Il ritorno tardivo: La decisione era già presa

Il ritorno fu tardivo: Ginevra aveva già deciso tutto

Luca aveva un’espressione cupa mentre attorcigliava gli spaghetti attorno alla forchetta. Ginevra, osservandolo, cercava di nascondere l’ansia, ma non resistette:

— Non ti piace, Luca?

Lui si limitò a corrugare la fronte e continuò a mangiare in silenzio.

— Ho seguito la ricetta alla lettera…

— Va bene, — borbottò, evitando il suo sguardo.

— Allora qual è il problema? Cosa c’è che non va?

Luca scagliò via la forchetta, sospirò rumorosamente e cominciò a camminare avanti e indietro per la cucina.

— Ne ho avuto abbastanza! — esplose. — La vita è diventata una palude! Lavoro, casa, tu in vestaglia, minestra, il bambino. Non è una vita, è una condanna!

Ginevra si bloccò. Le sue parole facevano più male di uno schiaffo. Lui proseguì:

— Guardati un po’! Eri bella, e ora… — esitò, cercando le parole. — Una casalinga, e pure stanca. La moglie di Matteo è un vulcano: in maternità, va in palestra, guadagna soldi extra e riesce pure a curarsi!

— Loro hanno la nonna che aiuta, mentre tu dormi nei weekend. Io non ho tempo, — provò a spiegare Ginevra con voce fioca.

— Ecco, trovi sempre una scusa! In realtà ti sei seduta sulla mia schiena e hai smesso di crescere. Ho bisogno di spazio! Una pausa! Me ne vado. Da solo. Non so per quanto. Forse per sempre.

— E Tommaso?

— Pagherò gli alimenti, come si deve. Verrò a trovarlo. Non sarai abbandonata.

Luca si alzò. Ginevra, come risvegliandosi, gli sbarrò la strada:

— E la mia pausa? Io non sono una persona? Perché solo tu puoi scappare dalle responsabilità?!

Lui le si avvicinò, la voce carica di fastidio:

— Sei una madre! E basta. Stai con tuo figlio.

Con queste parole uscì, lasciando dietro di sé un silenzio opprimente. Ginevra rimase in cucina, inondata dalle lacrime. Nella sua mente rimbombava una domanda: come andare avanti? Sì, Luca era freddo, ma almeno c’era. Ora tutto, il sostegno, la stabilità, crollava.

Se n’era andato senza neppure salutare il figlio. Era ovvio: diretto nel suo appartamento da scapolo.

La prima notte Ginevra non chiuse occhio, ma al mattino, esausta, decise: non si sarebbe umiliata a supplicarlo. Ce l’avrebbe fatta da sola.

E ci riuscì. Con sua sorpresa, tutto diventò più semplice. Non doveva più pulire dietro un uomo, accontentare i suoi capricci, lavare montagne di vestiti. Luca mandava i soldi, bastavano, anche se doveva risparmiare.

Il dolore era solo morale. Soprattutto quando vide sui social che Luca si divertiva con un’altra donna, sorridendo alla macchina fotografica. Un’amica cercò di sostenerla: “Non ti merita.” Poi arrivò la madre, che aveva preso ferie apposta. Aiutava in silenzio, senza giudicare, ma stringeva i pugni al ricordo del genero.

Con la madre accanto, Ginevra riprese vita. Andò dal parrucchiere, rinnovò il guardaroba. Ricominciò persino a sorridere. I regali della mamma le ricordavano che meritava felicità.

Luca, come promesso, non andò a trovare Tommaso. Solo le foto mostravano quanto fosse sereno senza famiglia. Ginevra sperava che riprendesse il senno, ma col tempo capì: non era un uomo, ma un codardo in fuga dalle responsabilità.

Dopo tre mesi bussarono alla porta. Luca. Con i bagagli. Sembrava un vincitore.

— Ciao, amore! Sono tornato. Cosa c’è per cena?

Ma Ginevra gli sbarrò il passaggio:

— Qui non vivi più.

— Cosa vuoi dire? Sono tuo marito!

— Non più. Ho chiesto il divorzio. Aspetta la notifica. Non hai visto Tommaso come promesso. Le tue cose sono pronte, ti aiuterò a portarle.

Luca diventò furioso:

— Ho il diritto di vedere mio figlio!

— Certo. Il tribunale deciderà gli orari. Gli racconterò come per tre mesi ti sei dimenticato di lui. E mostrerò le foto delle tue feste.

Alla fine vide Tommaso. Il bambino lo guardò con diffidenza. Nessuna gioia, nessun entusiasmo.

Luca sperava che la moglie volesse solo punirlo. Ma Ginevra era irremovibile. Il sostegno della madre, l’amore per il figlio, la consapevolezza del suo valore l’avevano resa più forte.

Ora lei e Tommaso avevano una vita nuova. Mentre Luca rimase con le pentole da lavare e le camicie da stirare. Si era riposato, diceva lui…

**La vita insegna che il coraggio di ricominciare trasforma il dolore in forza, mentre chi fugge dalle responsabilità finisce solo per rimpiangere ciò che ha perso.**

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