Il Silenzio della Bellezza

Il Muto

Non toccarmi! Togli le mani! Aaa! Aiuto, gente! gridò a gran voce la ragazza.
Ginevra si precipitò a soccorrerla, ma scivolò nella fango, si slogò la caviglia e quasi cadde. Mentre si rialzava, la giovane fuggì via. Alessandra scrollò il cappotto beigio, imbrattato di fango, e alzò lo sguardo: un uomo molto anziano era disteso sulla strada, sepolto nella melma, cercava di alzarsi ma non riusciva. Le mani erano intere di sangue. Era lui la fonte del terrore che aveva spaventato la ragazza che urlava. Era un pomeriggio dautunno a Bologna, il cielo cupo e lacqua della pioggia ancora bagnava i ciottoli; loscurità cominciava a farsi più fitta.

Luomo emetteva dei gemiti incomprensibili, allungando le braccia insanguinate verso Alessandra. Lei si sentì a disagio.
È ubriaco! Allontanati da lui! scoppiò una donna che passava sul selciato. Con il suo ombrello piegato in pugno, la signora si mise davanti al vecchio come per difendersi. Dopo qualche passo si girò verso Alessandra.
Che ci fai qui? Hai poco da fare? Alcol roba che brucia per una bottiglia, per qualsiasi cosa sbuffò, poi sincamminò verso le case più illuminate dove brillavano i lampioni.

Dietro luomo giaceva un prato incolto, contornato da un muro di cemento con filo spinato sopra. Alessandra sapeva che oltre quel recinto si trovava il complesso di unantica fabbrica. Gli alberi di pioppo, alti e vecchi, frusciavano al vento. Ogni minuto il buio si faceva più denso.

Mmmm mmmm mormorava luomo.
Sta bene? Vuole unambulanza? chiese timidamente Alessandra, temendo di avvicinarsi troppo. Luomo scosse la testa, continuò a brontolare e a puntare con gesti vigorosi verso una sacchetta sporca accanto a lui. Era minuto, esile, quasi fragile.

Alessandra provò compassione. Ricordò la nonna, che laveva cresciuta e che, prima di morire, le aveva insegnato a non voltare le spalle alla sofferenza altrui. Poco prima di tramontare, la nonna le aveva detto: «Ora i tempi sono cambiati, non è più buona idea intervenire, potresti finire in tribunale, non sei un dottore Meglio chiamare lambulanza e stare al sicuro, perché a volte i furbetti ti tendono una trappola». Ma Alessandra pensava diversamente.

Con decisione si avvicinò alluomo e si chinò sopra di lui. Il vecchio emise un nuovo gemito, allungando le mani insanguinate verso di lei, quasi a piangere. Nella sua destra stringeva grosi frammenti di bottiglia rotti.

Le lacrime le rigarono il viso per la sua miseria. Tirò fuori dalla borsa un fazzoletto umido, gettò i frammenti nella spazzatura e cominciò a pulire delicatamente le mani del vecchio. Poi lo aiutò a rialzarsi; non fu facile, ma Alessandra ce la fece. Il ricordo della nonna, su cui aveva accudito per un anno quando fosse stata costretta a letto, affiorò di nuovo.

Grazie al Signore, ho le mani forti bisbigliò. Dove andiamo? Dove abitate?
Il vecchio mormorò ancora, appoggiandosi debolmente sulle gambe. Alessandra si chiedeva se fosse davvero ubriaco o solo incapace di parlare, come le persone che la nonna chiamava senza lingua. Decise comunque di aiutarlo: era freddo, la melma lo avvolgeva, poteva ammalarsi.

Dove vivete? ripeté, più insistentemente.
Il vecchio indicò con una mano verso le case illuminate, lontane dal crepuscolo della strada. Camminava a fatica, trascinando le gambe, curvo come una canna piegata dal vento.

Alessandra notò che il vecchio teneva stretta la stessa sacchetta sporca; dentro, a ogni passo, tintinnavano piccole bottiglie di vetro.
«Forse voleva riciclarle e si è rotto cadendo», pensò, continuando a sorreggerlo. «Forse erano già rotte, ma perché le porta con sé?»

Mentre rifletteva, raggiunsero la casa più vicina. Il vecchio, ormai più silenzioso, alzò le braccia; Alessandra capì che era il suo domicilio.

Il citofono balbettò, confusa, «non conosciamo il codice è questo lingresso giusto?».
Il vecchio mostrò con le dita numeri: tre, uno, tre, uno
Trentauno? O tredici? esitò Alessandra, ma premette i tasti. Al primo squillo, una voce femminile, agitata, rispose.
È è il nonno iniziò Alessandra, incerta su cosa dire e su quale appartamento avesse chiamato.

Sceso subito! esclamò una voce maschile, mentre il tempo sembrava rallentare. Il vecchio brontolò ancora, agitando la sacchetta; i frammenti di vetro tintinnarono.

La porta del portone si spalancò e ne uscirono una donna di circa trentanni e un uomo della stessa età.
Nonno! esclamò la donna, abbracciandolo. Grazie di cuore! Grazie!
Il marito prese delicatamente il vecchio per il braccio e lo condusse dentro.
Aspetti un attimo, signora, le tengo la porta aperta disse la donna, impedendo che si chiudesse.

Alessandra rimase lì, un po spaesata, osservando i palazzi e i piccoli negozi di alimentari al piano terra, quei luoghi che aveva sempre scorto da lontano durante le corse serali al centro sportivo lungo quella stessa via.

Ecco qui disse la donna, avvicinandosi con una busta. Delle mele. Unottima varietà, dolci e profumate. Il nonno le piantò anni fa

Non è necessario rispose Alessandra, arrossendo. Dovrebbe pulirsi le mani, forse portarlo al pronto soccorso, nel caso servano punti di sutura. Le mele, le prendo io, non ho bisogno di un regalo. Ho solo voluto aiutare un po.

Non è semplice sospirò la donna. Mi chiamo Pina, mio marito è Giovanni. Il nonno è Matteo, è un veterano della Resistenza. Ha un minuto? Posso raccontarvi perché siamo così grati.

Alessandra annuì, pronta ad ascoltare.

Matteo ha appena compiuto cento anni, è un vero eroe iniziò Pina con orgoglio. Durante la guerra fu catturato, si ferì la lingua per non parlare, e quando fu liberato linfezione gli distrusse gran parte della lingua. Da allora parla come se fosse muto.

Alessandra rimase senza parole, assimilando la storia.

Non beve più, proseguì Pina. Forse avete pensato che fosse ubriaco per il suo parlare. Un giorno, linverno scorso, è caduto sulla strada e ha trascorso ore lì, senza che nessuno lo aiutasse. Ha preso un forte raffreddore e ci è voluta una lunga cura.

Perché lo lasciate solo? chiese Alessandra.

Non lo lasciamo sorrise Pina. Lui vuole andare da solo. Lo convinciamo, ma è testardo È il mio nonno, il padre di mia madre. Viviamo nello stesso edificio da quando ci siamo sposati. Abbiamo una figlia, Marta, e un giorno la piccola si è ferita al piede cadendo su una bottiglia rotta. Da allora Matteo raccoglie i frammenti di vetro per non far ferire altri. Cammina ogni giorno, senza weekend, per tenere pulita la strada.

Ascoltando, Alessandra si rese conto di aver fatto la scelta giusta aiutando quelluomo, altrimenti tutti lo avrebbero ignorato, credendo fosse solo un ubriaco.

Stavamo per cercare il signor Matteo, temevamo per la sua salute Poi il suo telefono non rispondeva, aveva dimenticato la batteria. Quando avete suonato al citofono, siamo stati felici di ritrovarlo! esclamò Pina. Ha le stampelle e un bastone, ma rifiuta gli aiuti, perché è un vero combattente!

Alessandra pensò al proprio nonno, un veterano che aveva raggiunto Berlino, poi, in vecchiaia, aveva subito un ictus che gli aveva tolto la parola e una mano. Nonostante tutto, con la sinistra riparava il fienile, coltivava il giardino, e una volta riparò il tetto da sola, guadagnandosi una rimprovero dalla nonna.

Il ricordo di quel vecchio, che parlava a stento con parole come posc (pioggia) o lucca (cucchiaio), gli tornò in mente, così come i suoi imprecazioni colorite che la nonna lo faceva smettere di dire davanti ai bambini.

Alessandra tornò a casa, portando la busta di mele, perché non voleva deludere Pina. Il suo cuore era caldo di ricordi. Che bello quando i parenti si curano a vicenda, quando ci si preoccupa per gli altri. Per qualcuno quel vecchio ubriaco e sporco era il nonno amato, che tutti attendono a casa e per cui si preoccupano. È necessario essere più gentili e attenti gli uni con gli altri.

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