Il Gioco dell’Inganno

**Lo Scherzo**

Davanti a un piccolo palco danzavano gli ospiti, guidati dallo stesso festeggiato – il capo di Paolo, un uomo di sessantacinque anni. «Mamma mia, che uomo…» gridavano in coro le donne, seguendo la voce della cantante di un modesto ensemble.

Elena e suo marito, stanchi da tutta quell’allegria, dal vino e dal cibo abbondante, rimasero seduti al tavolo ormai devastato. All’altro lato, due colleghi discutevano animatamente, mentre un terzo sonnecchiava con la testa appoggiata sulle braccia incrociate.

Elena si avvicinò al marito e gli sussurrò all’orecchio:

«Forse potremmo andare a casa? Tutti sono ubriachi, nessuno noterà la nostra uscita. Questo rumore mi sta facendo venire il mal di testa.» Per rafforzare il concetto, si massaggiò le tempie con le dita.

Paolo scrutò la sala con sguardo torvo.

«Hai ragione, qui non c’è più niente da fare. Andiamo,» disse.

Uscirono dal ristorante senza che nessuno se ne accorgesse.

«Uffa, che sollievo!» Elena respirò a pieni polmoni l’aria fresca della notte.

«Taxi?» chiese Paolo.

«No, facciamo due passi, prendiamo un po’ d’aria.» Elena gli prese il braccio e si avviarono lentamente per le strade buie.

«Non ti stancherai con quei tacchi?» domandò Paolo.

«Allora mi porterai in braccio. Ricordi vent’anni fa? Avevo delle scarpe nuove che mi facevano male. Eravamo tornati a piedi dal cinema perché non avevamo ancora la macchina e i mezzi pubblici erano finiti. Mi hai portato fino a casa tra le braccia.» Elena sospirò.

Paolo strinse il suo braccio nel suo, confermando che lo ricordava bene.

«Ah, quanto eravamo giovani e innamorati. Venti anni sono volati via in un giorno. Sembra ieri che ci siamo sposati, aspettavo Beatrice, eravamo così felici…» Elena sospirò di nuovo.

«Mi aspetta una promozione, nuove opportunità e uno stipendio più alto. Presto Beatrice ci darà un nipotino. E in autunno festeggerò il mio compleanno. Siamo in salute. Non è forse motivo di felicità?» chiese Paolo.

Elena non fece in tempo a rispondere, perché erano già arrivati a casa.

Elena fu la prima a lavarsi, struccandosi velocemente. Uscì dal bagno con i capelli ancora umidi, avvolta in un grande accappatoio. Paolo la paragonò mentalmente a Martina, ricordando la pelle liscia dell’amante, il suo corpo giovane e tonico, gli occhi seducenti, la chioma fluente… «Cosa fanno gli anni alle donne. Martina tra vent’anni diventerà così come Elena? No, con lei non accadrà, resterà sempre giovane per me, perché sarò sempre vent’anni più vecchio. Se solo fosse qui ora…»

I ricordi di Martina lo accesero a tal punto che dovette farsi una doccia gelata per calmarsi.

La mattina dopo, prese una camicia stirata, profumata di ammorbidente, e la cravatta che Elena aveva già preparato. Dalla cucina arrivava l’invitante aroma del caffè appena fatto.

«Oggi voglio andare in campagna. Credo che le mele siano cadute, le raccoglierò, farò la marmellata e una crostata,» disse Elena, porgendogli una tazza fumante.

«Perché? Sabato potremmo andare insieme con la macchina,» osservò Paolo, mordendo un panino.

«Sabato è tra tre giorni. Le mele marciranno. E poi voglio controllare che tutto sia a posto.»

«Fa’ come vuoi,» Paolo finì il caffè e appoggiò la tazzina sul tavolo.

«Resto a dormire là. Non tornerò di notte e non farò in tempo all’ultimo autobus. La cena l’ho lasciata in frigo.» Elena parlò mentre lui usciva dalla cucina.

Paolo si bloccò e si voltò.

«Hai davvero deciso di passare la notte in campagna?»

«Sì, perché ti stupisce? O hai dei piani per me?» sorrise Elena, malinconica.

«No. Sta’… attenta là.» Paolo uscì nell’ingresso.
Poco dopo la porta si chiuse con un colpo secco.

Paolo salì in macchina e accese il motore. Prima di uscire dal cortile, chiamò Martina.

«Ciao. Ti ho svegliato? Sole mio, ho una bella notizia. Elena andrà in campagna e resterà là stanotte. Avremo tutta la notte per noi,» sussurrò dolcemente al telefono.

«Ho capito, tesoro,» cantò la voce di Martina, seguita dal suono di un bacio sonoro.

«Sei così intelligente. Ti aspetto stasera. Già mi manchi.» Mise il telefono in tasca e partì, alzando il volume della radio.

Tutto stava andando a meraviglia. L’umore di Paolo era alle stelle. «Devo parlare con Elena, dirle tutto e chiudere questa storia. Martina mi stanca con le sue domande su quando staremo insieme.»

Dopo il lavoro, Paolo si fermò in un negozio e comprò una bottiglia di vino costoso e della frutta. Arrivato a casa, controllò le finestre: nessuna luce, Elena era davvero partita. Salì di corsa al terzo piano, saltando due gradini alla volta. Il cuore gli batteva forte nel petto, il respiro era affannoso. «Anche a me gli anni non hanno fatto sconti. Dovrei iscrivermi in palestra,» pensò, aprendo la porta.

Si sfilò velocemente scarpe e giacca e si diresse in cucina con il pesante sacchetto, ma si bloccò sulla soglia. Davanti alla finestra, di spalle, c’era Elena. La sua sagoma si stagliava nitida contro il vetro.

«Tu… non sei partita?» balbuntò Paolo, cercando di mascherare la delusione. «Devo chiamare Martina subito, dirle che è tutto annullato. Arriverà da un momento all’altro.» E poi: «Perché non c’è luce?»

«Sorpresa!» esclamò allegra Martina, girandosi verso di lui.

Paolo rimase a bocca aperta. Non credeva ai suoi occhi, non capiva. Stava per lasciar cadere il sacchetto. Accese la luce e si guardò intorno. Davanti a sé c’era davvero Martina. Con i capelli raccolti come faceva sempre Elena, per questo nella penombra l’aveva scambiata per lei. Espirò rumorosamente e posò il sacchetto sul tavolo.

«Allora? La sorpresa è riuscita? Avresti dovuto vedere la tua faccia!» Martina rise di gusto.

«Già. Per poco non mi viene un infarto. Pensavo che Elena non fosse partita. Come… come sei entrata? Come hai fatto ad avere le chiavi?» chiese Paolo, riprendendosi.

«Non sei contento?» Martina si avvicinò, lo abbracciò, e Paolo dimenticò tutto…

La mattina dopo aprì gli occhi e controllò l’orologio: aveva ancora tempo per stare a letto. Guardò dall’altra parte: Martina non c’era. Prima che potesse rattristarsene, sentì il tintinnio di una tazzina in cucina, l’aroma del caffè che si spandeva nella stanza… Sorrise felice e saltò giù dal letto, andando a farsi la doccia.

Uscì dal bagno nudo, asciugandosi i capelli con l’asciugamano.

«Buongiorno, caro,» cantò la voce di sua moglie.

Paolo si irrigidì, dimenticando persElena lo fissò con uno sguardo indecifrabile e finalmente sospirò: “Questa volta ti perdono, ma ricorda che non ci sarà una prossima volta.”

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