Il mistero di un eterno amico

Barbosino

— Barbosino, vieni qui subito! — Vito balzò fuori dall’auto e corse verso il cane accasciato sul bordo della strada.

Ma Barbosino non si alzò, non scodinzolò… La realizzazione bruciò Vito come un ferro rovente: il cane era morto. «Cosa dirò a mamma?!» pensò, chinandosi sul corpo senza vita del suo fedele amico, mentre lacrime indesiderate cadevano sul muso grigio.

***

Il vecchio cane di Valeria Gavriilovna aveva subito preso in antipatia sua nuora, Letizia. Fin dal primo incontro. Ringhiava profondamente, ogni volta che lei passava, e batteva la coda nervosamente sulle assi della veranda. Letizia lo temeva, e lo odiava in silenzio.

— Che mostro inutile… Se dipendesse da me, l’avrei già fatto addormentare! — minacciava Barbosino.

— Leti, ma cosa dici! Forse non sopporta il tuo profumo, o forse il rumore dei tacchi… È un vecchietto, i vecchi hanno le loro stranezze! — cercava di calmarla Vito.

Valeria Gavriilovna osservava in silenzio, disapprovando. Se solo quella smorfiosetta sapesse cosa aveva fatto Barbosino! Certo, lui aveva dato più di quanto Letizia avrebbe mai potuto.

***

Valeria non s’immischiava nella vita del figlio. Neanche quando le presentò Letizia, la sua promessa sposa. Pur non piacendole, non oppose parola. Sentiva qualcosa di falso in lei, una freddezza… Sorrideva, ma quel sorriso non scaldava. E quando Vito le chiese:

— Mamma, che ne pensi di Leti? È bellissima, no?

Valeria rispose:

— È la tua sposa… L’importante è che tu sia felice. Io posso solo darvi la mia benedizione… — Lo abbracciò forte e lo baciò sulla fronte, da madre.

Dopo le nozze, i giovani andarono a vivere nell’appartamento di Letizia, ereditato dalla nonna. Vito visitava raramente la madre nel paesino, anche se le mancava. Letizia non amava andarci: preferiva villeggiature comode, e lui non voleva litigare. Ma quell’estate, improvvisamente, la moglie si entusiasmò all’idea di una vacanza rurale.

— Ho letto che l’ecoturismo fa bene alla salute e ai nervi. La città è stressante, e poi la sedentarietà è un flagello! È anche di moda! Però costa troppo… E così ho pensato al tuo paesino — disse Letizia, preparando le valigie.

Vito fu felice. Era tanto che non tornava a casa, e se per farlo doveva diventare un ecoturista, era pronto. Lavorava in remoto, così partirono dopo due giorni.

Valeria li accolse con gioia.

— Finalmente! Qui riposerete come si deve. Non abbiamo niente da invidiare a quei posti esotici!

— Non direi… — borbottò Letizia. — A proposito, Valeria, avete animali? L’ecoturismo prevede un’immersione totale nella vita autentica.

La suocera non capì bene dove Letizia volesse immergersi, ma rispose:

— C’è Barbosino, dieci galline… C’era anche una capretta, ma è morta l’anno scorso.

Letizia lanciò un’occhiata piena di disgusto al vecchio cane sdraiato al sole sulla veranda.

— Intendo animali utili! Non questo pensionato… A dire il vero, mi stupisce che sia ancora vivo.

— Ma ho un grande orto! C’è tanto lavoro, se vuoi immergerti! — ribatté Valeria.

— Mamma, domani cominceremo — intervenne Vito. — Io aiuterò con la legna, riparerò il recinto… Ora andiamo a riposare.

Sollevò le valigie e entrò in casa. Letizia lo seguì, affondando i tacchi nella terra e borbottando. Quando salì sulla veranda, Barbosino alzò il muso e ringhiò. Letizia strillò e si nascose dietro il marito. Vito accarezzò il cane.

— Non ti arrabbiare, Barbosino… Leti non voleva offenderti.

Il cane scodinzolò felice, riconoscendo il padrone cresciuto con lui.

***

La mattina, Valeria portò la nuora a conoscere la sua modesta fattoria.

— Il pollaio, i meli, i ribes… Ecco l’orto. È ora di sarchiare.

Letizia non capiva: tutte le piante le sembravano uguali.

— Questa è una carota, questa un dente di leone. Strappalo! — spiegò Valeria. — Non hai mai visto un dente di leone?!

— Li conosco! Ma il resto mi sembra tutta erba! Non sono una botanica! — sbottò Letizia.

Sudava, si lamentava. Gli insetti la tormentavano, il costoso completo sportivo era sporco, lo smalto rovinato. Dopo un’ora, la schiena le doleva atrocemente.

— Basta! — annunciò. — Non è ecoturismo, è schiavitù!

— Volevo presentarti le galline… — disse Valeria.

— Domani!

Ritrasformata in un groviglio di dolore, tornò verso casa. Ma Barbosino era ancora sulla veranda. La fissò e mostrò i denti. Letizia sgattaiolò dentro.

— Quel cane mi odia! — si lamentò con Vito quella sera. — E se mi morde?!

— Barbosino non ha morso nessuno in vita sua! Ti sta solo dicendo che non è inutile. L’hai offeso.

— Forse dovrei chiedergli scusa?! — sbottò lei.

— Non sarebbe male…

Letizia lo guardò come se fosse pazzo.

Valeria propose:

— Accarezzalo, parlagli… Capirà che sei di famiglia.

— Ma chi se ne importa di cosa pensa un cane?! Non è una persona! — rispose Letizia con disgusto.

Valeria sospirò. Barbosino fiutava qualcosa di marcio in lei.

***

Una notte, Letizia uscì per ammirare le stelle. Era tutto silenzioso. Poi, tra i cespugli, sentì un ringhio… Terrorizzata, scappò e cadde in un fosso pieno di ortiche. Urlò.

Vito la trovò tremante, coperta di ponfi rossi.

— Perché sei uscita al buio?!

— Quell’animale assassino mi ha attaccato! — sibilò Letizia.

— Ti stava solo proteggendo…

Non replicò, ma giurò vendetta. Il giorno dopo, pagò un uomo del posto per portare via Barbosino.

— Portatelo lontano, dove non possa tornare. Se muore, pace all’anima sua.

L’uomo annuì. Per pochi euro, avrebbe portato via tutti i cani del paese.

***

— Vito, hai visto Barbosino? È vecchio, non si allontana mai… — Valeria percorreva il cortile in ansia.

Vito si unì alle ricerche. Fino a sera, chiesero in giro. Niente. Barbosino era sparito.

Valeria crollò sulla veranda e pianse.

— Perché vi disperate? — disse Letizia. — Era vecchio. Forse è andato a morire nel bosco. Prendetene un altro.

— Non era solo un cane — singhiozzò Valeria. — Era un angelo… Se non fosse stato per lui, avrei perso anche te. Vito, vieni qui. — Gli indicò le cicatrici. — Ricordi come le hai?

— Da bambino, mi bruciai…

— Fu un incendio. Avevi cinque anni. Io ero alla fattoria, c’era la nonna. Barbosino ti trascinò fuori, svenuto. La nonna non ce la fece… Te ne sei dimenticato, io no.

— Vero…Mentre la pioggia iniziava a cadere sul piccolo cimitero vicino alla casa, Vito strinse il nuovo cucciolo tra le braccia e sussurrò: “Barbosino, questa volta proteggeremo tutti noi.”

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