Il Segreto della Vecchia Lettera: L’Amore È Più Forte del Passato
Davide tornò a casa esausto dopo il lavoro. D’estate faceva il muratore per non pesare sempre sulla madre. Tra un anno avrebbe finito l’università, trovato un lavoro vero, e sposato la sua amata Anita.
«Mamma, che ne dici di andare in campagna questo weekend? Possiamo rilassarci, e io andrò a pescare», propose sognante, finendo la cena.
«Ci stavo pensando anch’io, figliolo», rispose Marina, versandogli il tè. «Pensavo fossi troppo stanco per la campagna. E se vendessimo la casa? Se nessuno ci vive, cadrà a pezzi. Da quando tuo padre è morto, non ci siamo più andati. Se non vi serve, i soldi basteranno per il vostro matrimonio.»
«I genitori di Anita hanno una villetta vicino alla città», annuì Davide. «Per me va bene. Vendiamola. Partiamo venerdì sera.»
«E portiamo anche Anita», aggiunse Marina, sorridendo.
Davide aveva passato tutte le estati dalla nonna in campagna. Dopo la sua morte, i genitori ci andavano in vacanza, provando persino a coltivare l’orto. Ma dopo la tragedia di suo padre – morto in un incidente – sua madre aveva abbandonato quella casa.
Venerdì sera presero l’autobus. Davide guardava dal finestrino, Anita dormiva con la testa appoggiata sulla sua spalla. Il viaggio era breve – quaranta minuti – ma con quel caldo sembrava un’eternità. Finalmente l’autobus si fermò alla periferia del paese. I passeggeri afferrarono le borse e scesero in fretta. Davide saltò giù, respirando l’aria calda.
«Poverino, hai la camicia tutta bagnata», disse Anita compassionevole.
«Tranquilla», sorrise lui. «Arriviamo, lasciamo le cose e andiamo al fiume a rinfrescarci.»
Camminarono per il paese, ignorando gli sguardi curiosi dei paesani. Le donne li salutavano, ma non chiedevano dove andavano – in campagna non era educato. Davide portava le borse con il cibo per due giorni, sentendosi leggero dopo l’autobus soffocante.
Il cortile della vecchia casa era invaso da erbacce e ortiche. «Attenti a dove mettete i piedi», avvisò Marina. Anita strillò, aggrappandosi a Davide. La serratura arrugginita cedette facilmente. Entrarono tutti e tre nella fresca casa e si fermarono, stupiti.
«Come se non fossimo mai partiti», sospirò Marina, presa dalla nostalgia.
Davide riconobbe ogni dettaglio: le foto sbiadite alle pareti, i ritagli di riviste che aveva fatto da bambino, le tendine corte. Sul letti di ferro c’erano cuscini sotto coperte all’uncinetto. Al centro della stanza, un tavolo coperto da una tovaglia di plastica blu consumata.
«Che accogliente», disse Anita. «Non vi dispiace venderla?»
«Io sistemo le borse», ordinò Marina. «Davide, porta della legna, è in cortile. Anita, dai un’occhiata in giro.»
La casa riprese vita. Nella stufa scoppiettava la legna, sul tavolo apparvero farro, tè, zucchero e biscotti. La vecchia stufetta elettrica funzionava ancora. Davide prese l’acqua dal pozzo, Marina mise la pentola sul fuoco. Quando fece troppo caldo, aprirono porte e finestre per far uscire l’afa. Davide e Anita andarono al fiume a fare il bagno.
Di notte non dormirono – la casa scricchiolava come se si lamentasse della solitudine. La mattina, Marina preparò la colazione, poi mandò i due giovani in soffitta a sistemare le cianfrusaglie, mentre lei svuotava gli armadi.
«Che ragnatele!» disse Anita, stringendosi a Davide sotto il soffitto basso. Su una corda, panni dimenticati, forse della madre o della nonna. C’era tanta roba, ma niente di interessante. Buttarono giù pile di riviste, sollevando polvere. Anita notò un foglio caduto.
«Davide, vieni!» lo chiamò.
«Cosa c’è?» sbirciò oltre la sua spalla. «Una lettera?»
«Ascolta», disse lei, e cominciò a leggere.
«Caro Sergio, che succede? Avevi promesso di tornare, di parlare con i tuoi genitori e di venirmi a prendere. È passato un mese, e non ho notizie tue. Non so cosa pensare, sono distrutta. Volevo dirtelo di persona, ma forse questo ti farà fare più in fretta: aspetto un bambino. Se mia madre fosse viva, glielo direi, mi capirebbe. Ma mia zia… non so come reagirà quando mi vedrà. Amore mio, torna presto…»
La ragazza parlava d’amore, di struggimento e attesa. In fondo, c’era un nome: Elena.
«E cosa c’è di strano?» si strinse nelle spalle Davide. «Una lettera normale.»
«Non capisci», sospirò Anita. «Non è una lettera qualunque. Tu sei Davide Sergio, giusto?»
«Sì», annuì lui, senza cogliere il collegamento.
«E la lettera è indirizzata a Sergio. Capisci?» Anita iniziò a innervosirsi.
«E allora? Forse mamma lo sa», rifletté Davide. «Vado a chiederle.»
«Aspetta!» lo fermò lei. «L’ha scritta Elena, non tua madre. Perché l’hanno nascosta tra le riviste in soffitta? Perché conservarla?»
«Hai ragione, sei un’investigatrice», sorrise Davide. «Cosa facciamo? Come scopriamo chi l’ha scritta?»
«Peccato che la nonna non ci sia più», disse Anita. «Lei lo saprebbe. Ma nel paese c’è ancora qualcuno della sua età?»
«Non lo so. Andiamo a chiedere. Mamma!» gridò, aprendo la porta di casa.
«Cosa?» rispose Marina, starnutendo per la polvere.
Sul letto c’erano pile di biancheria. «C’è ancora qualcuno anziano nel paese?» chiese Davide.
«Credo che la nonna Ada sia viva», rispose Marina, guardandoli sospettosa. «Perché?»
«Voglio sapere della nostra famiglia. Dove abita Ada?» Davide finse curiosità.
«L’ultima casa alla fine del paese. Era una parente di tua nonna. Dove andate?» gridò Marina.
«Al fiume!» rispose Davide, portando via Anita.
Arrivarono a una casa storta, inghiottita dall’erba. «Esatto, ora ricordo!» esclamò Davide.
«Sembra abbandonata», disse Anita, dubbiosa.
Mentre stavano lì, la porta si aprì piano e apparve un’anziana con un fazzoletto bianco. «Cercate me?» chiese.
«Nonna Ada?» disse forte Davide, avvicinandosi. «Sono Davide Romano, figlio di Sergio e Marina Romano.»
Ada socchiuse gli occhi, cercando di ricordare. «Entrate, ho messo l’acqua per il tè.»
Nella stretta casetta era tutto pulito. «Pensavate fosse piena di ragnatele?» sorrise Ada. «Finché posso, pulisco. Allora, ditemi il motivo della visita.»
Anita mostrò il foglio. «L’abbiamo trovato in soffitta.» Lesse la lettera ad alta voce. Davide ascoltò, e nel petto gli crebbe la sensazione che riguardasse la sua famiglia.
Ada sospirò. «Marina non è con voi, quindi non gliel’avete detto. Bene.»
Rimase a lungo in silenzio, mettendo alla prova la loro pazienzaAda fissò il soffitto e mormorò: “Elena era come un fiore strappato dal vento, e ora quel vento vi ha riportato qui perché anche voi conosceste la verità, ma ricordate, l’amore che avete è più forte di qualsiasi segreto del passato.”