IL RIGIDO SUOCERO

Papà, posso restare da te per qualche mese? chiese timidamente Marco al padre.
No rispose bruscamente il vecchio.

Marco era rimasto solo da quando i genitori si erano divisi dieci anni prima. Sua madre aveva risposato due anni dopo, ma il padre, Giorgio Bianchi, era rimasto a vivere nella sua monolocalità di tre stanze a via dei Crociferi, Roma. Era un uomo dal carattere di marmo, quasi insopportabile; le donne entravano nella sua vita solo per passarci sopra e poi sparivano. Mai però abbandonò il figlio. Pagava gli alimenti, gli comprava ciò di cui aveva bisogno e partecipava alleducazione di Marco con una rigida severità maschile, priva di tenerezza ma intrisa di una sorta di affetto paterno.

Fin da giovane Marco si era messo in piedi. Dopo lultimo anno di liceo trovò un lavoro e, subito, si spostò dalla madre, affittando una stanza in un dormitorio universitario. Due anni più tardi sposò Ginevra, sua compagna dasilo, e cominciarono a risparmiare per lacconto di un appartamento a Firenze, quando il padrone della stanza dove abitavano annunciò la vendita. Dovevano attendere la conclusione dellaffare. Marco, allora, decise di chiedere a Giorgio un rifugio temporaneo, dato che luomo viveva solo in una casa di tre stanze.

Il rifiuto del padre lo colse di sorpresa e stava per chiudere la discussione quando Giorgio aggiunse:

Ma potete stare, solo silenziosi.

Grazie sospirò Marco, sollevato.

Conosceva bene labitudine del padre a ricercare il silenzio, a parlare poco e a tenere le emozioni sotto chiave. Ginevra, al suo quinto mese di gravidanza, comprendeva anche lei lesigenza di quiete. Nessuno dei due immaginava, però, che silenziosi significasse soltanto loro, mentre il vecchio regnava nel suo regno silenzioso.

Alle cinque del mattino Giorgio si svegliava, le pantofole di cuoio stridularono sul legno, e iniziò il suo rituale quotidiano: bagno, cucina, bagno, cucina, ancora bagno. Il suono era un crack, crack, crack che riempiva la casa come una pioggia di tappi di bottiglia. Un oggetto cadeva, un Mannaggia! echeggiava, e di nuovo il frastuono. La gente che dormiva al piano di sotto non lo turbava; era il suo regno, e chi non lo amasse poteva andare via.

Il tirchio silenzioso controllava anche le mosse di Marco e Ginevra: niente televisione dopo le nove, niente cottura rumorosa, luce e acqua da risparmiare, perché non era ricco. Questa tirannia durò una settimana, finché Ginevra non fu ricoverata in ospedale. Due giorni dopo, il padre entrò nella stanza con una borsa di frutta.

Al bambino servono le vitamine disse con la voce di un capitano di nave.

Grazie, signor Bianchi rispose Ginevra.

Prego annuì Giorgio, poi si voltò verso la porta. Ascoltate il dottore.

Dopo la dimissione, Giorgio continuò a svegliarsi alle cinque, ma cercò di camminare più piano, di fare il canto dei fiori del mattino con più delicatezza. A volte chiamava a colazione con tono austero, a volte, silenzioso, prendeva un panno e lavava il pavimento da solo, perché la mamma ha bisogno di riposo.

La nuova casa fu acquistata tre mesi più tardi, ma il padre impose i lavori di ristrutturazione prima di entrare. Ginevra partorì quando i muri ancora piangevano di gesso, e lei e il neonato, Violetta, dovettero tornare allappartamento di Giorgio. La suocera e i suoceri li visitarono qualche volta, ma Giorgio fingeva di non gradire gli ospiti, eccetto la piccola Violetta, che scioglieva il suo volto di granito in un sorriso.

Ogni mattina il nonno prendeva Violetta, lasciando a Ginevra la possibilità di dormire dopo le notti senza sonno. Imparò persino a cambiare i pannolini, mentre il mondo fuori sembrava un temporale. Quando fu il momento di trasferirli nella loro dimora, Giorgio, asciugando una lacrima maschile, disse con voce di pietra:

Siete ancora giovani per vivere soli con un bimbo. Restate qui finché Violetta non sarà pronta a sposarsi.

Marco e Ginevra si scambiarono uno sguardo perplesso, e Giorgio, voltandosi, aggiunse:

È solo la nostalgia di vecchi tempi, non fatevi ingannare. Prendete Violetta, imballate le cose, e venite a spostare il resto. Così potrete ancora cambiare casa, o meglio, i sogni del re di cielo.

Il figlio e la figlia della madre si chiedevano quando avrebbero finalmente potuto andare via, ma il destino, come in un sogno, li teneva stretti in un abbraccio di silenzio e di luce. Decisero di restare; dopotutto, era bello avere un nonno che, come una roccia, vegliava su di loro.

Giorgio, con un dolce sussurro verso Violetta, si sentiva felice: il suo cuore, che prima era un blocco di marmo, ora batteva al ritmo di una melodia dinfanzia, il più prezioso e caro tesoro che avesse mai avuto.

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