«Il marito ideale? Quando una frase spezza un matrimonio di indifferenza»
«Sei il marito perfetto, Romain»: come una sola frase ha distrutto un matrimonio costruito sullindifferenza
Émilie tornò a casa con le braccia cariche di due sacchi pesanti. Appena varcò la soglia, una voce proveniente dal salotto la interruppe:
Sei finalmente arrivata? Sono già le sei?
Sono le sette, rispose stanca, dirigendosi verso la cucina.
Sul tavolo tre tazze di tè tradivano una visita recente. La suocera era passata, probabilmente accompagnata dalla sorella Agathe. Émilie non ne rimase sorpresa; era ormai una consuetudine: apparizioni improvvise, critiche sulle sue «maniere non abbastanza femminili», sguardi di disapprovazione e quelle costanti tracce di una presenza estranea nella sua casa.
Dove sei stata così a lungo? Ho fame, disse Romain senza distogliere lo sguardo dal computer.
Sono andata al supermercato. Per nutrire Sua Maestà, ribatté con ironia. Ma, a proposito, dobbiamo parlare.
Lui ignorò la battuta. Émilie si avvicinò, girò la sedia verso di lui e, con calma, affermò:
Dobbiamo divorzare.
Romain alzò gli occhi, sconcertato:
Come? Perché?
Perché non ne posso più.
Émilie, e se prima preparassi la cena? Potremmo discuterne dopo. Sto morendo di fame.
No. Parliamone ora.
Ascolta, lo sai, non bevo, non esco, non vado in giro senza meta. Sto a casa, lavoro. Guadagno abbastanza. Non ti chiedo mai nulla. Che ti manca?
Lei scoppiò in una risata amara:
Vivi nel mio appartamento, non paghi né affitto né spese è tutto a carico mio. La spesa, le pulizie, la cucina sempre io. Allora a cosa serve il tuo denaro?
Ehm mi sono comprato un maglione. Ho scaricato un aggiornamento per il mio gioco. A volte do qualcosa a mamma e a zia Agathe. È normale, vero?
Certo. Molto normale. Però stamattina, uscendo, ti ho chiesto di stendere il bucato. È ancora nella lavatrice.
Ero in pausa
Cambiare attività è anche riposarsi.
Ma non so farlo. Mamma e Agathe non mi hanno mai lasciato avvicinarmi al fornello o allaspirapolvere.
Lo so. Tu «non sai fare nulla». Pratico, vero? Bene, da oggi, se hai fame, arrangiati. Non cucino più. Amiche mi hanno invitata al caffè avevo rifiutato, ma alla fine andrò. Buona fortuna.
Si alzò, stese il bucato, indicò la cucina con un gesto secco e uscì. Al caffè, con un bicchiere di vino in mano, il suo cellulare vibrò: era il numero della suocera. Rifiutò la chiamata e posò lo schermo sul tavolo.
Al ritorno, Colette Michaux la aspettava nellappartamento.
Émilie! Che ti è passato per la testa? Un divorzio? Ti rendi conto delluomo che hai? Non ne trovi più, come lui! Non beve, non tradisce, non lascia le calze in giro! Le donne ti invidiano!
Émilie la fissò con calma:
Parli come se lodassi un cane ben addestrato. Non fa niente di male è tutto quello che elenchi. Ma puoi dirmi cosa fa di buono? Per me?
Lavora.
Anchio. Ma oltre a ciò, pulisco, lavo, stiro, cucino, porto sacchi pesanti, pago tutto per me e per lui. E lui, cosa fa?
Ti fa regali! Lo so! Lo aiuto a scegliere!
Ah, è per questo che ho ricevuto una bacinella per i piedi a Natale e una sciarpa di lana per il compleanno.
Vorresti delloro, forse? rise la suocera.
Un buono per una spa o un weekend al mare non sarebbero stati rifiutati. Ma no. Ho ricevuto una sciarpa. E il disprezzo. E il solito «non so fare». Non voglio più fare la madre per lui.
È così. Da noi gli uomini non sono così.
Esattamente. Avete cresciuto un uomo che aspetta che tutto gli sia servito. E lui se ne accontenta. Io no.
Non provi a cambiare prima di divorziare? Insegnagli
Scusa. Non ho voglia di insegnare a un uomo adulto cosa significa essere uomo. Ho provato. Per un anno e mezzo. Non più. Raccogli i suoi averi partirete insieme dove vi conviene. Non sono cattiva. Solo esausta.
Una mezzora dopo, un taxi si fermò davanti alledificio.





