Il nostro divorzio mi ha salvata. Giada è ferma davanti alla finestra della cucina, stringendo una tazza di tè freddo, mentre guarda i bambini giocare nel cortile. Ieri ha firmato gli ultimi documenti del divorzio, ma oggi si sente più leggera degli ultimi anni. Strano, doveva essere tutto il contrario. “Mamma, dov’è papà?” chiede Chiara di dieci anni, entrando in cucina con la divisa scolastica. “Papà vive da solo ora, ricordi che ne abbiamo parlato?” sussurra Giada, accarezzandole i capelli. “Domani ti porta via per il weekend.” “E perché non potete fare pace? Sofia Rossi dice che i suoi genitori litigavano, poi hanno comprato una macchina nuova e hanno smesso.” Giada sorride con tristezza. Se fosse così semplice. Se fosse solo questione di litigi. “Vieni a fare colazione, arrivi tardi a scuola.” Chiara obbedisce sedendosi a tavola, ma continua a rimuginare mischiando i cereali col cucchiaio. “Mamma, sei triste?” “Un pochino. Ma sai una cosa? A volte le persone si lasciano non perché smettono di amarsi, ma perché stare insieme le fa soffrire. Da soli possono essere felici.” La figlia annuisce, anche se Giada sa che a dieci anni non si può capire fino in fondo. Nemmeno lei lo aveva capito subito. Tutto era iniziato non ieri né un anno prima. Probabilmente quando Marco iniziava a tornare sempre più tardi, e lei trovava negli abiti gli scontrini di caffè dove non era mai stata. Allora pensava fossero riunioni di lavoro. Lui faceva il manager in un’azienda edile, gli incontri capitavano davvero. “Ritardi anche stasera?” chiedeva mentre lui trangugiava la colazione fissando il cellulare. “Sì. Consegna progetto, siamo in emergenza. Non aspettarmi.” “Magari nel weekend andiamo da qualche parte? Chiara chiedeva di andare dalla mamma in campagna.” “Nel weekend lavoro anche io. Scusa Giada, è un periodo. Ci rilasseremo dopo.” Il dopo non arrivava mai. Giada si abituò a cena sola, a mettere a letto Chiara da sola, a vedere la tv da sola. A volte le sembrava di essere vedova, non sposata. Le amiche solidarizzavano. “I maschi sono tutti così oggi!” diceva Silvia quando si incontravano al bar. “Lavoro, lavoro. Ma almeno portano soldi.” “I soldi arrivano” concordava Giada “ma a che serve? Viviamo come coinquilini.” “Non avresti mai pensato che ci sia un’altra?” chiedeva cauta Paola. “Ci ho pensato. Ma come scoprirlo? Chiederlo direttamente è impossibile, frugare nelle sue cose non voglio. E poi quando troverebbe il tempo per una relazione, se è sempre al lavoro?” Paola taceva in modo eloquente. A casa Giada continuava ad aspettare. Che Marco tornasse da lei, che tornassero a parlare come prima, che si interessasse di nuovo di lei, dei successi di Chiara a scuola. Ma lui sembrava vivere in un universo parallelo. “Come va al lavoro?” chiedeva Giada quando finalmente rientrava. “Normale” rispondeva senza alzare gli occhi dal telefono. “Oggi Chiara aveva la recita. Ha recitato benissimo una poesia.” “Ah.” “Marco, mi senti?” “Sì, sì. Brava la nostra Chiara.” Ma dalla faccia era chiaro non sentisse nulla oltre i suoni del cellulare. Piano piano Giada smise di raccontargli le sue cose. Perché farlo, se non ascoltava? Trovò lavoro a tempo pieno invece che part-time, si iscrisse a un corso d’inglese, uscì con le amiche. La vita lentamente migliorava, ma restava incompleta, come mancasse qualcosa d’importante. “Mamma, perché papà non viene a pattinare?” chiese una volta Chiara. “Papà è impegnato, tesoro.” “Prima veniva.” “Prima era meno occupato.” “E quando torna libero?” Giada non seppe rispondere. Quando? Mai? Quella sera decise di parlarne. Attese che Chiara si addormentasse, preparò la cena. Marco arrivò alle dieci e mezza. “Siediti a cena” disse lei “dobbiamo parlare.” “Di che?” si lasciò cadere sulla sedia stremato, senza riporre il telefono. “Metti via il cellulare. Per favore.” Lo appoggiò a malincuore a faccia in giù. “Marco, cosa ci sta succedendo? Non viviamo, sopravviviamo. Tu entri, mangi, dormi ed esci. Non parliamo, non usciamo, non passi tempo con Chiara.” “Giada, io lavoro. Devo mantenere la famiglia.” “Ma che famiglia? Ci sono io, ci sei tu, c’è Chiara, ma non siamo una famiglia. Siamo tre persone separate che abitano nello stesso appartamento.” “Non drammatizzare. È solo un periodo intenso. Sopporta un altro po’.” “Sopporto da tre anni. Quanto altro?” Marco sospirò infastidito. “Giada, sono stanco. Possiamo rimandare?” “A quando? Domani torni tardi, pure dopodomani
Giulia osserva dalla finestra della cucina sua figlia Bianca che gioca in cortile stringendo una tazza di tè freddo, mentre ricorda i dettagli della sua nuova vita serena dopo il divorzio da Luca. La giovane Alessandra, figlia di Luca e della sua nuova compagna Elena, stringe affettuosamente la mano a Davide mentre tutta la famiglia allargata si raccoglie attorno al tavolo della loro casa milanese, creando un momento perfetto di pace domenicale. Gli sguardi complici tra Giulia e Davide suggeriscono silenziosamente il loro prossimo viaggio in Toscana, per celebrare il primo anniversario di matrimonio con una passeggiata tra gli olivi al tramonto. Il profumo di caffè appena macinato si mescola alle risate dei bambini che giocano a bocce sul terrazzo, mentre una leggera brezza primaverile fa danzare le tende di lino e porta con sé la melodia distante di un violinista di strada. Bianca corre verso la cucina portando un mazzolino di tarassaco appena colto dall’aiuola, regalandoli alla madre con gli occhi pieni di quella fiducia incrollabile che solo l’infanzia sa donare. Ogni stanza risuona ora di quelle conversazioni autentiche e calorose che per anni aveva soltanto sognato, mentre Luca discute amichevolmente con Davide dello stadio della squadra del cuore. Il sole cala dorato sui tetti di Verona dipingendo ombre lunghe sui muri color ocra, e in quel preciso istante Giulia capisce che ogni lacrima versata era stata soltanto pioggia necessaria per far sbocciare questa nuova felicità. I loro sguardi si incrociano sopra le teste dei bambini intenti a decorare biscotti, creando una mappa silenziosa di complicità che non ha più bisogno di parole. Le montagne oltre la città sembrano accarezzare l’ultima luce del giorno mentre Elena propone spontaneamente di organizzare insieme una gita al lago di Garda il prossimo weekend. Daniele appare sulla soglia reggendo un vassoio colmo di
Il mio divorzio mi ha salvato
