IL GUARDIANO DEL CREPUSCOLO
Mi chiamo Enrico, ma qui in paese tutti mi chiamano nonno Enrico. Ho settantadue anni, e la mia vita, come quella di molti vecchi, è una successione di routine e ricordi. Vivo da solo in una casetta di legno ai margini del bosco, nel sud dellItalia, dove la nebbia si insinua dalle fessure e il vento fischia tra i pini come un lamento antico. Mia moglie, Giulia, se ne è andata in silenzio una mattina dinverno cinque anni fa. Da allora, il tempo è diventato più lungo, più pesante, e le notti più fredde.
I miei figli sono partiti per luoghi lontani, inseguendo i loro sogni e doveri. Allinizio chiamavano di tanto in tanto, poi i messaggi si sono fatti sempre più rari, finché il silenzio ha preso il posto definitivo. Non li biasimo; la vita è così, va avanti senza voltarsi indietro, e si impara ad accettare le assenze come parte del panorama. Eppure, ci sono giorni in cui la solitudine mi pesa come un cappotto troppo spesso, che mi soffoca e mi schiaccia le spalle.
La mia casa è semplice, di quelle che scricchiolano a ogni passo e conservano leco delle voci che un tempo lhanno riempita. Il giardino, che un tempo fioriva grazie alle cure di Giulia, ora è un angolo selvaggio, dove erbacce e fiori di campo lottano per un po di sole. Mi piace sedermi sulla veranda al tramonto, con una tazza di tè tra le mani, e osservare come il bosco si oscuri poco a poco. A volte, chiudo gli occhi e ascolto il canto degli uccelli, il sussurro del vento, il lontano abbaiare di un cane da qualche casa vicina.
Fu in una di quelle sere, quando laria odorava di terra bagnata e il cielo si tingeva darancio, che vidi per la prima volta la volpe. Era magra, con il pelo arruffato e le costole in vista, il muso macchiato di fango. Rovistava tra i sacchi della spazzatura che avevo lasciato vicino al cancello, muovendosi con cautela, come se temesse di essere scoperta. Rimasi immobile a osservarla da lontano, senza far rumore. Non provai paura né rabbia, solo una strana curiosità.
Non la scacciai. Anzi, quella sera, mentre preparavo la cena, misi da parte un pezzo di pane e un po di carne avanzata e li lasciai ai margini del giardino, dove lavevo vista. Andai a letto chiedendomi se sarebbe tornata. E tornò. Il giorno dopo, e quello dopo ancora, e ancora. Ogni sera, quando il sole tramontava e il freddo iniziava a insinuarsi dalle finestre, la volpe appariva in silenzio, si sedeva a qualche metro dalla casa e aspettava il suo pezzo di cena.
Allinizio, non ci scambiammo una parola ovvio, le volpi non parlano, e io non avevo molto da dire . Ma con il tempo, iniziai a parlarle comunque. Le raccontavo cose semplici: comera il tempo, cosa avevo sognato la notte prima, quale dolore mi tormentava di più quel giorno. Mi ascoltava in silenzio, con quegli occhi gialli, profondi, che non giudicano né chiedono. Mangiava con calma, senza mai distogliere lo sguardo, per poi sparire nel buio, come unombra.
Nacque così il nostro rituale. Ogni sera, quando posavo il cibo sullerba, parlavo alla volpe come si fa con un amico di vecchia data. Scoprii che la sua presenza mi faceva bene. Non mi sentivo più così solo; cera qualcuno che aspettava il mio gesto, qualcuno con cui condividere quel piccolo momento di compagnia. Iniziai a uscire più spesso in giardino, a prendermene cura, a raccogliere i rami secchi e le foglie cadute. Sentivo che, in qualche modo, io e la volpe avevamo bisogno luno dellaltra.
Una notte, linverno arrivò con violenza. Il vento urlava con furia e la pioggia martellava il tetto come se volesse strapparlo via. Uscii per sistemare una finestra che si era scardinata, ma scivolai sul fango e caddi. Sentii un dolore acuto alla gamba e capii subito che non sarei riuscito a rialzarmi. Il telefono, che tenevo sempre in tasca, non prendeva. Gridai chiedendo aiuto, ma rispose solo il vento.
Il freddo cominciò a penetrarmi nelle ossa. Tremavo, non solo per il dolore, ma per la paura. Pensai che quella sarebbe stata la mia ultima notte, che nessuno mi avrebbe trovato finché non fosse stato troppo tardi. Chiusi gli occhi e pregai, non per me, ma per i miei figli, perché non si sentissero in colpa quando avrebbero ricevuto la notizia.
Poi, la sentii. Un calore lieve, una presenza accanto a me. Aprii gli occhi e vidi la volpe, seduta al mio fianco, con il muso appoggiato alla mia gamba. Non rimase nellombra, non scappò. Restò lì, immobile, respirando piano, come se sapesse che ne avevo bisogno. Non fece altro, mi tenne compagnia. Il suo respiro caldo e il suo sguardo tranquillo mi diedero la forza per non arrendermi.
Passarono ore, o forse solo minuti, finché non riuscii a sollevarmi a fatica. La volpe non si mosse fino a quando non fu sicura che stessi bene. Quando finalmente entrai in casa, la vidi sparire tra gli alberi, silenziosa come sempre. Quella notte, mentre mi riscaldavo accanto al fuoco, capii che qualcosa tra noi era cambiato. Non era più solo un animale affamato, e io non ero più solo un vecchio solitario. Eravamo, in qualche modo, compagni.
Da allora, non dico più che vivo solo. Ogni sera, quando metto il cibo sullerba, parlo alla volpe come si fa con un amico di una vita. Le dico: “Tu non sei il mio animale. Sei la mia visita.” E questo, per chi passa i giorni senza nessuno, cambia tutto.
Con il tempo, la mia salute migliorò. Iniziai a uscire di più, a camminare nel bosco, a respirare laria fresca delle mattine. Mi svegliavo con la voglia che arrivasse la sera, non perché avessi paura del buio, ma perché sapevo che, a un certo punto, due occhi gialli avrebbero brillato tra gli alberi e sarebbero venuti a cenare con me.
La volpe è diventata parte della mia vita, anche se lei non lo sa. Non le importa della fama o dei social. Poco fa, un mio nipote è venuto a trovarmi e, vedendo la volpe, ha girato un video e lha messo online. La storia è diventata virale, e per qualche giorno ho ricevuto messaggi e chiamate da gente di ogni parte, che mi felicitava per la mia “amicizia straordinaria”. Ma alla volpe non importa. Continua a venire, senza rumore, senza foto, senza chiedere like. Si siede ogni sera davanti al vecchio che la nutre, e lo accompagna in silenzio.
A volte penso a tutto ciò che è cambiato da quando Giulia se nè andata. Allinizio, la solitudine era un peso insopportabile, unombra che si allungava ogni giorno. Ora, grazie a una volpe magra e affamata, ho imparato che la compagnia può arrivare dai posti più inaspettati. Che lamicizia non fa sempre rumore, a volte respira accanto a te e aspetta con te che passi la notte.
Mi piace pensare che, in fondo, siamo tutti un po come quella volpe: cerchiamo calore, ciboE così, mentre il cielo si tinge doro e la brezza accarezza gli alberi, resto qui, nella mia casetta di legno, aspettando che due occhi gialli brillino tra le foglie, e so che finché avrò qualcosa da offrire, non sarò mai veramente solo.






