«Il regalo» della suocera che rovinò la nostra prima gioia
Luca e Giulia celebrarono un matrimonio da favola. Il ricevimento si tenne in un ristorante elegante, con sessanta invitati. Tutto filò liscio: sorrisi sinceri, brindisi festosi e musica che fece ballare anche i più pigri. Sembrava che davanti a loro ci fosse solo felicità. Poi, nel bel mezzo dei festeggiamenti, arrivò il momento dei regali.
I primi a farsi avanti furono i genitori di Luca. Maria Rosaria, sua madre, prese il microfono con un’aria solenne e iniziò il suo discorso:
«Visto che nostro figlio è un uomo, deve essere lui a garantire un tetto alla famiglia. Ma noi abbiamo deciso di aiutarlo e regalare agli sposi un appartamento! Ecco le chiavi! Vivete felici!»
La sala esplose in applausi. Tutti erano sbalorditi dalla generosità dei genitori dello sposo. Maria Rosaria, fiera, consegnò al figlio un mazzo di chiavi con un portachiavi su cui era inciso l’indirizzo della nuova casa.
Luca prese le chiavi, diede un’occhiata al portachiavi… e rimase a bocca aperta.
Tutto sembrava perfetto. I soldi per il matrimonio erano stati messi da parte, l’abito e il completo scelti con cura, il ristorante prenotato. I genitori dei due andavano d’accordo, la suocera sembrava una donna affabile e la suocera di Giulia, modesta e gentile.
Ma la gioia per il regalo nuziale svanì quando scoprirono un dettaglio: l’appartamento che gli avevano regalato si trovava letteralmente accanto a quello dei genitori di Luca. Condividevano lo stesso pianerottolo e i balconi, separati solo da una sottile divisoria.
Maria Rosaria raggiante esclamò:
«Appena ho saputo che i vicini vendevano l’appartamento, ho deciso di prenderlo subito! Che comodità, no? Vicini ma separati. Come una grande famiglia!»
Giulia, sentendo quelle parole, sentì un gelo stringerle il cuore. L’entusiasmo per la nuova casa si sciolse nell’ansia.
Tutto cominciò subito dopo la luna di miele. La mattina presto, la suocera entrò in casa loro senza bussare, portando un piatto di pasticcini.
«Alzatevi, la colazione è pronta!» annunciò allegramente, spuntando direttamente in camera da letto.
«Mamma, stiamo dormendo, è ancora festivo. Come hai fatto a entrare?»
«La porta non era chiusa a chiave. Abbiamo un’unica serratura per il pianerottolo, è più che sufficiente!»
Luca, ancora assonnato, non capì bene, ma Giulia sentiva montare in lei una protesta silenziosa. La suocera divenne un’ospite frequente e invadente: entrava più volte al giorno senza preavviso, senza nemmeno bussare.
«I pasticcini si raffreddano!» ricordava. «Vi ho portato la pasta al forno! Ma quanto dormite…»
Ogni volta Giulia cercava di spiegare che potevano cavarsela da soli, ma Maria Rosaria faceva finta di non sentire.
Al terzo «visita» della mattina, Giulia non ce la fece più: sbatté la porta in faccia alla suocera e mise la catenella.
Maria Rosaria, dall’altra parte, cercò di protestare:
«Ma perché mettete la catenella? Siamo famiglia!»
Giulia, esasperata, pensò: «Famiglia non significa senza confini».
Quella sera, tornando dal supermercato, trovarono la suocera in cucina.
«Stavo controllando cosa avete comprato» disse con aria professionale. «Questo caffè non va bene. E questi biscotti sono troppo secchi…»
Luca serrò i pugni:
«Mamma, basta. Siamo adulti, possiamo gestirci da soli».
«Ma lo faccio per il vostro bene!» replicò lei, alzando le mani.
«Per favore, rispetta i nostri spazi».
La suocera se ne andò, ma promise di tornare la mattina dopo.
Il giorno dopo, Giulia si svegliò per dei colpi alla porta del balcone.
«Perché vi chiudete? Mi fidavo di voi! Aprite!»
Luca trattenne a stento un moto di irritazione:
«Mamma, ti prego, rispetta la nostra casa. Abbiamo bisogno di privacy».
Ma Maria Rosaria non capiva. Per lei era solo un gesto d’amore.
Poco dopo, la suocera insistette:
«Dateci i soldi! Andiamo insieme a scegliere la macchina! Io controllerò tutto!»
«Abbiamo cambiato idea» rispose Luca, calmo. «I soldi li abbiamo usati per altro».
«Per cosa?» chiese lei, sospettosa.
«Abbiamo comprato un altro appartamento. E presto ci trasferiremo».
«Come? E il mio regalo?»
«Grazie, mamma, ma non vogliamo vivere sotto controllo».
Negli occhi di Maria Rosaria brillò un lampo di dolore. Ma Luca non si lasciò commuovere.
In realtà, la decisione era stata accelerata dall’aiuto della madre di Giulia, che aveva ricevuto un’eredità e aveva generosamente condiviso parte dei soldi con la figlia, come regalo di nozze aggiuntivo.
I giovani trovarono rapidamente un accogliente appartamento in un altro quartiere della città, fecero un mutuo e iniziarono ad arredarlo.
Luca e Giulia compresero una cosa: nessun regalo, per quanto costoso, vale la tranquillità dell’anima e la libertà personale.
E quando, nel giorno del trasloco, Maria Rosaria si piantò davanti alla porta accusandoli di tradimento, Luca rispose con calma:
«Ti vogliamo bene, mamma. Ma vogliamo costruire la nostra vita. Senza visite quotidiane. Senza controllo. Senza intrusioni».
E se ne andarono, lasciandosi alle spalle quell’appartamento «regalato» e una vita dove la loro felicità sarebbe stata soffocata da troppa «cura».