Il marito ha dichiarato che non conto nulla in questa casa.

**Diario personale**

Mi sono svegliata oggi con un nodo allo stomaco. Non è stata una giornata qualunque.

*“Ma chi ti credi di essere per dirmi cosa fare?”* Ruggero si è girato di colpo dal frigorifero, una lattina di birra in mano. *“In questa casa non conti niente! Chiaro?”*

Io, Celeste, ero davanti ai fornelli, mescolando il minestrone, e sentivo le mani tremarle. Il mestolo ha tintinnato contro la bordo della pentola.

*“Non conto niente?”* ho chiesto a voce bassa. *“Non sono tua moglie?”*

*“Moglie!”* ha sbuffato lui, aprendo la birra. *“Che moglie! Sei la domestica, ecco cosa sei. E pure una scarsa.”*

Ho spento il fuoco e mi sono voltata verso di lui. Quarantatré anni insieme. Quarantatré anni a cucinargli la pasta, a stirare le camicie, a badare ai figli mentre lui faceva carriera.

*“Domestica, dici?”* La mia voce si è fatta più ferma. *“E chi ti lava le camicie? Chi pulisce, chi si occupa di tua madre?”*

*“È il tuo dovere!”* Ha sbattuto la lattina sul tavolo. *“Io porto a casa i soldi, pago le bollette, e tu? Cucini il minestrone? Lo sa fare qualsiasi donna!”*

*“Qualsiasi donna,”* ho ripetuto. Qualcosa dentro di me si è spezzato. *“Capisco.”*

Ho slegato il grembiule e l’ho appeso al gancio. Ruggero finiva la birra, dandomi le spalle.

*“Allora, qualsiasi donna,”* ho mormorato tra me e me. *“Vedremo.”*

Sono andata in camera e ho preso una vecchia valigia dall’armadio. Lui ha sentito il rumore ed è comparso sulla soglia.

*“Che stai facendo?”*

*“Preparo le mie cose,”* ho risposto tranquilla, piegando i vestiti nella valigia. *“Se qui non conto niente, allora non ho motivo di restare.”*

*“Dove vuoi andare?”* ha aggrottato le sopracciglia.

*“Da Agnese. Mi fermerò un po’ da lei.”*

Agnese era mia sorella minore. Viveva sola in un bilocale, lavorava come infermiera in un ambulatorio.

*“Dai, non fare sciocchezze,”* ha fatto Ruggero, scuotendo la mano. *“Chi cucinerà?”*

*“Ma è così importante?”* ho chiuso la valigia. *“Hai detto che qualsiasi donna lo sa fare. Trovatene una.”*

Mi guardava smarrito mentre mi vestivo.

*“Celeste, non fare la bambina. Non l’ho detto per cattiveria.”*

*“Certo, non per cattiveria,”* ho infilato il cappotto. *“Hai solo detto la verità. Non conto niente.”*

*“Ma smettila!”* la sua voce si è alzata. *“Chi ti ha permesso di andartene?”*

Mi sono fermata sulla porta e l’ho guardato.

*“Nessuno. Me lo sono permessa io. O forse non ne ho nemmeno il diritto?”*

Sono uscita, lasciandolo a bocca aperta.

Fuori era fresco, ottobre si faceva sentire. Sono salita sull’autobus diretto da mia sorella. Il telefono ha squillato più volte, ma non ho risposto.

Agnese mi ha aperto in pantofole e vestaglia.

*“Celeste! Cosa è successo?”* Ha visto la valigia.

*“Posso dormire da te?”* ho chiesto.

*“Certo, entra.”*

In cucina, mentre preparava il tè, le ho raccontato tutto.

*“Ma è impazzito?”* si è indignata. *“Dopo tutti questi anni!”*

*“Sai,”* ho asciugato gli occhi col fazzoletto. *“Ho vissuto solo per lui, per i figli. E lui mi dice che sono sostituibile.”*

*“Che si cerchi un’altra, allora,”* ha sbuffato Agnese. *“Vediamo come se la cava senza di te.”*

Il telefono ha squillato di nuovo. Ruggero.

*“Non rispondere,”* mi ha consigliato. *“Che rifletta.”*

Ho posato il telefono senza rispondere.

La mattina dopo mi sono svegliata sul divano del soggiorno. Agnese era già pronta per il lavoro.

*“Resta pure quanto vuoi,”* ha detto. *“Ho delle chiavi di riserva.”*

Sola in casa sua, mi sentivo strana. Di solito, a quell’ora preparavo la colazione a Ruggero, gli stiravo la camicia. Il telefono era silenzioso. Forse pensava che sarei tornata da sola.

Ho preparato un caffè e mi sono seduta vicino alla finestra. Era strano: triste, ma anche liberatorio.

A pranzo ha chiamato mia figlia maggiore, Bianca.

*“Mamma, papà mi ha detto che avete litigato.”*

*“Sì.”*

*“Per cosa?”*

*“Ha detto che non conto niente. Che sono solo una domestica.”*

*“Mamma!”* si è arrabbiata. *“Come ha potuto?”*

*“Facile. È quello che pensa.”*

Bianca ha esitato.

*“E ora dove sei?”*

*“Da zia Agnese.”*

*“Rimani lì?”*

*“Non so. Forse mi cercherò un lavoro. Se sono brava solo a fare le pulizie, almeno sarò pagata.”*

*“Mamma, non dire assurdità!”*

*“Bianca, non è una frase detta a caso. L’ha pensato davvero.”*

La sera, Agnese è tornata stanca dal lavoro.

*“Allora?”* mi ha chiesto. *“Hai deciso?”*

*“Non tornerò. Se non mi rispetta, non voglio sprecare altri anni.”*

Il giorno dopo sono andata a casa a prendere altre cose. Ruggero non c’era.

Ma quando stavo per uscire, è arrivato lui.

*“Ah, eccoti,”* ha detto, ignorandomi. *“Finalmente. Cucini qualcosa?”*

*“No. Trovati un’altra.”*

*“Ma smettila! Era solo un momento di rabbia.”*

*“No, Ruggero. Hai detto la verità. E io ho scelto di crederti.”*

Sono tornata da Agnese.

Una settimana dopo, ho trovato lavoro come badante per una coppia anziana. Mi hanno trattata con rispetto fin dal primo giorno.

*“Siamo felici che sia qui,”* mi ha detto la signora. *“La stimiamo molto.”*

Ho sorriso. *Stimare*. Quanto tempo non sentivo quella parola.

E nella mia vecchia casa, Ruggero era seduto in cucina, davanti a una lattina di birra e una pila di piatti sporchi.

Forse avrebbe trovato un’altra donna che sapesse cucinare il minestrone.

Ma nessuna sarebbe stata come Celeste.

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Il marito ha dichiarato che non conto nulla in questa casa.