Il marito ha deciso di mandare nostro figlio in campagna dalla nonna contro la mia volontà

15 aprile 2025

Oggi sono tornato a casa e ho scoperto che mio fratello aveva deciso, senza nemmeno chiedermi, di mandare il nostro figlio al paesino di sua madre, a Montecchio, contro la mia volontà.

Luca, stai scherzando? gli ho chiesto, sperando che fosse solo una battuta dopo una lunga giornata in ufficio.

Livia, la mia compagna, era rimasta con il piatto in mano, ancora sul tavolo, senza nemmeno portarlo al lavandino. Lacqua colava dal piatto di ceramica sul pavimento, ma lei non se ne accorgeva. Io sedevo al tavolo della cucina, finché a metà della mia cotoletta, con la forchetta quasi a mezz’aria, guardavo il marito continuare a parlare come se discutesse del nuovo tappeto dellingresso, non del futuro di nostro figlio per i prossimi tre mesi.

Niente scherzi, Lina ha infine detto Sergio, asciugandosi la bocca con un tovagliolo. Ho già telefonato a tua madre, lho rassicurata. Aspetta Pasquale per il primo giugno. Ho comprato i biglietti a pranzo: seconda classe, cuccetta inferiore, tutto a posto.

Hai comprato i biglietti? Senza dirmelo? ha risposto Livia, posando lentamente il piatto sul tavolo. Il rumore della ceramica è stato come un colpo di pistola nel silenzio della cucina. Sergio, ne abbiamo già parlato un mese fa! Pasquale ha il campo di robotica a giugno. Abbiamo già pagato un acconto! Lo sta aspettando da sei mesi, ha organizzato tutto con gli amici!

Sergio ha fatto una smorfia, quasi fosse un mal di denti, e ha spostato il piatto vuoto di lato.

Robotica, computer, gadget Lina, guardalo! Ha nove anni, è pallido come una carta, non riesce a tenere nulla di più pesante di un mouse. Ha bisogno di uneducazione maschile, aria fresca, lavoro fisico, non di stare chiuso in una città afosa con laria condizionata. La madre è sola, il giardino è grande, il recinto è rotto. Che possa aiutare, che guadagni salute e che sia daiuto alla nonna.

Che aiuto, Sergio? Livia sentiva dentro di sé una collera fredda che iniziava a bollire. Tua madre vive in un paesino sperduto dove la farmacia più vicina è a trentanni di strada su una strada di sterrato! Lì le comodità sono quasi inesistenti, lacqua è di pozzo e bisogna farla bollire per unora per non avvelenarsi. Pasquale è allergico! Ti ricordi lanno scorso quando lo abbiamo dovuto portare allospedale perché ha annusato unerbaccia nel parco? E lì, fioriture, falciatura, polvere!

Non inventare, ha sbattuto via Sergio alzandosi. Sono cresciuto lì, sono un alce sano, vedi? Lallergia è colpa della vostra sterilità cittadina. Se beve latte crudo, corre scalzo sullerba bagnata di rugiada, tutto il male sparirà. E la madre ha una capra, il latte è curativo.

Livia si è seduta sulla sedia, le ginocchia tremanti. Conosceva bene la Signora Valentina Bianchi, la suocera autoritaria, del tipo che trattava langina con il cherosene e le ginocchia rotte con lortica, sempre pronta a dire: «Ci hanno cresciuti così e ce labbiamo fatta».

Non lo lascerò andare, ha detto Livia con voce ferma. Non sacrificherò la salute di nostro figlio per le tue fantasie nostalgiche di uninfanzia di campagna e per risparmiare il costo del campo.

Sergio, ormai vicino alla porta, si è girato di scatto, il volto scuro.

Il risparmio non è il punto! Sì, potremmo restituire i soldi del campo, ma il principio resta: sono io il padre e ho deciso. Il ragazzo deve diventare uomo, non una pianta in serra. Basta il tuo controllo. Andrà, punto.

Ha sbattuto la porta così forte che le vetrine del credenza hanno tremato. Livia è rimasta sola. Nella stanza accanto, Pasquale giocava spensierato al videogioco, ignaro che lestate dei robot e degli amici si era trasformata in una remora di orticoltura.

Livia ha capito che non avrebbero risolto nulla con urla e litigi. Sergio era fermo, spinto probabilmente da Valentina, che in ogni telefonata si lamentava di non vedere il nipote e di aver rovinato il ragazzo. Dovevo agire con astuzia.

La sera, quando le tensioni si sono placate un po, sono entrata nella camera da letto. Sergio era disteso con un libro, fingeva di non guardarmi.

Va bene, ho detto, sedendomi sul bordo del letto. Ho riflettuto sulle tue parole. Forse hai ragione: un po daria fresca non gli farà male.

Sergio ha abbassato il libro, sorpreso. Si aspettava unaltra crisi, non un acquiescimento.

Ecco, ha sorriso compiaciuto. Ti avevo detto che sei una donna intelligente, Lina. Capirai che è meglio così.

Sì, ho annuito. Ma cè una condizione.

Quale condizione?

Prendi due settimane di ferie pagate e vieni con lui. Aiutalo a sistemarsi, controlla come sopporta il clima. Hai detto che il recinto è rotto; Pasquale non può aggiustarlo. Tu, come uomo, devi mostrargli come si impugna un martello.

Sergio è rimasto interdetto.

Un periodo di ferie? Sono in fase di chiusura, il capo non mi libera. Pensavo di portarlo, stare un giorno e tornare. La madre si occuperà.

No, Sergio. O vieni con lui per due settimane e ti assumi la responsabilità della sua salute, o non partecipa a nessun campo. Se non è così, nasconderò il certificato di nascita e i suoi vestiti. Puoi anche chiamare la polizia; questa è la mia ultima parola. Vuoi educazione maschile? Fallo di persona.

Dopo un lungo silenzio, Sergio ha accettato con riluttanza, promettendo di sistemare il lavoro. Abbiamo iniziato a fare le valigie come se dovessimo partire per lArtico. La metà della valigia era un kit di pronto soccorso: antistaminici in compresse, gocce, crema, inalatore, assorbenti, cerotti.

Papà, perché devo andare? pasquale piagnisteggiava guardando la sua scatola di costruzioni proibita. Nonna Valentina vuole che beva latte di capra! Mi fa nausea! E lì non cè internet!

Pasquale, sarà solo per poco, lho rassicurato. Papà sarà con te. Andate a pescare, al fiume. Se succede qualcosa, chiamami subito. Ti ho dato un secondo cellulare, nascondilo bene nello zaino carico.

Al binario, ho salutato loro con un misto di preoccupazione e una strana soddisfazione maliziosa. Ho visto il volto di Sergio, che trascinava una grossa borsa di provviste per la madre e la sua valigia. Il suo entusiasmo era svanito.

I primi tre giorni a casa sono stati di silenzio. Ho restituito lacconto del campo, ma non ho speso i soldi; lintuizione mi diceva che sarebbero serviti ancora. Il telefono è rimasto in silenzio. Sergio mi mandava brevi messaggi: «Arrivati bene», «Fa caldo», «Zanzare feroci». Pasquale non chiamava, e questo mi preoccupava più di tutto.

Il quarto giorno è squillato il telefono, ma non era Sergio né Pasquale. Era Valentina Bianchi.

Lina! ha urlato la suocera, quasi a rompere il microfono. Che cosa mi hai messo in bocca? Non mangia niente! Ho preparato una zuppa di funghi, grasso, saporita, ma lo rifiuta! Non vuole i calzoni di cavolo, né i cetrioli sottaceto! Si limita al pane e allacqua! È tutta colpa tua, lo hai ingrassato di yogurt!

Valentina, Pasquale è a dieta, non può mangiare grassi, ha la colecisti debole, gli ho già inviato la lista, ho risposto con calma.

Che lista! Lho buttata! Un uomo deve mangiare di tutto! È pigro! Quando gli ho chiesto di rastrellare il giardino, dopo cinque minuti si lamenta del mal di schiena e del sole! E tuo marito è un fiasco! Dorme fino a mezzogiorno, dice che è stress da lavoro. E il recinto, chi lo aggiusterà? Puskin?

Ho trattenuto una risata. Il piano iniziava a funzionare.

Valentina, volevate il nipote e il figlio, allora educateli. Sergio ha promesso di aiutare. Fate il suo lavoro, lasciate che lavori un po.

Quel pomeriggio Sergio mi ha chiamato, stanco e irritato.

Lina, non sai cosa sta succedendo qui. Fanno trentanove gradi allombra, il caldo è soffocante, non cè condizionatore, le mosche ronzano come bombardieri. La madre taglia legna, ripara il tetto, sposta i rami, mi ha già rotto la schiena.

Poverino, ho risposto con una falsa compassione. Hai chiesto aria fresca e lavoro fisico, vero? Come sta Pasquale?

Bene, sta in una capanna che ha costruito, ma non parla con i ragazzi del posto. La madre lo chiama selvaggio. Ascolta, Lina cè qualcosa: ha delle macchie rosse sulle mani e starnutisce continuamente.

Il mio cuore ha saltato.

Che macchie, Sergio?

Rosse, pruriginose. La nonna dice che è ortica o punture di zanzara. Lha cosparse di panna.

Di panna?! Sergio! Ha una cassetta di pronto soccorso! Dagli lantistaminico subito! Non usare la panna su una rash allergica! Inviami una foto subito!

Mi è arrivata la foto: le mani di Pasquale coperte da orticaria rossa, gli occhi gonfi.

Sergio, ascolta. È unallergia, probabilmente a qualche erba o al latte della capra di cui cantavi. Dagli la compressa blu e la crema verde. Niente medicina contadina della tua mamma! Se non migliora entro lalba, portalo in ospedale.

Lina, lautobus per lospedale passa una volta al giorno! Ho messo lauto in garage da zio Michele, che sta smontando il carburatore

Hai affidato lauto a un meccanico locale? ho quasi perso la testa. Se succede qualcosa al bambino, verrò e spazerò questo paese, anche a colpi di legna!

Quella notte non ho chiuso occhio. Il telefono suonava ogni volta, ma non cera risposta. Al mattino Pasquale mi ha chiamato di nascosto.

Mamma, prendimi, per favore piangeva, cercando di parlare piano. Sto male. La nonna dice che mi grattano per farmi lavorare. Papà è arrabbiato, mi urla. Il bagno fuori è puzzolente, ci sono ragni enormi. Ho mal di pancia

Le lacrime mi hanno inondato gli occhi.

Resisti, piccolo. Un po di resistenza. Papà è lì?

È al fiume con zio Michele, per curare i nervi, con la birra.

Ah, i nervi ho sussurrato. Ok, Pasquale, prepara le cose. Silenziosamente, così la nonna non vede.

Ho chiuso il telefono e ho agito. Non potevo più aspettare che Sergio si curasse e tornasse. Ho cercato il treno più vicino, ma era solo la sera e il viaggio in autobus avrebbe preso un giorno intero. Ho chiamato mio fratello Orazio.

Orazio, sei occupato? Ho bisogno di aiuto urgente. Devo percorrere trecento chilometri per salvare Pasquale e, se possibile, anche il tuo cognato.

Orazio, sempre pronto, ha accettato senza domande. Dopo cinque ore di strada, la nostra auto è arrivata davanti al recinto di Valentina.

Sergio, rosso come una barca da pesca, indossava solo gli slip e cercava di inchiodare il listello al recinto. I chiodi si piegavano, il martello sbagliava. Valentina, con le braccia incrociate, lo rimproverava.

Chi è così goffo? Il tuo papà lo faceva con un colpo solo! Tu, intellettuale, sai solo premere i tasti!

Pasquale era seduto sul portico, le gambe coperte da una benda verde, il viso gonfio, gli occhi rossi. Guardava nel vuoto, senza nemmeno il cellulare acceso.

Pasquale! ho gridato, saltando fuori dallauto.

Il bambino è corso verso di me, le braccia avvolte al collo, piangendo di sollievo.

Mamma! Sei qui!

Sergio ha lasciato cadere il martello. Nei suoi occhi cè stato paura, poi vergogna.

Lina? Che ci fai qui? ha balbettato.

Sono qui per il nostro figlio e per te, se riesci ancora a muoverti.

Valentina ha cambiato subito il viso, passando da rabbia a una falsissima dolcezza.

Oh, Lina! Che ospiti! Stiamo riparando il recinto, Pasquale, vieni a baciare la nonna, la mamma è arrivata, che gioia! Entro subito a mettere il bollitore, faccio le frittelle

Non servono le frittelle, Valentina, ho interrotto, stringendo Pasquale. Andiamo via, subito.

Come potete andare così? ha sconvolta la suocera, alzando le braccia. Siete appena arrivati, una settimana qui e Pasquale è già più robusto! Guardate che bel colorito ha preso!

Non è colorito, è edema allergico! ha sbottato Sergio, avvicinandosi al recinto. Lina, prendilo, è davvero male. Non lavevo previsto. Ho dimenticato quanto è difficile qui, quanto la madre preme, quanto le punture di zanzara siano fastidiose. Pensavo fosse come il nostro passato: pesca, latte, libertà. È stato un inferno.

Hai tradito! ha urlato Valentina. Hai scambiato la madre urbana per la campagna! Ti ho cresciuto, non ho dormito una notte! E vuoi portare via il nipote affinché si rovini con linternet! Sei un codardo!

Sergio è rimasto immobile, il suo sguardo era una lunga e pesante occhiata di addio alle illusioni infantili.

Basta, mamma. È finita. Partiamo. Ti lascio qualche soldo per il tetto e il recinto. Assumi i ragazzi del posto. Noi siamo di città, non cè posto per noi qui.

Orazio ha iniziato a raccogliere le cose. Pasquale, aggrappato alla maniglia dellauto, temeva di essere dimenticato. Valentina è scappata verso il giardino, sbattendo la porta.

Durante il viaggio in autostrada, il silenzio era rotto solo dal condizionatore che soffiava fresco. Pasquale si è addormentato sul sedile posterioreTornati in città, ho capito che crescere un bambino significa proteggerlo dallignoranza, non costringerlo a sopportare la realtà di chi non è pronto a imparare.

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