Il ritorno fu tardivo: Ginevra aveva già deciso tutto
Andrea s’attorcigliava gli spaghetti con la forchetta, l’aria cupa. Ginevra, osservandolo, cercava di non mostrare l’ansia, ma alla fine non resistette:
— Non ti piace, Andrea?
Lui si limitò a corrugare la fronte e continuò a mangiare in silenzio.
— Ho seguito la ricetta alla lettera…
— Va bene, — borbottò, senza incrociare il suo sguardo.
— Allora qual è il problema? Cosa succede?
Andrea sbatté la forchetta, sospirò rumorosamente e si mise a camminare nervosamente per la cucina.
— Ne ho abbastanza! — esplose. — La vita è diventata una palude! Lavoro, casa, tu in vestaglia, la pappa, il bambino. Non è vita, è una condanna!
Ginevra si bloccò. Le parole del marito fecero più male di uno schiaffo. Lui proseguì:
— Guardati un po’! Eri bella, e ora… — cercò le parole. — Una casalinga, e pure stanca. La moglie di Marco è una fiamma: in maternità, va in palestra, guadagna qualcosa e riesce pure a stare in forma!
— Loro hanno la nonna che aiuta, tu nei weekend dormi. Io non ho tempo, — provò a spiegare Ginevra con voce bassa.
— Ecco, hai sempre delle scuse! In realtà ti sei accollata alla mia schiena e ti sei fermata. Ho bisogno di spazio! Respirare! Me ne vado. Da solo. Non so per quanto tempo. Forse per sempre.
— E Tommaso?
— Pagherò quello che devo. Lo verrò a trovare. Non rimarrai senza aiuto.
Andrea si alzò. Ginevra, come svegliandosi, gli si parò davanti:
— E il mio respiro? Io non sono una persona? Perché solo tu puoi scappare dalle responsabilità?
Lui le si avvicinò, la voce piena di fastidio:
— Tu sei una madre! Punto. Stai con tuo figlio.
Con queste parole uscì, lasciando un silenzio pesante. Ginevra rimase in cucina, inondata di lacrime. Nella testa le rimbombava una domanda: come andare avanti? Sì, Andrea era freddo, ma almeno c’era. E il suo sostegno, la stabilità—tutto crollava.
Se n’era andato senza salutare nemmeno il figlio. Era chiaro: era diretto al suo appartamento da scapolo.
La prima notte Ginevra non chiuse occhio, ma al mattino, esausta, decise: non si sarebbe umiliata supplicandolo di tornare. Ce l’avrebbe fatta da sola.
E ci riuscì. Con sorpresa, si sentì più leggera. Non doveva pulire dietro a un uomo, assecondare capricci, lavare montagne di vestiti. I soldi che Andrea mandava bastavano, con un po’ di attenzione.
Il dolore era solo morale. Soprattutto quando sui social vide Andrea divertirsi con un’altra donna, sorridendo alla telecamera. Un’amica cercò di sostenerla: “Uno così non ti merita”. Poi arrivò sua madre—si era presa ferie apposta. Aiutava in silenzio, senza giudicare, ma a volte serrava i pugni ripensando al genero.
Con lei, Ginevra rinacque. Andò dal parrucchiere, rinnovò il guardaroba. Ricominciò persino a sorridere. I regali della madre le ricordavano: meritava felicità.
Andrea, come promesso, non venne a trovare Tommaso. Solo le foto mostravano quanto bene stesse senza famiglia. Ginevra sperò che si ravvedesse, ma giorno dopo giorno capì: non era un uomo, ma un codardo fuggito dalle responsabilità.
Dopo tre mesi bussarono alla porta. Andrea. Con le valigie. S’era presentato come un vincitore.
— Ciao, amore! Sono tornato. Cosa c’è per cena?
Ma Ginevra gli sbarrò l’ingresso:
— Qui non vivi più.
— Che vuoi dire? Sono tuo marito!
— Non più. Ho chiesto il divorzio. Aspetta la citazione. Non hai mai visto Tommaso, come promesso. Le tue cose sono pronte.
Andrea andò su tutte le furie:
— Ho il diritto di vedere mio figlio!
— Certo. Stabiliremo gli orari col giudice. Gli racconterò come per tre mesi ti sei dimenticato di lui. E mostrerò le tue foto delle feste.
Alla fine vide Tommaso. Il bambino lo guardò diffidente. Niente gioia, niente entusiasmo.
Andrea sperava che la moglie volesse solo punirlo. Ma Ginevra era irremovibile. Il sostegno della madre, l’amore per Tommaso, la consapevolezza del proprio valore—tutto la rese più forte.
Ora lei e Tommaso avevano una vita nuova. E Andrea rimase con le pentole da lavare e le camicie da stirare. “Riposato”, si fa per dire.
La vita insegna: chi fugge dalle proprie responsabilità, finisce solo per perderci ciò che conta davvero.