**Il Ritorno**
“Livia! Dove sei? Livia!” Caterina entrò di corsa in casa, scrutò la stanza vuota e uscì sulla soglia, i tacchi che risuonavano sul legno, la porta che sbatteva. “Dove sarà?” Presa dalla disperazione, batté il piede a terra.
Da dietro l’angolo della casa apparve una ragazza bassa con una bacinella di plastica tra le mani.
“Finalmente! Ti sto chiamando da mezz’ora…” Caterina scese i gradini e le si avvicinò.
“Stendevo i panni nell’orto. Che succede?” Livia posò la bacinella sulla veranda.
“È successo.” Caterina scintillò con gli occhi castani sotto la frangia corvina. Voleva tormentare un po’ l’amica, ma non resistette e sbottò:
“Daniele è tornato.”
“Davvero?” Negli occhi di Livia, l’incredulità si mescolò a gioia e confusione.
“Non mento. L’ho visto io. Sua madre non lo lascerà andare tanto presto, anche lei lo ha aspettato.”
“Andiamo,” disse ridendo Livia, lanciandosi per prima fuori dal cortile.
Il sole inondava il paesino di una luce calda, il fiume serpeggiava tra le sponde erbose, e tutto sembrava incantevole. Ma Livia non vedeva nulla. Il suo cuore batteva: “Daniele! Daniele!” nell’attesa dell’incontro tanto desiderato.
“Guarda, eccolo!” Caterina le afferrò la mano.
Daniele avanzava in uniforme militare. Le vide e corse incontro.
La gioia travolse Livia, che gli si gettò tra le braccia, tremante.
Caterina rimase in disparte, guardando con invidia. Pure a lei piaceva Daniele, ma lui non aveva occhi che per Livia. Aveva finito la scuola due anni prima, rimasto al paese ad aiutare i genitori. La loro fattoria era grande, vivevano dei raccolti e del bestiame. Poi, la leva lo aveva portato via.
“Che ci trova in lei? Io sono più bella! Perché tutto a lei?” pensò invidiosa, mordendosi il labbro. Le lacrime la tradirono. Corse a casa, si buttò sul letto e pianse.
“Che succede?” entrò la madre.
“Niente,” sbottò Caterina.
“Eh già. Invidiosa? Credi che non ci siano altri uomini? Guarda Alessandro, non ti toglie gli occhi di dosso, lavora bene, ha la sua casa.”
“Mamma!” Caterina scoppiò in lacrime. “Me ne vado. Prenderò il diploma e partirò. Per Milano.”
“Che sciocchezze. Ti aspettano là, certo. No, cara, chi nasce rotondo non muore quadrato. Te ne vai, e loro restano…”
“No.” Caterina sollevò il viso. “Sono più bella, ho un fisico migliore. Livia, se avrà figli, si sformerà. Devo fare qualcosa. Non lasciarli soli.” Le lacrime si asciugarono.
“Ecco,” approvò la madre, tornando in cucina.
Poco dopo arrivò Livia. Caterina vide la felicità nei suoi occhi, e il cuore le si strinse. Sforzò un sorriso.
“Già finite le effusioni?” disse con malizia.
“Stasera ci sarà la festa per il suo ritorno. Daniele verrà al ballo. Oh, Caty, sono così felice! Tu invece cos’hai?” chiese Livia, confusa.
“Non vi disturberò. E poi, non ho nulla da mettermi. Sai che mia madre non mi dà un soldo per un vestito nuovo.”
“Ti presto il mio, quello che ti piaceva. Lo prendo stretto, a te starebbe benissimo. Vieni, provalo,” propose Livia.
Caterina trattenne un grido di gioia. Davanti allo specchio, si ammirò a lungo. Il vestito le calzava a pennello.
“Non ti dispiace?” chiese.
“Per niente,” rispose Livia, abbracciandola. “Tienilo. Io devo preparare la cena.”
“A stasera!” Caterina le baciò la guancia e corse via.
Quella sera, Livia passò a prenderla, e insieme andarono al circolo.
Dalle finestre uscivano musica e luce. Nel salone, alcune ragazze già ballavano. Daniele non c’era.
“Non è qui. Balliamo.” Caterina si lanciò in pista, danzando con energia, ma controllando la porta.
Quando la musica tacque, uscì a prendere aria. La sera era fresca. Alessandro fumava in disparte.
Poi vide Daniele in lontananza. Senza pensarci, si avvicinò ad Alessandro e lo baciò. Il vestito chiaro risaltava nel buio.
“Che fai, Caty?” chiese lui, sorpreso.
Lei lo respinse e corse dentro. Tutto era andato come voleva. Daniele avrebbe creduto fosse Livia. Addio nozze!
“Daniele non l’hai visto?” chiese Livia entrando.
“Sì. È uscito subito. Balliamo?”
“È uscito?” Livia corse fuori.
Caterina si unì alle altre, come nulla fosse.
Livia raggiunse Daniele davanti a casa.
“Aspetta! Perché sei andato via?”
“Mi aspettavi per poi baciare un altro con il mio vestito addosso?” ringhiò lui, liberandosi.
Livia non capiva. Tornò a casa, sconvolta. Il giorno dopo andò da Daniele.
“Buongiorno, zia Maria,” salutò sua madre.
“Non so cos’hai combinato, ma Daniele era fuori di sé ieri. Dice che non ci sarà matrimonio.”
Livia corse da Caterina. A chi altro confidarsi? Le raccontò tutto, piangendo.
“Andiamo dalla zia Rosaria. Sa leggere le persone. Forse Daniele ha un’altra là fuori?”
“No.” Livia scosse la testa. “Non potrebbe. Lo sento…”
Arrivarono a una vecchia casa isolata. I gradini scricchiolarono. Livia si fermò.
“Non entro.”
“Ma perché?” Caterina tentò di prenderle la mano, ma lei fuggì.
Un voce bassa la fermò. “Ti sei pentita?”
Rosaria, una donna robusta con un grembiule largo e occhi neri penetranti, la fissò.
“Entra, se sei qui.”
Caterina obbedì, rabbrividendo nell’odore d’incenso e erbe.
“Vedo tutto,” disse Rosaria. “Invidiosa dell’amica? Vuoi rubarle l’amore? Non sarai felice. Tra dieci anni morirai, e loro staranno insieme. Ma puoi ancora cambiare.”
Caterina fuggì, tremante.
“Cosa ti ha detto?” chiese Livia fuori.
“Niente! Tutto bene!” Ma il suo sorriso era un ghigno.
Daniele non si fece più vivo. Livia evitava Caterina, consumandosi.
“Chiamerò tua zia. Prendi il diploma e vai da lei,” disse la madre.
Livia partì per Milano. Non tornò, anche se le mancava casa. La madre la teneva informata. Così seppe che Daniele e Caterina si erano sposati.
La zia le trovò lavoro in un salone. Intanto, Caterina ebbe due figli. Ma Daniele la tradiva.
Dopo anni, Livia tornò. Era cambiata: magra, elegante, sicura. Gli uomini la corteggiavano, ma il suo cuore era ancora di Daniele.
Camminando lungo il fiume, sentì passi. Si voltò: Daniele. Il cuore le balzò in gola. Era più maturo, ma gli occhi erano gli stessi.
“Ti aspettavo,” disse. “Quanto resti?”
“Bene. E tu?”
“Male. Mi sogni ogni notte. Con quel vestito.”
“L”Era il tuo vestito, ma quella che baciava Alessandro non eri tu,” sussurrò Daniele stringendola a sé, mentre il sole del tramonto tingeva di rosso il fiume e il passato finalmente si scioglieva come neve al sole.