Lungo le colline dell’Italia settentrionale, dove l’industria ha plasmato le città e l’aria è vellutata di nebbia d’inverno, sorge Torre di Mezzo, un paesino avvolto nella routine. Gli edifici, grigi e in cemento armato, si allineano come file di soldati immobili, segni indelebili di una crescita senza pace negli anni ’70. La fabbrica di seta detta legge, il cuore battente di questa comunità. La vita scorre tra ferri da stiro e secondi posti, ma c’è una famiglia, i Rossi, dove l’aria sembra fatta di polvere dorata: sopra ogni cosa, c’è l’odore dell’oro e il rumore delle monetine.
Giovanni Rossi, uomo alto e scheletrico, ha la fisionomia del contadino ormai stanco, reso rigidamente austeri da anni di lavoro alla tessitura. Sul posto lo rispettano, ma a casa, suo figlio Luca osserva con occhi spalancati, terrorizzato, mentre suo padre compte le lenticchie come grani di preghiere. Maria, sua moglie, una volta ragazza che amava il canto e le danze al mercato, ora si muove a passi felpati, come un gatto, sempre in equilibrio fra il senso di colpa e l’obbedienza.
Ogni mattina alle sei, il colpo di chiave del cassetto segnato da sue incisioni infantili sveglia la famiglia. La scena si ripete, invariabile. Giovanni separa le razioni, due cucchiaiate di riso per lui, una per Luca. “Per mangiare devi aspettare il tempo, e non sai che aspettare è un bene?” Gli occhi di Maria si chiudono a fessure, mentre Luca strizza i pugni, muto.
Un giorno, Luca porta a casa un piccolo gatto di nome Romeo, che ha trovato vicino a un’osteria. “Cos’hai in testa, ragazzo? Anche un gatto mangia, e non hai niente da mangiare per te!” Giovanni lo scaccia con un urlo, mentre Maria guarda rapida il figlio che si allontana, le lacrime brucianti tratte a forza.
Gli anni 2000 vedono Luca laurearsi in economia, seguito dagli insegnamenti paternali. Nelle stanze dell’università friulana, Luca conta ogni euro e si rifiuta di unirsi agli amici allenanti. Quando Martina, l’unica a resistere al suo sguardo fermo, gli chiede di uscire insieme, lui si irrigidisce. “Per una serata di baci e commozioni, perdiamo il futuro,” replica con voce calma, lo sguardo nel taschino, dove tiene il portafogli di pelle nera. Ma un pomeriggio, Martina lo convince a prendere un caffè dopo lezione, e mentre si siede对面 a lei, per la prima volta non pensa alle persone. L’amore lo assale come una canzone inaspettata.
Il matrimonio è semplice. Martina si accontenta, ma presto si accorge che il tesoro di Luca è fatto di contanti e libretti di risparmio. “Perché non appendiamo un tappeto?” lei gli chiede. “Così, per rendere il posto un po’ più vivo.” Luca cerca di rifiutare, ma vedendo il sorriso di lei, cede. Per un breve momento, ci sono colori.
Un sabato, durante una discussione in cucina, Martina si alza improvvisamente, lacrime negli occhi. “Luca, non possiamo finire come tuo padre. Non viviamo, accumuliamo.” La voce è fredda come il mare in inverno. Lui cerca di negare, ma il ricordo di Romeo, il gatto abbandonato, torna a perseguitarlo. Martina apre la porta, il vento estivo entra, e lui rimane a fissare i mobili spogli, mentre capisce che la ricchezza non è fatta di contabilità, ma di attimi rubati al tempo.