Il marito se n’è andato, ma lei ha solo sorriso

Maria aveva perso il marito, ma non aveva fatto una piega.
– Che noia, questa routine! – sbottò Giacomo, incastrato in una timida passeggiata per la cucina. – Gli stessi discorsi, lo stesso silenzio, le stesse… insopportabili giornate!
Maria, con i guanti di gomma, non rispose nemmeno. Continuò a girare il sugo, un gesto meccanico come il ticchettio dell’orologio sul muro.

– Di cosa stai parlando? Ti sei mai chiesto, forse, che sei tu il problema? – finalmente disse, senza muoversi. La sua voce aveva la freddezza del brodo freddo in una pentola non mescolata.

– Non farmi ridere, Maria! – Si mise le mani nei capelli, lisciandoli all’indietro. – Io non esisto più per te! Ogni volta che torno a casa, ti ritrovo persa nel tuo mondo, con i pensieri che ti frullano in testa come un balcone in un monsoon.

– Lo sai che ho il lavoro… – disse lei, il tono sempre uguale, come il ronzio di un frigorifero vecchio di dieci anni.

– Il lavoro, il lavoro! Allora dimmi: l’ultima volta che abbiamo passato una serata insieme? L’ultima volta che ti sei chiesta com’è andata la mia giornata?

Maria lo guardò, come si guarda un piatto freddo in tavola. Nei suoi occhi non c’era tristezza, né rabbia, ma una specie di sollievo velato.

– Due settimane fa siamo andati al cinema… – gli rispose seria, senza smettere di mescolare il sugo.

– Il cinema! Ma ti ricordi che stavamo tutti e due a fissare lo schermo, tu col cellulare in mano e io che mi chiedevo se vorrei mai vivere in un posto senza di te! – urlò. – Lo sai? Me ne vado.

Maria non batté ciglio. Solo un lieve tremore di mani, che mise la paletta nella padella e risistemò la pancia vuota.

– Dove vai? – chiese piano.

– Non ti preoccupare, per stanotte no. Ma me ne vado per davvero. – Diede un colpo di spalle, come a dire “Eccoci qua, svelato”. – Ho una nuova vita. Con lei. Che ride delle mie battute e mi abbraccia con il cuore aperto.

Maria ascoltò, lenta, come si ascolta il frastuono di una lavatrice che finisce il giro. Poi, con un sorriso che sembrava il sole che passa da un nuvola nera, diede un colpo di tovagliolo.

– Quando vuoi. Ti aspetto.

Giacomo rimase lì, scioccato, il naso incuriosito dal sugo che gorgogliava. Non se lo aspettava: un addio senza lacrime, senza urla. Solo un “okay” di carta igienica.

Quella sera, Maria si fece trovare in salotto come una hostess di un bar di quartiere, con il cellulare in mano e un messaggio fresco fresco dalla sua amica Antonella: “Sei sicura di non chiamarlo?”. Sorrise. Nulla di grave, anzi: sembrava quasi un sollievo, un sospiro di vita ritrovata.

La settimana successiva, Maria era seduta a un café di via Veneto, lontano dal trambusto, con solo un espresso e i pensieri. Antonella, che non si perdeva mai nemmeno un evento, sbraitò:
– Ma ti rendi conto? Dieci anni insieme e tu lo lasci senza nemmeno piangere!

– A volte le storie durano solo il tempo per imparare a volersi bene. – Maria scrollò le spalle, strizzò l’occhio. – E io, cara mia, ho imparato.

– E la tua vita? Dov’è il pianto, la rabbia, la recita?

– Sto bene. E non è per lui. È per me.

E mentre dalla finestra si udiva il rombo di uno scooter che sfrecciava, Maria sorrise. Era strano, vero? Ma si sentiva viva per la prima volta.

Un mese dopo, mentre i muratori spalmavano il gesso sull’ultimo muro dell’appartamento di via San Giusto, Giacomo si presentò come un gatto in una stanza con un sacco di topi.

– C’ho lasciato qualcosa… – disse imbarazzato, come fosse entrato in un museo senza biglietto.

Maria lo guardò, con un coltello in mano, e gli fece cenno di entrare. L’appartamento odorava di legno fresco e vita nuova.

– Hai ristrutturato tutto? – restò a bocca aperta, davanti al soffitto aedere spaziale, le pareti con l’odore di vernice appena messa.

– Solo un po’… – rise, come se fosse una battuta di spirito. – Ma ora è casa mia.

Giacomo, in piedi, a guardare lì per lì, sembrò andare in crisi.

– Non hai nemmeno considerato di… So non sentirti sola? – chiese, con un filo di voce.

– Sola? – Maria si strinse nelle spalle. – Ti sbagli, Giacomo. Sono sola, ma non alienata. Sono sola, ma non persa. Sono sola… e felice.

Lui la fissò, come un bambino che ha appena perso il trenino in un mercato.

– Hai ragione. Non ti merito.

Maria sorrise. Forse il Giacomo ufficiale stava tornando, dopo anni di sciattezze.

Quando Giacomo uscì, Maria rimase lì, con il telefono in mano e un messaggio fresco da Antonella: “Vieni stasera? C’è un aperitivo a Cinecittà!”.

La vita si muoveva in modo strano, ma forse per un motivo. Maria non aveva pianto, né si era fatta male. Eppure, dentro, qualcosa si era rotto per schiudersi in qualcosa di più grande e strano.

Ora Maria era una donna con le idee chiare. Una che guardava il futuro con gli occhi di una diva a sfilata, una che sorrideva alle complicazioni con la classe di una barista romana. E, ogni tanto, anche a un uomo con una cravatta troppo larga e un sorriso sincero.

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