— Non sei niente per me! — gridò Agnese, sbattendo la porta con tale forza che i bicchieri nel mobiletto tremarono. In casa scese un silenzio tombale. Rosaria si lasciò cadere sulla sedia, stringendo tra le mani una tazza di tè ormai freddo.
— Mamma, che succede? — chiese Beatrice, la più piccola, affacciandosi in cucina.
Rosaria scosse solo la testa. Aveva gli occhi lucidi.
— Ancora Agnese che urla?
— La professoressa ha chiamato… — sussurrò la donna. — Ma non importa…
Bea si avvicinò e le mise un braccio sulle spalle:
— Mamma, su, non ti abbattere. Tutto si sistemerà. — Nonostante avesse solo tredici anni, Beatrice dimostrava una maturità incredibile. A volte sembrava più grande di Agnese, sua sorellastra di quindici.
Mezz’ora dopo tornò Andrea dal lavoro. In casa si sentiva il profumo della cena. Tutti, tranne Agnese, si sedettero a tavola.
— Dov’è lei? — chiese lui, fissando la sedia vuota.
— È offesa — rispose Beatrice, mescolando delicatamente la minestra.
Andrea guardò la moglie. Lei abbassò gli occhi, colpevole.
— La professoressa ha telefonato. Agnese sta andando male in tutte le materie. Ho provato a parlarle… — Rosaria si interruppe, cercando di nascondere le lacrime.
Andrea si alzò e si diresse verso la camera di Agnese. Bussò.
— Non entrare! — rispose una voce dall’interno.
— Sono solo io. Posso?
La porta si aprì un po’, e Agnese, dopo essersi assicurata che fosse da solo, lo lasciò entrare a malincuore.
— Che casino è questo? — guardò la stanza in disordine e la confezione di pasta vuota.
— Rosaria ha… — iniziò Agnese, ma il padre la interruppe:
— Ho chiamato io la professoressa Bianchi. Stai davvero andando male in tutto. Che succede, Agnese?
Lei tacque. Cominciò a infilare i libri nello zaino.
— Non ti chiedo di voler bene a Rosaria, ma almeno potresti rispettarla. La ferisci ogni giorno.
— E lei non fa lo stesso con me? Tu porti sempre lei e Bea al centro commerciale, mentre io resto a casa da sola!
— Hai dimenticato che ti ho punita perché sei scappata di notte con le amiche?
— Certo! Io sono la cattiva, e Bea è la santa!
— Basta! — la voce di Andrea si fece dura. — Stai esagerando!
Uscì senza aspettare una risposta. In cucina, Rosaria serrava le mani. Le parole le morivano in gola. Ma, guardando il marito, non disse nulla. Solo dopo qualche minuto sussurrò:
— Non so più cosa fare. Agnese mi respinge, è gelosa di te. Ho provato, davvero… ma non sono mai riuscita ad avvicinarmi a lei.
— Lo so, amore mio — Andrea la abbracciò. — Ma cosa possiamo fare?
— Dovremmo separarci. Per un po’ — disse Rosaria a fatica.
— Cosa? — indietreggiò. — Dici sul serio?
— Forse se lei sentirà che ci sei solo tu per lei, qualcosa in lei cambierà…
Agnese aveva sentito tutto, nascosta dietro la porta. Nel petto le sbocciò una speranza. *”Papà tornerà a vivere con me.”*
Il mattino dopo, Andrea annunciò alla figlia che si sarebbero trasferiti nel vecchio appartamento. Beatrice scoppiò in lacrime. Entrò di corsa nella stanza di Agnese e gridò:
— Odii mia mamma e mi porti via il papà! — poi uscì sbattendo la porta.
Agnese non si aspettava che le cose sarebbero andate così. All’inizio gioì, finché non capì quanto fosse dura vivere senza le cure di Rosaria. Nessuno cucinava. Nessuno la aiutava con i compiti. Il padre era al lavoro, e lei doveva cucinare la pasta e lavare i calzini. Lui era diventato severo, duro, impaziente. Niente a che vedere con Rosaria, che spiegava con dolcezza anche quando lei le urlava in faccia.
Si avvicinava il compleanno. Agnese decise di fare una torta da sola. Trovò la ricetta, preparò l’impasto… ma lo bruciò. Quando il padre tornò, la trovò in lacrime davanti al dolce carbonizzato.
— Papà… torniamo a casa — sussurrò, nascondendo il viso nella sua spalla. — Scusami. Ti voglio bene… e voglio bene anche a Rosaria… e a Bea…
— Ti voglio bene anch’io, piccola. Ma tornare non è facile. Le abbiamo ferite. Dobbiamo prima chiedere se sono pronte ad accoglierci.
Agnese tacque. Si sentiva in colpa. Terribilmente in colpa.
— Devi capire — le disse Andrea — Rosaria non è tua madre, ma merita rispetto. E devi chiedere scusa.
Tutta la notte Agnese non riuscì a dormire. Per la prima volta dopo tanto tempo, non sentiva rabbia. Solo vergogna e dolore. La mattina dopo, chiese al padre di portarla da Rosaria e Beatrice.
Chiese scusa. Sinceramente. Con le lacrime agli occhi. A Rosaria. A Beatrice. E qualche giorno dopo, per la prima volta nella vita, sussurrò: *”Mamma… perdonami.”*
E nessuno poté dire chi, in quel momento, piangesse di più.