Il segreto che ha distrutto una famiglia

La segreta che spezzò una famiglia

Nel paesino accogliente lungo il fiume, dove la sera si accendevano i lampioni, Giulia stava riordinando in cucina. L’aria profumava ancora della crostata appena sfornata quando, all’improvviso, squillò il telefono. Sul display apparve il nome della sua amica Lucia, con cui non parlava da anni.

“Lucia, ciao! Che piacere sentirti!” esclamò Giulia, asciugandosi le mani sul grembiule.

Dopo i convenevoli, Lucia le chiese all’improvviso: “Giulia… tu e Marco vi siete separati?”

“No! Ma che dici?” Giulia rimase senza fiato, sentendo il cuore in gola.

“Strano… allora come spieghi questa foto?” Nella voce di Lucia c’era un filo di preoccupazione.

Un secondo dopo, un messaggio con un’immagine arrivò sul telefono di Giulia. Lo aprì, guardò la foto e si gelò, come se tutto intorno a lei fosse crollato.

“Basta, non ne posso più!” irruppe in casa Marco, lanciando le chiavi sul mobile nell’ingresso.

“Marco, che è successo?” chiese Giulia sorpresa. Tornava sempre dal lavoro prima di lui, così aveva il tempo di sistemare e preparare la cena.

“Cosa, cosa? Tutto!” sbottò lui, sfilandsi la giacca. “Questo lavoro, la routine, le solite cose! Non si respira, non c’è vita! Dai, scappiamo via, riposiamoci. Al lago o in quel resort in montagna. Sono al limite!”

“Ma dovremmo chiedere i permessi…” rifletté Giulia. “E poi avevamo promesso a tuo padre di aiutarlo con la casetta in campagna…”

“Che vadano al diavolo quelle maledette piante!” la interruppe Marco. “Non muoiono mica in due settimane, mentre io sto per scoppiare! Cos’è più importante, l’orto o io?”

“Certo che sei tu,” rispose piano Giulia, vedendo quanto fosse serio. “Parlerò al lavoro, non mi diranno di no. È da due anni che non mi ferio.”

“Allora prenoto i biglietti?” si animò Marco, strofinandosi le mani.

“Prenota,” annuì Giulia. Anche lei aveva bisogno di una pausa dallo stress: la maturità del figlio, l’ammissione all’università in un’altra città, il tubo che era scoppiato al piano di sopra e aveva allagato il soggiorno. Le energie erano finite.

“Ok, deciso,” annunciò Marco. “Il lago costa troppo, andiamo al resort. C’è la natura, un laghetto, e non ci spacchiamo il portafoglio.”

Giulia non obiettò. Era raro che discutesse con suo marito. Persino quando, dopo l’allagamento, lui aveva comprato la carta da parati più economica invece di quella che le piaceva, o quando l’aveva dissuasa da un buon lavoro nuovo, dicendole:

“Ma ti pare il caso di attraversare tutta la città ogni giorno? La casa andrà a rotoli! E poi, che te ne fai di uno stipendio più alto? Non guadagno abbastanza io? Cercano cassieri al supermercato vicino. È comodo, e almeno hai la spesa a portata di mano.”

Giulia aveva ceduto. Non amava quel lavoro al supermercato, ma così riusciva a tenere tutto in ordine. L’unica volta in cui si era opposta davvero era quando Marco aveva cercato di forzare il loro figlio a non scegliere l’università che voleva.

“No!” aveva tagliato corto Giulia. “Nostro figlio decide da solo. Non osare mettergli pressione!”

Marco, non abituato a vederla così determinata, aveva desistito, ma poi non aveva perso occasione per lamentarsi che “nessuno lo ascoltava più”. Lei ogni volta lo calmava, assicurandogli che non era vero.

I biglietti per il resort erano stati presi, le valigie preparate, i permessi ottenuti. Mancavano due giorni alla partenza quando telefonò il suocero, Renzo.

“Giulia, ciao,” la voce gli tremava. “Marco non risponde. Sta bene?”

“Buongiorno, Renzo. Marco è andato in farmacia, ha lasciato il telefono a casa,” rispose Giulia. “Che c’è? Sembri agitato.”

“Mi si è bloccata la schiena,” sospirò l’uomo. “Non riesco neanche a sedermi. Potrebbe passare mio figlio? Magari mi spalma un po’ di crema, altrimenti è dura. L’infermiera costa troppo, e la vicina che mi aiutava si è trasferita.”

“Certo, glielo dico. Appena torna, passiamo da te,” promise Giulia.

Al suo rientro, Marco ascoltò la moglie e fece una smorfia. “Ma che sfiga! Proprio adesso?”

“Marco, che dici?” si indignò Giulia. “È tuo padre! Di sicuro non si è fatto male apposta. Andiamo, vediamo come sta.”

“Ha una sorella, se non ricordi,” borbottò lui.

“Tua zia cammina a malapena, se non ricordi tu!” alzò la voce Giulia. “Basta, andiamo.”

Mormorando tra i denti, Marco la seguì. La porta del suocero era socchiusa. Renzo era in piedi vicino alla finestra della cucina, piegato dal dolore.

“Mi sono mosso male,” bofonchiò, guardando figlio e nuora. “Se ci fosse ancora tua madre, non vi avrei disturbati.”

La madre di Marco era mancata anni prima. Da allora, Renzo viveva da solo. Il figlio e la nuora lo visitavano di rado, mentre il nipote, quando ancora viveva in città, passava spesso dopo scuola.

“Papà, ma proprio adesso?” sbottò Marco irritato. “Dovevamo partire!”

Giulia gli afferrò il braccio.

“Scusate il vecchio,” la voce di Renzo si incrinò, e Giulia sentì un groppo alla gola. “Non l’ho fatto apposta.”

“Tranquillo,” disse dolcemente lei. “Dove sono le creme? Ti aiutiamo subito.”

Mezz’ora dopo, Renzo riuscì a raddrizzarsi e, appoggiandosi a Giulia, raggiunse il divano. Lei controllò il frigo: il cibo sarebbe bastato per un giorno.

“Domani passo ancora, ti do un’altra mano e preparo qualcosa,” promise.

A casa, scoppiò una lite.

“Ma che ti è saltato in mente?” s’infuriò Marco. “Noi partiamo e tu vuoi cucinare per mio padre?”

“È tuo padre!” cercò di farglielo capire Giulia. “Chi lo aiuta, se non noi?”

“Chiama l’ambulanza, che lo portino in ospedale!” continuò lui. “Lì lo sfameranno e lo curano.”

“Sai bene che non ci andrà. E non è detto che con la schiena così lo ricoverino. A casa guarirà prima,” insistette Giulia, sconcertata dal suo egoismo. “Magari domani sta meglio.”

Ma il giorno dopo, Renzo non migliorò. A malapena si muoveva, non riusciva nemmeno a lavarsi.

“Marco, dobbiamo rimandare,” sospirò Giulia.

“Fa’ pure quello che vuoi!” tagliò corto lui. “Io parto, con te o senza. Non ho lavorato un anno per fare l’infermiere a un vecchio!”

Giulia sperò che cambiasse idea, ma la mattina dopo scoprì che né lui né i bagagli c’erMarco tornò mesi dopo, solo e senza un soldo, mentre Giulia, ormai assunta nel nuovo lavoro, sorrideva guardando il figlio che aiutava il nonno a piantare i pomodori nella casetta di campagna.

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