«Il Pretendente Ideale»

**«Lo Sposo Perfetto»**

Giulia stava alla finestra, guardando il cortile deserto. La neve calpestata era cosparsa di scintille dai fuochi d’artificio, mentre tra i rami spogli degli arbusti si aggrovigliavano brandelli di decorazioni natalizie. La città sembrava morta. Tutti dormivano, stremati dopo la lunga notte di Capodanno. Dentro di sé, Giulia sentiva la stessa vuota desolazione.

Come aveva potuto sbagliarsi così? Perché non aveva percepito la falsità? Ora tutto le appariva chiaro, ma allora… Nico sembrava intelligente, affettuoso, un po’ risentito con suo padre. Sembrava, appunto. E lei aveva creduto che l’amasse davvero.

Il rumore della serratura della porta la fece trasalire. Aveva preparato un discorso accusatorio, ma ora ogni parola le svaniva dalla mente. Passi leggeri si fermarono alle sue spalle. Giulia trattenne il respiro, tesa. Sentì il caldo alito di Nico sulla nuca, e un brivido le attraversò la pelle.

«Giu…» disse lui, avvicinandosi alla sua spalla.
Lei si scostò. «Sei ancora arrabbiata con me?» chiese lui con voce insinuante. «Non so cosa mi sia preso. Ti guardava in quel modo… Sono stato sopraffatto dalla gelosia.» Aspettò una risposta, ma Giulia tacque.

«È colpa tua. Sorridevi, ti stringevi a lui, non lo perdevi di vista. Non ho resistito.»

«Non inventarti storie. Stavamo solo ballando» rispose lei, glaciale.

«Dai, perdonami. Sono stato geloso. È naturale, quando si ama.» Nico cercò di girarla verso di lui, ma lei scrollò le spalle, liberandosi dalle sue mani.

«Giu, su, dai. Mi sono scusato.»

«Non devi scusarti con me.» Finalmente lo guardò, poi distolse di nuovo lo sguardo.

«Sì, sono andato all’ospedale, mi sono scusato con il tuo marinaio.» Gli occhi di Nico si accesero di furia, ma Giulia non lo vide. Continuava a fissare la finestra. «Non ha sporto denuncia, mi hanno rilasciato. Dimentichiamo tutto. Quando sarà dimesso, verrà da noi, berremo qualcosa insieme.»

Giulia si voltò di scatto. «Da noi? Dimenticare? Bere insieme? Non c’è più nessun “noi”. E non ci sarà. Lascia le chiavi e vattene.»

«Ah, è così? Lo porterai qui, lui?» La voce melliflua scomparve, sostituita dal tono tagliente e crudele.

«Vattene. Non voglio più vederti. Mi hai mentito.» Per quanto cercasse di trattenersi, la rabbia e il dolore traboccavano.

«Avrei dovuto punire anche te, non solo lui. Ti ricordi cosa mi hai detto?» Nico le afferrò il braccio, stringendo forte, e la tirò a sé, avvicinando il suo volto al suo. Negli occhi di lui, Giulia vide odio.

«Lasciami, mi fai male.»

«Ho speso tanto tempo per te. No, cara, non me ne vado. Mi sposerai!» Con la mano libera, Nico prese un anello dalla tasca. «Non ho fatto in tempo a dartelo.» Le sollevò la mano, pronto a infilarlo.

Giulia cercò di divincolarsi, ma lui strinse ancora più forte.

«Lasciami! Non ti sposerò mai!» Le lacrime le brillavano negli occhi.

«Mi sposerai, se vuoi che il tuo marinaio rimanga vivo e sano.»

«Non farai nulla, non oserai.»

«Oh, invece sì…»

***

«Domani parto» disse Daniele.
Gli piaceva Giulia. Davvero tanto. Ma aveva paura di dirle che sarebbe partito. Avevano appena iniziato a frequentarsi.

«Dove?»

«A Genova. Sono stato ammesso all’Accademia Navale. Scusa se non te l’ho detto prima. Non ero sicuro di entrare.»

«Mi chiamerai almeno?» chiese Giulia, a testa bassa, offesa.

«Non fare il broncio. Che posso fare? Qui non c’è il mare. Giu, non voglio che ti senta obbligata ad aspettarmi. Studierò per anni, poi andrò in mare, missioni di sei mesi o più. Non sai quanto sia difficile aspettare.»

«Non decidere per me» ribatté lei, alzando lo sguardo.

«Giu, anche tu studierai. All’università ci saranno tanti ragazzi…»

«Allora vai pure!» urlò Giulia, voltandosi e allontanandosi di corsa.

«Giu!» Daniele ebbe un impulso a seguirla, ma poi desistette.

Restò fermo un attimo, poi si avviò lentamente verso casa.

Quanto era felice Giulia quando lui tornò per le vacanze di Capodanno. Andarono al cinema, fecero lunghe passeggiate. Daniele le parlava della città, degli studi, del mare e degli amici, e lei ascoltava, sognando che finalmente la baciasse.

Ma lui si limitò a un veloce bacio sulla guancia fredda e se ne andò. Il giorno dopo ripartì per l’Accademia Navale.

Sì, all’università c’erano tanti ragazzi. Le sorridevano, le facevano le corte. Ma a lei non interessava nessuno. Daniele chiamava di rado, chiedeva dei suoi studi come un amico. Ma se Giulia accennava alla sua mancanza, lui cambiava subito argomento.

In primavera, morì la zia di suo padre. Il marito l’aveva preceduta di cinque anni. Era stato un funzionario di partito, per tutta la vita in ruoli di potere. Non avevano avuto figli, e la zia aveva tagliato i ponti con i parenti, forse temendo che chiedessero favori o soldi.

Per questo, fu una sorpresa scoprire che aveva lasciato il suo grande appartamento nel centro della città a Giulia. L’aveva vista solo un paio di volte. Suo padre prima non ci credette, poi fu felice.

«Quell’appartamento è enorme, in centro. Non serve neanche ristrutturarlo. Quando ti sposerai, ci vivrai con tuo marito» sognò ad alta voce sua madre.

Giulia decise di non parlare dell’appartamento all’università. Perché suscitare invidia o accuse di supponenza? Ma alla fine, la notizia trapelò. Qualcuno invidiava, altri la accusarono di orgoglio. Il capoclasse le chiese se potevano organizzare feste lì.

All’inizio del secondo anno, Giulia conobbe Nico Savini, uno studente più grande. Un giorno si sedette accanto a lei in mensa e iniziarono a parlare. Cominciarono a frequentarsi. Daniele era lontano, non le aveva chiesto di aspettarlo né promesso amore. A Genova, chissà, magari aveva altre storie.

«Savini… Non è il figlio del vice-sindaco?» chiese una volta suo padre.

«Non lo so» rispose Giulia, scrollando le spalle.

«Be’, chiediglielo. Sembra un ragazzo serio, uno sposo perfetto.»

Giulia rise, credendo fosse una battuta. Ma poi chiese a Nico.

«Sì, è vero. Non l’ho detto a nessuno. Come hai fatto a saperlo?»

«Mio padre. Tu gli piaci.»

«Lui è semplice, normale. Il mio… È insopportabile. Non ho vita. Appena mi laureo, scappo lontano. Voglio affittare un posto e andarmene.»

Quella sera, Giulia propose a suo padre di affittare l’appartamento della zia. Quando scoprì a chi, acconsentì subito.

«Facciamoglielo avere. Non gli chiederemo troppo, ma tanto non è povero, può pagarti qualcosina» rise suo padre.

Nico era felice. La sollevò, la fece roteareE quando finalmente si sposarono, in una piccola chiesa sul mare di Genova, Giulia capì che tutto il dolore passato era stato solo una tappa per ritrovare Daniele, e che la felicità era sempre stata lì, in attesa, come un faro nella notte.

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