Il Ritorno alla Città del Tradimento

Ritorno nella città del tradimento

Elena mescolava il minestrone in cucina quando il telefono sul tavolo emise un breve segnale. Il messaggio era della sua migliore amica, Sofia. «Vieni al bar, dobbiamo parlare», diceva il testo asciutto. Elena cercò subito di richiamarla, ma lei non rispose. Un dolore le attraversò il petto, ma decise: doveva andare. Spense il fornello, si cambiò in fretta, e mezz’ora dopo entrava nel locale che amavano. Al tavolo d’angolo c’era Sofia. E accanto a lei—Marco. Il marito di Elena. E la loro posizione non lasciava dubbi.

“Sofia? Marco!” La voce di Elena tremava, così come le sue mani.

Sofia, senza battere ciglio, si sedette sulle ginocchia di Marco e si avvicinò al suo viso. Marco tentò di alzarsi, ma Elena si voltò e uscì.

Quella scena fu la goccia che fece traboccare il vaso. Prima c’erano stati sospetti, stranezze, i ritardi di Marco al lavoro. Ma scoprire che la sua amica d’infanzia era coinvolta le spezzò tutto: il cuore e la fiducia.

Lei e Sofia erano cresciute insieme in un tranquillo paesino di provincia. Sofia era ormai orfana—la madre scomparsa, il padre ignoto. Era stata cresciuta da una nonna silenziosa. Elena invece era la figlia prediletta di una famiglia unita. I genitori portavano spesso Sofia con loro—ai picnic, al cinema, alle sagre. Si era affezionata a loro come se fossero la sua famiglia. L’infanzia era un unico “noi”: arrampicarsi sugli alberi, giocare a fare le mamme, sognare di scappare verso la grande città.

E Elena ci era riuscita. L’università di medicina, il matrimonio con Marco—figlio di un imprenditore benestante—un appartamento, il lavoro come dottoressa. Sofia era rimasta al paese, a vendere scarpe. Ma quando Elena le propose di trasferirsi, lei accettò senza pensarci. Marco l’aiutò persino a trovare un alloggio in affitto.

Elena non sapeva che, in segreto, Sofia e Marco già si sentivano. Che lui l’aveva accolta alla stazione. Che alle sue spalle era cominciata una storia. Tutto venne a galla dopo. Prima l’atteggiamento freddo del marito, poi il messaggio di Sofia che la invitava al bar, infine la scena indelebile nella memoria.

Un mese dopo, Marco chiese il divorzio. Sofia si trasferì nel loro appartamento. Elena, serrando i denti, tornò al paese natale. Trovò lavoro come medico generico in un ospedale locale e affittò una stanza. Fu lì che il primario la cercò, offrendole la direzione del reparto—il precedente responsabile andava in pensione.

Un giorno, durante il giro visite, Elena incontrò un nuovo paziente—un uomo distinto con occhi gentili. Leonardo Romano. Il suo volto le era familiare, ma non riusciva a ricordare dove l’avesse visto. Poco dopo, durante la visita, lui scoppiò a ridere:

“Tu non sei quella bambina che una volta ho salvato mentre cadeva da un albero?”

Elena rimase senza parole—il ricordo gli tornò vivido. Da piccola, tornando da scuola, lei e Sofia si erano arrampicate su un vecchio olmo. Elena si era impigliata nel vestito, terrorizzata… Poi due braccia forti l’avevano afferrata al volo. E una voce: “Perché l’hai fatto? Era pericoloso.”

Ora quella voce risuonava accanto a lei, e con essa una calma che non sentiva da tempo.

Due settimane dopo, Leonardo la invitò a festeggiare la sua dimissione. Elena esitò, ma poi accettò. E da lì, tutto sembrò fluire naturale. Si avvicinarono, iniziarono a vedersi spesso. E presto, si sposarono.

Oggi Elena vive con Leonardo in una grande casa in campagna. Hanno due gemelli. I suoi genitori sono felici. E la vita, finalmente, ha trovato un senso.

E Sofia? Tornò in provincia, nella casa della nonna. Marco si stancò di lei in fretta e la mise alla porta. Dicono che ora lavori in una bottega di frutta e verdura. Triste e amareggiata.

Il boomerang, si sa, prima o poi torna indietro. E quando colpisce, fa male. La lezione è chiara: chi semina vento, raccoglie tempesta.

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