«Il Padre Dimenticato: Una Storia di Speranza e Perdono»

**”Non abbandonare un vecchio”: la storia di un padre che rimase con nulla e sperò comunque nel perdono**

Oggi sono andato a trovare mia madre senza avvisare.
— Figliolo, ciao! Perché non mi hai chiamato prima? — si stupì Tatiana, vedendomi sulla soglia.
— Ero qui vicino e ho pensato di farti una sorpresa — dissi alzando le spalle.
— Entra, ti offro un caffè — mi invitò.

Mi sedetti in cucina. Avevo qualcosa nello sguardo che la turbò.
— Andrea, cosa succede? — chiese con preoccupazione.
— Mamma, mio padre mi ha mandato un messaggio… — mormorai, passandole il telefono.
Lei lesse e il sangue le si gelò nelle vene.

«Figlio, dobbiamo parlare. Vieni da me sabato, porta i tuoi fratelli. Riguarda l’eredità. Tuo padre.»

Qualche anno prima, Tatiana arrivò al lavoro in lacrime. Le colleghe non capirono subito, ma lei, asciugandosi gli occhi, disse:
— Mio marito ci ha scambiati, me e i figli, per una donna più giovane.

— Ma siete stati insieme tanti anni! Chi l’avrebbe detto…
— Neanche io. Disse che in me non vedeva più una donna, solo la madre dei suoi figli. Non una moglie. Non amore. Voleva il divorzio.

— Forse lo controllavi troppo? Agli uomini non piace…
— Ma no! Non avevo nemmeno tempo per lui: figli, lavoro, tutto sulle mie spalle. Lui era un uomo adulto. Semplicemente… aveva il vizio. Se non c’erano soldi, tornava. Poi trovò un buon lavoro e improvvisamente gli mancava la passione.

Dopo il divorzio, se ne andò con una collega più giovane. Nuova vita, nuovi soldi. Poi… come in una telenovela. Il lavoro andò male, i soldi diminuirono, e il suo “amore” lo sostituì in fretta.

— Abbiamo buttato le tue cose dietro il cancello — le disse il nuovo fidanzato di Lucia. — Se fai in tempo, raccoglile.

Sergio, umiliato, tornò nella vecchia casa di sua madre. Lì rimase. Senza famiglia, senza niente, solo rimpianti. Provò a rifarsi una vita, ma le donne che incontrava non andavano bene a sua madre, diventata scontrosa e gelosa. Alla fine, restò solo.

Intanto, i suoi figli crebbero. Andrea, il maggiore, serio e responsabile, lavorava in edilizia, sposato e padre. Michele, il secondo, allegro e gentile, studiava medicina e si fidanzò con una compagna di università. Paolo, il minore, viveva spensierato e single: «Sto bene così».

E ora il padre si era fatto vivo. Li chiamava. I fratelli andarono, a malincuore. Ciò che videro li sconvolse: sporcizia, umidità, e lui, pallido e curvo, come se gli avessero portato via gli anni e la dignità.
— Entrate. Sedetevi — disse con voce roca. — La verità non è nelle parole. Vostra madre è morta. Io sono solo. Capii che nessuno mi vuole. Ma voi siete i miei figli. Eredi. L’appartamento è vostro. Non lasciatemi solo, e dopo la mia morte sarà tutto vostro. A parti uguali. O come preferite…

I fratelli si guardarono. Non furono solo commossi. Promisero di pensarci, per pietà. La sera, riuniti a casa della madre, le raccontarono tutto. E allora scoppiò.

— Venderete le vostre quote a me? — chiese Andrea per primo. — Ho famiglia, mi servono più soldi.

— Aspetta — sbuffò Michele. — Io e mia moglie vogliamo un figlio, l’affitto ci strozza. Vorrei vendere la mia parte per un mutuo.

— E io? Se non ho famiglia non ho diritto a niente? — si indignò Paolo. — La mia parte è mia! La vendo, la bevo, è un mio diritto!

Le voci si alzarono. Tatiana, seduta accanto, non credeva ai suoi occhi: i figli uniti ora litigavano per un appartamento.

— Basta! — gridò. — Che fate?! Non avete ancora niente e già vi scontrate!

— Scusa, mamma… — fu Andrea a cedere per primo.
— Va tutto bene — borbottò Michele. — Ce la faremo da soli.
— Non sono avido, non voglio la vostra parte — aggiunse Paolo. — Mi è sembrato di non contare.

Allora la madre parlò:

— Ecco cosa faccio. Venderò casa mia per una più piccola, e il ricavato lo dividerò tra voi. Nessuno avrà rancore.

— No, mamma! — urlarono insieme. — Ti piace vivere qui! Ce la caveremo.

Tatiana pianse. Non di dolore, ma di gioia. I suoi figli erano diversi, ma con lo stesso cuore. Per quel cuore aveva lottato tutta la vita.

E finalmente, quella lotta le aveva portato pace.

*Scrivere questo mi ha ricordato una cosa: il perdono costa meno di un appartamento, ma vale più di un’eredità.*

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