Il mio futuro sposo proviene da lontano, mandato qui per un dovere.

**Diario di un uomo**

Mio marito, per ora ancora tale, viene da un’altra città. Tanti anni fa fu mandato qui per il servizio militare. Finito il servizio, non tornò a casa ma decise di rimanere. Inizialmente si mise con una ragazza conosciuta durante la leva, ma non funzionò e si lasciarono.

Lui, Daniele Rinaldi, prese un appartamento in affitto e continuò a lavorare. La sua famiglia – la madre, due fratelli e una sorella maggiori – lo chiamavano spesso per farlo tornare, ma lui rifiutò.

Io e Daniele ci siamo conosciuti sette anni fa. Sono figlio unico, nato tardi, e mia madre è anziana. Abbandonarla non era un’opzione, e Daniele accettò di trasferirsi da noi. Mia madre, però, si rifiutò di registrarlo all’indirizzo di casa. Così è sempre rimasto con la residenza nella sua città d’origine.

Oltre a mia madre, ho una figlia del primo matrimonio, Giulia, che oggi ha nove anni. Dopo un anno insieme, ci siamo sposati in municipio, niente festa. Daniele aveva problemi di salute e non lavorava, quindi non c’erano soldi per un matrimonio sontuoso.

Mentre stava a casa, Daniele ristrutturò l’appartamento di mia madre. Io e lei – lei con la pensione, io con lo stipendio – gli davamo i soldi per i materiali, e lui lavorava da solo. Cambiammo la carta da parati, le porte interne, le piastrelle in cucina e nel bagno. Facemmo anche un controsoffitto, ma quello lo fecero dei professionisti.

Mia madre e Daniele andavano d’accordo, mai un litigio. Lui stava in una stanza, lei con Giulia la sera e nei weekend. Io lavoravo a turni, due giorni sì e due no, ma spesso facevo straordinari per mantenere la famiglia.

Oltre allo stipendio, ho un altro reddito: gli alimenti dell’ex marito. Quei soldi li uso solo per Giulia – metà per vestiti, scuola, attività extrascolastiche, l’altra metà li metto da parte per il suo futuro. L’ex non è tirchio, quindi alla maggiore età avrà abbastanza per un piccolo appartamento.

Daniele non si è mai legato molto a Giulia. Non gli ho mai caricato la responsabilità di essere un padre per lei, e poi ha già suo padre. Non ho mai insistito perché si avvicinassero.

E poi, un mese fa, è successo qualcosa. Daniele, che da sei mesi aveva trovato lavoro, una sera si preparò per uscire. Gli chiesi dove andasse e lui rispose: «Mia sorella e mio nipote arrivano, devo andarli a prendere».

Pensai fossero in hotel o da conoscenti. Mai avrei immaginato che li avrebbe portati a casa nostra. Invece lo fece. Una bionda sui quarant’anni e un ragazzo sui diciotto entrarono con lui. «Sono Maria, e questo è Lorenzo, mio figlio», disse.

Daniele, come se niente fosse, li fece accomodare e tornò in macchina a prendere le valigie. Offrii loro un caffé e chiamai mio marito per un confronto.

«Maria è stata lasciata dal marito. Non ha un posto dove stare, l’ho invitata da noi», mi liquidò.
«Perché non me l’hai chiesto? Questa è casa di mia madre! E dove dormiranno?»
La sua soluzione era semplice: nella nostra casa di tre stanze, io e Giulia avremmo dovuto spostarci nella stanza di mia madre. Lorenzo avrebbe preso la stanza di Giulia, e Maria avrebbe dormito con Daniele.

Litigammo. Perché madre e figlio non potevano stare insieme nella stessa stanza? Ma lui non cedette. Mia madre non gradì gli ospiti e gli diede due giorni di tempo. Disse a Daniele: «Dovevi chiedere, o qui non comando più io?».

Lui esplose: «Ho trasformato questa topaia in una casa dignitosa! Se continuate così, vi faccio causa per avere la mia parte!». Mia madre fu sconvolta, le salì la pressione. Io provai a discutere, ma Daniele minacciò di distruggere tutto – staccare le piastrelle, strappare la carta da parati.

Quella notte dormimmo io, mia madre e Giulia insieme. Lorenzo occupò la stanza di mia figlia, Daniele e Maria la loro. La situazione era assurda: anni a non lavorare, e ora si credeva il padrone di casa.

La mattina, mentre dormiva, cercai Maria sui social. Scoprii che la vera sorella di Daniele era una mora di 35 anni, madre di un Lorenzo di 14, con profilo pieno di posti sulla felicità familiare. La donna in casa nostra era un’impostora.

Mi prese una rabbia fredda. Mandai Giulia a scuola con l’ordine di aspettare da un’amica. Poi andammo da un avvocato, che ci rassicurò: i lavori di ristrutturazione non davano diritto a una quota della casa. In tribunale presentai la domanda di divorzio e chiamai alcuni amici per aiutarmi a cacciare Daniele.

A casa, affrontai la finta Maria con domande trabocchetto. Vederla confondersi fu quasi soddisfacente.

La sera, i miei amici buttarono fuori Daniele e la sua amante. Al ragazzo chiesero gentilmente di andarsene. Le valigie volarono dalle scale.

Alla fine, Daniele ammise tutto: «Maria» si chiamava Lucia, era la sua amante. Scoperta dal marito, era stata cacciata di casa, e lui l’aveva portata da noi spacciandola per sua sorella. Disse anche che sbagliare è umano, che «non si può mangiare pasta al pomodoro per sempre».

Io sto bene. Non è una storia che avrei voluto raccontare, ma forse serve a ricordare che anche nelle situazioni più assurde c’è una via d’uscita. E che nessun problema è insormontabile. Forza e coraggio.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

eleven − 11 =

Il mio futuro sposo proviene da lontano, mandato qui per un dovere.