preso permessi, ha passato notti insonni!”
Il notaio sospirò stancamente e batté una penna sul tavolo.
“Eredi, vi prego, risolvete le vostre divergenze fuori dal mio studio. Il testamento è stato redatto in piena conformità con la legge. Vostro padre era nel pieno delle sue facoltà mentali al momento della stesura e ci sono referti medici a dimostrarlo.”
Edoardo afferrò una copia del documento e la rileggé con rabbia.
“Appartamento di tre stanze a Milano a Marco Antonio Rossi. Villa in Toscana a Marco Antonio Rossi. Auto Alfa Romeo a Marco Antonio Rossi.” La sua voce tremava di furia. “E a Edoardo Vittorio Bianchi? Un box auto e degli attrezzi da giardinaggio! Rastrelli e vanghe!”
“E cinquantamila euro,” aggiunse il notaio. “Non lo dimentichi.”
“Cinquantamila!” Edoardo rise amaramente. “L’appartamento vale almeno un milione, la villa altri cinquecentomila, e l’auto è quasi nuova! A me venticinquemila come elemosina!”
Marco non poté più tacere.
“Edoardo, non ho mai chiesto nulla a tuo padre. Anzi, quando mi ha detto che voleva cambiare il testamento, ho cercato di dissuaderlo. Gli ho detto che tutto doveva andare ai figli.”
“Ah, certo! E io dovrei crederti?” sbuffò Edoardo.
“Che cosa rispose papà?” chiese Lucia al marito.
Marco sospirò pesantemente.
“Mi disse: ‘Marco, mio figlio di sangue c’è, ma tu sei diventato più che un figlio. Edoardo appare solo quando ha bisogno di soldi. Tu invece vieni senza secondi fini, ti preoccupi, mi aiuti.’ Furono le sue parole, non le mie.”
Edoardo impallidì.
“Non l’ha mai detto.”
“Lo disse,” confermò Lucia. “L’ho sentito anch’io. Papà soffriva perché lo vedevamo così di rado.”
“Ho dei doveri! Un lavoro! Non tutti possono passare le giornate a occuparsi dei vecchi!”
“Nessuno obbligò Marco a farlo,” ribatté Lucia, tornando a sedersi. “Lo fece perché amava papà.”
Il silenzio scese sullo studio. Il notaio sistemava i documenti, ansioso di concludere quell’ingrata procedura.
“Contesterò il testamento,” annunciò infine Edoardo. “Troverò il modo di dimostrare che papà non era lucido.”
“Faccia pure,” rispose Marco, alzando le spalle. “È suo diritto.”
“Edoardo, ragiona,” implorò la sorella. “Perché rovinare i rapporti in famiglia? Papà non c’è più, ma noi restiamo. Vale la pena litigare per i soldi?”
“Facile parlare per te!” esplose il fratello. “Tuo marito è al sicuro, e io invece? Ho speso una vita contando sull’eredità di papà! Volevo vendere l’appartamento e comprarne uno più grande, pagare gli studi ai bambini!”
“E noi no?” Marco si avvicinò alla finestra. “Credi che questa situazione mi piaccia? Che sia felice di questo strappo tra noi?”
“Allora rinuncia all’eredità,” propose Edoardo. “Se ti dà così fastidio.”
“Non lo farò,” rispose Marco con fermezza. “Perché è l’ultima volontà di tuo padre. E la rispetto.”
Lucia afferrò la mano del marito.
“Marco ha ragione. Papà era un uomo saggio, sapeva quello che faceva.”
“Certo che lo sapeva!” Edoardo perse di nuovo la pazienza. “Sapeva che il figlio poteva essere ferito, ma il genero no! Sapeva che io avrei sopportato perché sono suo figlio!”
“O forse sapeva qualcos’altro?” chiese Lucia dolcemente.
“Cosa vuoi dire?”
La sorella esitò, poi lo fissò con decisione.
“Ricordava quando, tre anni fa, gli chiedesti un prestito per comprarti l’auto?”
“E allora? Un figlio non può chiedere soldi al padre?”
“Certo che può. Ma promettesti di restituirli in sei mesi. Sono passati tre anni.”
Edoardo arrossì.
“Stavo per farlo! Solo che le circostanze…”
“E ricordava quando giurasti di sistemargli il bagno, prendesti i soldi per i materiali e sparisti per un mese?”
“Ma poi l’ho fatto, no?”
“Dopo sei mesi! E solo perché papà minacciò di portarti in tribunale!”
Marco rimaneva in silenzio, osservando la scena. Ascoltare quei rimproveri gli dava fastidio, ma non poteva andarsene.
“Lucia, basta,” la pregò. “Non serve rivangare il passato.”
“Invece sì!” Gli occhi di Lucia luccicavano di lacrime. “Fagli ricordare quando papà lo chiamò prima dell’operazione, e lui disse che era occupato e avrebbe richiamato. Ma non lo fece mai!”
“L’ho dimenticato! Succede!”
“E come hai dimenticato il compleanno di papà? O il suo onomastico? E comunque, quand’è stata l’ultima volta che sei andato da lui senza un motivo?”
Edoardo aprì la bocca, ma non trovò parole. Lucia proseguì:
“Marco andava da lui ogni settimana. Lo aiutava in casa, portava la spesa, lo accompagnava dai dottori. Non perché doveva, ma perché voleva!”
“Basta, basta!” Edoardo fece un gesto di fastidio. “Io sono il figlio cattivo, lui il genero perfetto. Capito. Ma comunque contesterò il testamento!”
Afferrò i suoi documenti e si diresse verso la porta.
“Edoardo, asAnni dopo, mentre Marco e Lucia sedevano sulla veranda della villa in Toscana, circondati dai figli e dai nipoti, capirono che l’amore e la dedizione avevano trovato la loro ricompensa, mentre Edoardo, solo nel suo rancore, non aveva mai trovato la pace.