Oggi è il suo compleanno. Fin dal mattino, tutti la chiamavano, disturbandola mentre si preparava per il lavoro. Ma almeno non l’avevano dimenticata…
La figlia, Sofia, l’ha congratulata e ricordato che dopo il lavoro doveva passare da loro: cucinare, badare al nipote Matteo, aiutarlo coi compiti…
Poi sarebbe dovuta correre dai suoceri a portare la spesa comprata di fretta, e infine tornare a casa per preparare la cena al marito.
Solo dopo, forse, avrebbe potuto rilassarsi con un bicchiere di vino davanti alla TV. Se le forze reggevano. Altrimenti, pazienza. Non era la prima volta…
L’importante era accontentare tutti. Preparare tutto. Che fossero felici. Quale altro regalo le serviva? Se loro sorridevano, allora anche lei…
I due gatti, Arturo il vecchio e Leo il giovane, osservavano la padrona. Leo disse:
«Abbiamo avuto fortuna con lei. Chi altri ci accudirebbe così?»
Arturo aggrottò le sopracciglia:
«E chi si prende cura di lei? Non è vecchia… Solo quarantacinque anni. Ma con quei vestiti logori ne dimostra sessanta. Nessuno la solleva neppure oggi dalle sue fatiche.»
Leo lo fissò perplesso:
«Che pensieri strani fai» mormorò.
«Mi ha salvato dalla spazzatura quando ero un micino» sussurrò Arturo. «Mi ha allattato con il biberon. E ho visto svanire la sua giovinezza, sostituita da preoccupazioni e rughe.»
«Che t’importa? Ci nutre, ci coccola. Dormiamo dove vogliamo. Cosa vuoi di più?»
«Ripagare il debito» rispose Arturo. «Un debito d’onore. Capisci?»
Ma Leo non capiva…
*****
Il giorno finì, tutti dormirono. All’alba, Arturo era scomparso. Come evaporato nel muro!
Partì per lavoro angosciata, col cuore pesante.
Ma dopo l’ufficio, come sempre: figlia, nipote, suoceri, marito affamato…
Nessun tempo per cercarlo. Rimandò tutto alla notte.
Mentre correva a casa schizzando acqua dalle pozzanghere, un vecchio con bastone e occhiali scuri la chiamò:
«Bella signorina, mi aiuti?»
«Certo, nonno» rispose, guidandolo alla panchina. Lui le strinse la mano, costringendola a sedere.
«Devo andare…» si scusò.
«Dimmi, dove corri così?» chiese lui, e lei, inspiegabilmente, iniziò a raccontare.
Qualcosa in lui le era familiare. Studiava il suo volto, senza capire…
«Le scarpe sono consumate» interruppe lui.
«Come fa a saperlo?»
«Sono cieco, non sordo. Sfrigolano nelle pozzanghere.»
Lei arrossì: «Ma la giacca è nuova…»
«Sì» sorrise, tastando la stoffa. «Tua figlia te l’ha data? Dopo averla usata.»
«Sa tutto» sbuffò lei.
«Non arrabbiarti, piccola» sussurrò lui, i baffi tremanti come vibrisse. Le parve quasi una zampa felina…
Scosse la testa: che assurdità!
«Quando è stato il tuo compleanno?»
«Ieri…» Deglutì un nodo in gola. Poi mentì: «Mia figlia e mio genero mi hanno regalato un vestito firmato… Mio marito mi ha portato rose e profumo francese… I suoceri hanno preparato una cena sontuosa! Abbiamo mangiato cibo del ristorante più chic e bevuto Barolo… Poi abbiamo ballato tutta la notte!»
Il vecchio taceva, appoggiato al bastone.
«Non mi crede?»
Lui le sorrise:
«Ti conosco da tempo…» sussurrò. «Non ricordi il mio nome, ma ora riceverai il mio dono. Vieni.»
«No! Devo tornare a casa!»
«Aspetteranno» disse severo.
Si alzò, trascinandola con forza sorprendente per un anziano…
*****
Rientrarono a notte fonda.
Lei indossava un abito elegante, tacchi alti, capelli rifatti dal miglior parrucchiere di Milano. Niente buste della spesa, solo una borsa di pelle con gioielli e profumi…
Un cameriere del ristorante aveva caricato le sue provviste sul taxi, consegnatele davanti al portone.
«Grazie, nonno» sussurrò, baciandogli la guancia. «Forse era un amico dei miei genitori… Non ho mai avuto un compleanno così.»
Lui le accarezzò il viso. Le ricordò le fusa di Arturo contro la sua pelle…
La porta si spalancò: marito, suoceri, figlia e nipote la fissavano a bocca aperta.
«Dove sei stata?» urlò il marito. «Abbiamo chiamato tutti gli ospedali!»
«Ho festeggiato con un vecchio amico. Eccolo…» Si voltò, ma la scala era deserta.
«Che eleganza!» ammirò il genero.
«Gira con sconosciuti!» sibilò la suocera. «Con quali soldi?»
«Esatto» rise lei. «Spendo tutto per voi. A me non è permesso, vero?»
I suoceri sbatterono la porta, offesi.
«Perfetto» sorrise al marito. «Non voglio più vederli.»
Poi guardò la figlia: «Passerò da voi… Forse. Il mese prossimo.»
La famiglia scivolò via in silenzio.
«Metti via la spesa» ordinò. «E preparami il tè. Vado a farmi una doccia. Sono stanca… Ho ballato tutta sera.»
Il marito, a bocca aperta, obbedì. Sistemò tutto, preparò il tè, un panino e, pensieroso, aggiunse due cioccolatini su un piattino…
*****
Arturo lo trovò il giorno dopo, nel guardaroba. Sorrideva, immobile…
Lo seppellì sotto un ulivo vicino casa. Tornando, le parve di vedere il vecchio misterioso vicino ai cassonetti.
Corse, ma lui era svanito. Ai suoi piedi, un piccolo micino nero.
«Vieni» sussurrò, sollevandolo.
Il gattino fece le fusa.
«Mi prenderò cura di te.»
«Lo so» mormorò il micio. «Lo so…»