Il padre vide un livido sotto locchio di sua figlia e fece una telefonata la vita di suo genero era finita.
Maria stava sulla soglia, salutando i genitori con il suo solito sorriso affabile. Solo un occhio nero e lucente tradiva largomento che non voleva discutere.
«Mamma, tutto bene, non farci caso», disse in fretta, notando lo sguardo attento della madre.
Elena Rossi sospirò profondamente. «È affar tuo, figlia mia. Devi vivere la tua vita…»
Suo padre, invece, non salutò nemmeno il genero. Si avviò lentamente verso la finestra e fissò nel vuoto, come se non avesse sentito la figlia borbottare qualcosa sullarmadio e il buio.
«È che… ieri sera sono inciampata per sbaglio. Dai, mamma, sto bene io e sta bene anche Luca!»
Bene? Maria ricordava perfettamente cosa era successo il giorno prima. Luca, sempre irascibile, non si era limitato a urlarle contro. Quando aveva osato dirgli che ne aveva abbastanza, lui laveva afferrata per il colletto della vestaglia così forte da strapparle la stoffa sul petto.
«Che, puttana, non ti ricordi a chi devi di essere ancora viva e di non pensare a niente?!», aveva urlato, scuotendola. «Hai dimenticato quando ti riportavo a casa dalle osterie, quando scappavi da me per quel Matteo? Hai dimenticato chi ti ha amato, stupida? Ti ho portata in braccio!»
E poi, un pugno forte. Da uomo. Le stelle le erano apparse negli occhi, poi il dolore laveva travolta… E Luca, che continuava a gridare qualcosa di volgare.
«Sì, figlia, ho capito. Larmadio… il buio», borbottò la madre, anche se sapeva benissimo cosa era successo.
E si sentiva in colpa. Era stata lei a spingere Maria a sposare Luca! Era stata lei a allontanare Matteo da sua figlia, convinta che fosse una cattiva influenza.
«E il tuo armadio, a quanto pare, ha i pugni», disse Elena con sarcasmo, lanciando unocchiata al genero.
Giovanni Bianchi non si voltò mai dalla finestra. Uscì sul balcone a fumare. A differenza di sua moglie, non aveva mai sostenuto Luca. Sembrava… distaccato. Egoista e superficiale. Sì, veniva da una famiglia benestante, con appartamento, macchina, relazioni e prospettive. Ma dentro era marcio.
E ora quella marcescenza era venuta a galla un livido sotto locchio di sua figlia.
Certo, Giovanni avrebbe potuto afferrare il genero per il bavero e dargli uno schiaffo ben assestato. Ma sarebbe servito solo a scatenare un litigio. E non ne aveva nemmeno voglia. Si era trattenuto a stento… Perciò era uscito sul balcone.
Sapeva che avrebbe risolto la questione in un altro modo. E sapeva già come.
Aveva parlato a lungo al telefono, su quel balcone…
Intanto, Maria aveva comprato un caffè alla madre e avevano chiacchierato del più e del meno. Mezzora dopo, i genitori se ne andarono.
Luca, che si aspettava rimproveri e scenate, finalmente si rilassò. Si risedette sul divano, aprì una birra e persino sorrise. Nella sua mente, il silenzio dei suoceri era unapprovazione. La famiglia è famiglia, e i lividi fanno parte della vita. Nessuno ti mette i bastoni tra le ruote. Sicuro!
«Vedi, Mariuccia, te lavevo detto che tutto si sarebbe sistemato!», disse soddisfatto, allungando le parole. «I tuoi genitori sono persone normali, di buon senso. Non come te… Ieri mi hai provocato con le tue scuse! Ho fatto festa, ho bevuto e allora?»
Prese un sorso di birra e allungò la mano verso i salatini.
La gioia durò poco.
Non era passata nemmeno mezzora quando qualcuno bussò alla porta. Non suonò il campanello, bussò. Deciso e fermo. Quel colpo sicuro fece sì che Luca posasse la bottiglia e si irrigidisse.
Si avvicinò alla porta, guardò dallo spioncino… e impallidì.
Matteo era sulla soglia. Il suo rivale. Lex di Maria. Quello che quasi laveva sposata, ma poi laveva lasciata andare. Bello, alto, sicuro di sé. Con un cappotto costoso e quellespressione che faceva tremare le donne e venire voglia agli uomini di prenderlo a pugni.
«Che vuoi?», ringhiò Luca, aprendo la porta giusto quanto bastava per mostrare la sua irritazione, ma senza lasciarlo entrare.
«Spostati», disse Matteo con calma, e lo spinse via con una spallata.
Luca arretrò come un burattino di pezza.
Maria si alzò dal divano, gli occhi sgranati.
«Matteo…»
«Su, su, preparati», disse lui, breve. «Se vuoi, veniamo da me. Se vuoi, dai tuoi genitori. Ma di cosa hai bisogno di questo fallito?»
«Chi chiami fallito, idiota?», sbottò Luca, ma rimase nellangolo come inchiodato.
Aveva le sue ragioni per temere Matteo.
«Ti ho chiamato, Lucuccio. Proprio te», sorrise Matteo con calma. «Non volevo immischiarmi, non volevo entrare nella tua vita. Ma quando il padre di Maria un uomo per bene, tra laltro mi ha chiamato e mi ha detto che la picchiavi… beh, allora ho preso il testimone.»
«Di… di che stai parlando?!», biascicò Luca.
«Be, non lho preso proprio così, ovvio», rise di nuovo Matteo. «Solo che il locale che affitti per il tuo club appartiene a un mio amico. Un amico molto stretto. Comunque, riceverai una notifica di mancato rinnovo del contratto. Capito? Ti è già arrivata in ufficio.»
Luca si mise a sedere come se fosse stato scaraventato giù.
«In più, ho calcolato gli arretrati dellaffitto per sei mesi. Ti ricordi, ti avevano avvisato: laffitto sarebbe aumentato quando il club avrebbe iniziato a fare profitto? Ebbene, è aumentato sei mesi fa. E la notifica è rimasta a lungo sulla tua scrivania semplicemente non lhai letta. Io e Michele abbiamo taciuto, aspettando che il debito crescesse. Più penali, interessi… Mi segu






