“Con la loro visita hanno rovinato tutto”: come i miei suoceri hanno distrutto il mio compleanno
Avevo compiuto 35 anni. A quell’età, si pensa che poco possa ancora sorprenderti o turbarti davvero. Ma quel giorno, la festa che avevo atteso e pianificato con tanto anticipo, si trasformò in una profonda delusione. Tutto per colpa di coloro che avrebbero dovuto essermi vicini e sostenermi: i miei suoceri.
Vivevo con mio marito in una casa con giardino vicino a Milano. Un cortile spazioso, alberi, aria fresca—il luogo perfetto per una festa estiva. Decisi di non celebrare il mio compleanno al ristorante, ma di organizzare un ricevimento intimo a casa. Invitai parenti, amiche care e qualche collega. In tutto, venticinque persone. Mi preparai a lungo: pianificai il menu, feci la spesa, organizzai ogni dettaglio giorno per giorno. Volevo che tutto fosse non solo gustoso, ma anche bello, con quel tocco speciale.
La mia amica Chiara arrivò il giorno prima per aiutarmi in cucina. Insieme marinammo la carne, preparammo le crostate, decorammo la sala e facemmo la torta. Feci persino arrostire per la prima volta un maialino allo spiedo—l’aroma era divino, e mi sentivo orgogliosa. Tutto stava andando alla perfezione. Finché non accadde l’irrimediabile.
I miei suoceri, Adele e Riccardo, vivevano a Como, a un’ora di macchina da noi. Avevamo concordato che sarebbero arrivati un po’ prima—non dovevano aiutare, solo riposarsi un po’ dopo il viaggio. Io e mio marito uscimmo per comprare vino, spumante e bevande analcoliche. Tornammo dopo un’ora e mezza e, all’improvviso, mi sentii come se mi avessero gettato un secchio d’acqua gelata.
La cucina era un disastro. I miei suoceri si erano già sistemati: Riccardo stappava una bottiglia di grappa, mentre Adele, con aria soddisfatta… stava finendo metà dell’orata ripiena. Proprio quella che avevo decorato con erbe fresche, limone e chicchi di melograno. Il maialino? Una fiancata era già stata tagliata—”giusto per assaggiare”. Le insalate? Quasi tutte erano state “provate”. E la mia torta, decorata con frutti di bosco, era già stata tagliata—senza chiedere, senza avvisare.
“Adele, ma perché avete…” iniziai io, con cautela.
“E che c’è di male?” mi interruppe lei, indignata. “Non abbiamo mangiato tutto! Abbiamo lasciato qualcosa agli altri ospiti! Siamo arrivati affamati dopo il viaggio! Hai cucinato abbastanza per un esercito!”
Rimasi senza parole. Non per il cibo, non per il maialino. Ma per tutto il tempo, l’impegno e l’amore che avevo messo in quella giornata. Tutta la cura—distrutta. Non perché i gusti se ne fossero goduti, ma perché a qualcuno non importava nulla. Avrebbero potuto aspettare. Avrebbero potuto scaldarsi una minestra. Avrebbero persino potuto telefonare.
Sentii svanire ogni entusiasmo. Invece di portare in tavola il maialino intero, con orgoglio, misi nei piatti quel che era rimasto. Le insalate finirono in ciotole, come in una mensa. La torta, ormai tagliata, non cercai nemmeno di ricomporla—la servii così com’era, contando le fette perché bastassero per tutti.
Gli ospiti non notarono nulla. Ridevano, bevevano, mi facevano gli auguri. Io sorridevo a fatica. Non potevo certo dire ad alta voce che la festa era rovinata. Che dentro di me c’erano solo rancore, rabbia e delusione. Mi limitai a sedermi accanto a mio marito, che alzò le spalle: “Non puoi farci capire niente a mia madre…”
No, nemmeno si resero conto di aver fatto qualcosa di sbagliato. Se ne andarono presto, convinti di aver “festeggiato bene”. A me rimase solo un vuoto. E la chiara consapevolezza che, la prossima volta, avrei celebrato il mio compleanno lontano da loro. Che fosse una trattoria, una sala ricevimenti, o un picnic all’altro capo d’Italia. Ma mai più accanto a chi calpesta il lavoro altrui con un sorriso e la scusa: “Non abbiamo mangiato tutto”.
Voi avreste perdonato un comportamento del genere? O anche voi avreste chiuso i conti dopo un simile “regalo”?