Il mio sangue
Alessandra adorava suo figlio, ne era orgogliosa. A volte si stupiva che quell’affascinante uomo di ventiquattro anni fosse davvero suo figlio. Com’era volato il tempo! Sembrava ieri che era piccolo, e già adulto, con una fidanzata, presto forse si sarebbe sposato, avrebbe avuto una famiglia sua… Credeva di essere pronta, pronta ad accettare qualsiasi scelta, purché lui fosse felice.
E quanto le somigliava…
***
Si era sposata all’università, per amore. La madre l’aveva dissuasa.
“Dove corri? Vivrete con la borsa di studio? Non potete aspettare un anno? Finite gli studi prima. E se arrivano figli? Ale, ragiona, l’amore non scappa mica. E poi quel tuo Enrico…”
Alessandra non l’ascoltava e si arrabbiava. Come faceva a non capire che senza di lui non poteva vivere? Naturalmente, fece come voleva e si sposò. Una collega della madre offrì loro un piccolo appartamento, lasciato dalla madre morta l’anno prima. Non voleva soldi, bastava pagare le bollette. Che soldi avevano degli studenti?
L’appartamento era vecchio, senza un briciolo di ristrutturazione da decenni. Ma quasi in regalo. Alessandra lo considerò un colpo di fortuna. Lo lavò tutto, appese le tende pulite che le aveva dato la madre, coprì il divano logoro con una coperta. Si poteva vivere.
Ma la delusione arrivò troppo presto. Quanto fu difficile ammettere che la madre, come sempre, aveva ragione. Dopo tre mesi, si chiese come avesse potuto sbagliarsi così su Enrico. Era cieca?
I soldi non restavano mai in tasca. Subito comprava vestiti nuovi o scarpe da ginnastica. Usciva con gli amici fino a tardi, la mattina non riusciva ad alzarsi per le lezioni. Non gli importava di cosa avrebbero mangiato? Con cosa avrebbe fatto la spesa?
Alessandra sopportava, non diceva nulla alla madre. Ma lei lo intuiva, lo vedeva. Cercava di aiutarla, le dava soldi, le portava da mangiare.
Ultimamente Enrico invitava sempre più spesso gli amici a casa. “Ho un appartamento mio!” Studenti affamati che svuotavano il frigo, mangiavano tutto ciò che la madre portava.
Una mattina Enrico aprì il frigo e si stupì: “Dov’è tutto?”
“I tuoi amici ieri hanno mangiato, non ti ricordi?” disse Alessandra con sarcasmo.
“Anche i cannelloni?” chiese lui.
Difficile che li avessero divorati sott’acqua.
“Il pollo, i cannelloni, la pasta, pure il sugo e il limone. Tutto.” Alessandra alzò le braccia.
Lui chiuse il frigo. Fece colazione con un tè e una crosta di pane rinsecchita trovata per caso nella credenza.
Alessandra non resistette e gli disse tutto ciò che pensava. Se a lui non importava di lei, sua moglie, che lavava montagne di piatti e puliva i pavimenti, almeno rispettasse la madre. Lei comprava il cibo, portava da mangiare pronto, e lui lo dava agli amici. Uno di loro gli aveva mai dato un centesimo? Portato un pezzo di pane? I loro genitori mandavano soldi, patate, conserve…
Lui si scusò, promise che non sarebbe più successo. Ma passava una settimana, arrivava il venerdì, e gli amici di Enrico tornavano, divorando tutto come cavallette affamate.
“Basta, non ne posso più,” disse Alessandra, capendo di chiudere la porta alla sua vita matrimoniale.
Gli amici non tornarono. Ma ora Enrico spariva con loro. E sempre più spesso non tornava a dormire. Dopo un’ennesima lite, sentendosi dire che era noiosa e pesante, Alessandra fece le valigie e tornò dalla madre.
“Com’è possibile? Dov’è finito l’amore?” piangeva sulla sua spalla.
“Avete fatto in fretta, era troppo presto,” sussurrava la madre accarezzandole i capelli.
Tornata a casa, scoprì di essere incinta. Tra litigi e preoccupazioni, si era dimenticata di prendere la pillola. La madre la esortò ad abortire, il termine era ancora breve. “Crescere un figlio da sola è difficile.”
Ma ancora una volta, non l’ascoltò. Non disse nulla a Enrico. Il divorzio fu rapido. Diede alla luce Mattia dopo la laurea. Cedendo alle insistenze della madre, fece un test di paternità in modo che Enrico non potesse negare, e chiese gli alimenti. Lui accettò, pagava, ma non vide mai il figlio, non si interessò a lui.
Alessandra adorava Mattia, gli dedicò tutta se stessa, tutto l’amore che non aveva speso. Non voleva sentire parlare di uomini. Se il padre biologico non lo aveva voluto, un estraneo l’avrebbe amato? La madre aiutava, ma litigavano sempre più spesso perché Alessandra non voleva rifarsi una vita. Strette in tre.
Poi, un colpo di fortuna. Prima di morire, la madre di Enrico lasciò l’appartamento a lei e al nipote. Forse rimorsi per il figlio. Alessandra voleva rifiutare, ma Enrico insistette che vi si trasferissero. Disse che se n’andava comunque, non sapeva quando sarebbe tornato.
Si trasferì e le liti con la madre cessarono.
Era ancora giovane, eppure aveva un figlio adulto, laureato, lavoratore. Oggi i giovani iniziano presto a vivere da soli, ma Mattia non aveva fretta…
***
Alessandra era così persa nei ricordi che non sentì il figlio rientrare.
“Mamma! Sono a casa,” disse dalla porta con voce profonda. Lei balzò su, apparecchiò, mise l’acqua sul fuoco.
Poi lo guardò, il mento appoggiato alla mano.
“Mamma, devo dirti una cosa,” la distrasse Mattia, spingendo via il piatto vuoto.
“Che succede?” si raddrizzò.
“Beh, sì. Mi sposo.”
“Ma che paura mi hai fatto! Sono contenta, tesoro, Sofia sarà una brava moglie…”
“Non sposo Sofia. È carina, ma non l’amo,” la gelò.
“Davvero? Credevo…”
“Ci siamo lasciati. Sposo Gaia. È incredibile, è…”
Alessandra ascoltava, vedeva la luce nei suoi occhi, e capì che la loro vita tranquilla era finita.
“Da quanto la conosci? Non me ne hai mai parlato.”
“Un mese.”
“E dopo un mese vuoi sposarla? Non la conosci nemmeno!” esplose.
“L’amo. Non si può non amarla. Abbiamo già fissato la data in Comune.”
Quelle parole la annientarono. Panico, il cuore in gola, il respiro corto. Credeva di essere pronta. Il suo bambino, la sua vita, non l’aveva consultata, le aveva solo comunicato la decisione. “Respira,” si ordinò, affamata d’aria.
Le venne in mente un ricordo: tornavano dall’asilo, Mattia inciampò su un sasso, si sbucciò le ginocchia, piangendo più per la rabbia che per il dolore. Lei lo consolò, poi diede un calcio al sasso.
“Eccoti! Perché stai in mezzo alla strada? Per colpa tua il mio bambino si è fatto male.”
A casa gli disinfettò le ferite, soffiandoci sopra per farlo sentire meglio. Era ieri. E ora lui le diceva che si sposava. Le venne voglia di dare un calcio a Gaia, come a quel sasso.
“Quando me la fai conoscere?” chiese, controllando la voce.
“Domani. Non preparare niente, solo il caffè, ok?”
“E i suoi genitori liUn anno dopo, mentre teneva in braccio il suo primo nipotino, Alessandra sorrise pensando che, forse, la vita aveva sempre una strana giustizia, e tutto accadeva esattamente quando e come doveva.