Il Prezzo della Giustizia

*La Retribuzione*

“Carlotta, la tua vita è così piena di avventure che potresti farci un film,” diceva Alba alla sua amica e collega, mentre laltra rideva con aria maliziosa.

“Sì, la mia vita è un fiume in piena, ma chissà quale sarà il finale di questo film Troverò un modo. È ora che mi sposi, ho già ventotto anni. Lavorerò sodo per questo.”

“Oh, Carlotta, non farmi ridere. Credo che tu non voglia davvero sposarti, ti piace la tua libertà. Il matrimonio è responsabilità e un solo uomo per tutta la vita,” replicava Alba.

“Chi ti ha detto che sarà un solo uomo? Tu vivi così con il tuo Stefano, ma io faccio le cose a modo mio.”

“Ma che dici?” si indignò lamica. “Si può essere sposate e sognare altri uomini? Io non lo accetterei mai!”

“Tu sei tu, io sono io,” sorrideva Carlotta con quel suo sorriso irresistibile.

Era una bellezza non comune, slanciata con un fisico invidiabile e uno sguardo languido. Gli uomini si voltavano sempre al suo passaggio. Carlotta era del tipo che non lasciava mai sfuggire unoccasione. Viveva secondo il motto: “Se te lo danno, prendilo; se ti colpiscono, restituisci il colpo.” In qualsiasi cosa si cimentasse, riusciva sempre meglio e più in fretta degli altri. In ufficio, era arrivata dopo Alba, eppure laveva superata in carriera, tanto che ora lamica era alle sue dipendenze.

Gli uomini in ufficio erano molti. A tutti piaceva Carlotta, anche ai sposati, ma lei aveva deciso:

“Ho un obiettivo: sposarmi. Quindi, niente uomini già presi, anche se alcuni sono davvero ghiotti! Tra i candidati ci sono tre colleghi. Ma chi scegliere come marito?”

Ne parlò anche con lamica, ma Alba era prudente:

“Carlotta, non offenderti, ma qui non posso consigliarti. Decidi da sola. Dio non voglia che sbagli, poi la colpa ricadrà su di me.”

Carlotta non si affidò al caso. Analizzò con cura chi dei tre fosse il più promettente. Concluse che Enrico era il più affidabile: bello, capace, guadagnava bene e, soprattutto, la ascoltava in tutto.

Enrico sentì subito il cambiamento nel suo comportamento. Laveva sempre notata, ma prima cerano di mezzo gli altri due, Renzo e Paolo, che la corteggiavano e con cui lei flirtava, facendolo ingelosire.

“Carlotta ha capito che io sono la scelta migliore,” pensò soddisfatto. “Devo cogliere lattimo e chiederle di sposarmi al più presto.”

E così fu. Durante un appuntamento, le regalò un mazzo di fiori enorme e una scatolina con un anello.

“Carlotta, sposami. Ci ho pensato a lungo, e so che sarai una moglie meravigliosa. E poi, voglio svegliarmi ogni mattina accanto a te.”

“Accetto, Enrico. Non immaginavo che saresti stato così precipitoso. Ma ci conosciamo, e sono daccordo.”

Vissero per un po nel piccolo appartamento di Carlotta, poi lui propose:

“Vendiamo questo appartamento e costruiamo una casa più grande. Prenderemo un mutuo, se necessario. Con i nostri stipendi, ce la faremo.”

“Ma dove vivremo nel frattempo? In affitto?” chiese lei.

“No, perché affittare? Mio padre vive da solo da tre anni, da quando è morta mia madre. Ha un trilocale spazioso, cè posto per tutti. Non si opporrà, lo conosco. Che ne dici?” La moglie acconsentì.

I lavori iniziarono sul terreno acquistato, e lappartamento fu venduto in fretta. Si trasferirono da suo padre. Giacomo era felice. Carlotta e il suocero avevano sempre avuto un buon rapporto, anche se si vedevano poco, ma cera rispetto e cordialità.

Giacomo, il padre di Enrico, era vedovo da tre anni. A cinquantatré anni, era ancora un uomo attraente, non certo vecchio, neanche “anziano” gli si addiceva. Dopo il primo incontro, Carlotta disse a Enrico:

“Tuo padre sembra uno di quegli uomini che fanno pubblicità per gli smartphone,” e lui rise, concordando.

Giacomo era alto e muscoloso, andava in palestra due volte a settimana, con una barba curata e una voce profonda. Le donne gli giravano attorno, ma lui non aveva intenzione di risposarsi.

Naturalmente, era contento che il figlio e la nuora si fossero trasferiti da lui: la casa era meno vuota. Il tempo passò, ma Enrico spariva sempre più spesso nel cantiere, controllando ogni dettaglio, mentre Carlotta lo vedeva sempre meno. In compenso, vedeva sempre più il suocero.

A un certo punto, Carlotta si accorse che Giacomo la guardava in modo diverso. Allinizio pensò di essersi sbagliata. Ma no. Giacomo la abbracciava, le faceva complimenti, le sorrideva in modo affettuoso.

“Accidenti,” pensò. “Mio suocero ha gli occhi puntati su di me. Eppure, è un uomo molto attraente. Potrei trarne qualche vantaggio,” calcolò freddamente.

Quando Giacomo la strinse di nuovo, lei non si oppose, e senza rendersene conto, finirono a letto insieme. Nessuno dei due si chiese:

“Sto facendo la cosa giusta?”

E soprattutto, non provarono rimorsi. Per loro era naturale, come se fosse inevitabile. Dopotutto, Enrico era sempre al cantiere, a volte vi passava anche la notte, specialmente nei weekend, per finire prima la casa. Tornava a casa sfinito. E Carlotta sentiva la mancanza di un uomo accanto.

Andò avanti così, finché un giorno capì di essere incinta. Lo disse a Giacomo:

“Non ho dubbi che il bambino sia tuo. Sai comè, da queste cose nascono figli,” sorrideva.

“Ne sono felice, Carlotta, davvero felice!”

Enrico, invece, non lo fu affatto. La gravidanza della moglie non rientrava nei suoi piani: prima doveva finire la casa. Fece comunque un sorriso forzato.

“Enrico, non preoccuparti, ti aiuterò con il bambino. Che altro ho da fare, se non occuparmi di mio nipote?” disse Giacomo, dandogli una pacca sulla spalla. Enrico non poté far altro che accettare.

La gravidanza fu difficile, ma Carlotta sopportò tutto: il bambino era desiderato, e poi letà cominciava a farsi sentireaveva già superato i trenta. Alle visite mediche la accompagnava sempre Giacomo. Ormai nessuno si stupiva: sapevano che Enrico era impegnato con la casa.

Nacque un maschietto, Niccolò. Carlotta e Giacomo erano al settimo cielo. Anche Enrico sembrava contento: la casa era quasi finita, presto avrebbero potuto trasferirsi.

Giacomo adorava Niccolò, lo accudiva con dedizione. Ora che era più maturo, capiva il valore di un figlio. Con Enrico, da giovane, non se nera quasi accorto. Ma ora assaporava ogni momento.

Arrivò il giorno del trasloco. Enrico annunciò:

“Prepariamo le valigie, domani o dopodomani ci trasferiamo.”

“E io?” chiese Giacomo. “Devo aiutare con Niccolò, ormai si è affezionato a me.” Voleva trasferirsi con loro.

“Tu resta qui in appartamento,” rispose Enrico. “Vieni a trovarci quando vuoi. Ti abbiamo già disturbato abbastanza, ora riposati.” Ma a Giacomo non piaceva lidea, e continuò a passare le giornate da loro.

Niccolò compì tre anni, era ora di iscriverlo allasilo. Durante

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