Il tuo gatto fa troppo rumore!

Il vostro gatto fa troppo rumore quando cammina

“Spegnete quel dannato aggeggio! Non riesco a dormire per colpa vostra!” si sentì gridare dietro la porta.

Poi, qualcuno cominciò a picchiare con forza e a suonare insistentemente il campanello. Beatrice trasalì e lasciò cadere il telecomando. Gabriele si rigirò nel letto, contrariato.

Nella camera ardeva appena una lucina notturna. Fuori, l’afa estiva avvolgeva tutto. Beatrice si infilò la vestaglia e andò ad aprire.

Sulla soglia c’era una donna sulla settantina, labbra sottili e uno sguardo torvo. Indossava un semplice vestito di cotone e teneva in mano un telefono.

“Mi scusi, ma chi è?” chiese Beatrice, senza aprire del tutto la porta, intimidita.
“Sono Luisa Antonietta! Abito al terzo piano. Sopra la mia finestra c’è quel vostro macchinario che sbatacchia e non mi fa dormire. Spegnetelo subito! O chiamo i carabinieri. Non si può fare questo baccano di notte!”

Beatrice cercò di dire qualcosa, ma Luisa Antonietta continuò a protestare senza tregua.

“Non capisco come si possa essere così senza cuore! Tutto il palazzo soffre per colpa vostra!”
“Ma… non è poi così rumoroso,” disse Beatrice con cautela. “Lo abbiamo acceso proprio per tenerlo al minimo, con la finestra aperta.”
“Per voi ‘non è poi così rumoroso’, ma a me fa venire il batticuore, quel trabiccolo!”
“Va bene, lo spegniamo,” si arrese Beatrice a malincuore. “Non sapevamo che desse fastidio…”
“Ora lo sapete,” tagliò corto Luisa Antonietta.

I suoi passi si allontanarono nel corridoio.

Beatrice rientrò in camera e spense il condizionatore. Aprì tutte le finestre e il balcone, ma non servì a nulla. L’afa tornò a soffocare la stanza. Gabriele si agitò a lungo, poi andò a farsi una doccia, mentre Beatrice rimase sdraiata, fissando il soffitto.
Non immaginavano che la loro prima estate in quel appartamento sarebbe stata così…

…Avevano comprato quel bilocale solo un paio di mesi prima. L’estate precedente, in affitto, era stata un incubo: catini d’acqua fredda, correnti d’aria, il ventilatore che spingeva aria rovente in tondo. Beatrice aveva firmato il mutuo con le mani tremanti, ma con la certezza che finalmente nessuno avrebbe più dettato loro come vivere.

E invece…

La mattina dopo, Beatrice incrociò in ascensore un’altra vicina, Margherita. Si erano già conosciute, e le aveva persino aiutata a riparare un rubinetto.

“Senti, Marghe,” Beatrice si appoggiò al muro, “ieri sera abbiamo acceso il condizionatore e ci sono venuti a lamentare. Ma è davvero così rumoroso?”

Margherita alzò le sopracciglia.

“Fammi indovinare. Luisa Antonietta?”

Beatrice annuì.

“Be’… si lamenta anche di noi. A volte è la televisione che fa rumore, a volte mio figlio ride troppo forte. Una volta ha detto che il nostro gatto saltava troppo rumorosamente. Ma ormai ci siamo abituati. Chiama un paio di volte al mese, e pazienza.”

Beatrice non poté fare a meno di sorridere.

“Il gatto? Seriamente?”
“Eh già,” confermò Margherita. “Ormai non accendiamo più la tv, guardiamo tutto con le cuffiette. Con mio figlio e il gatto è più complicato, capisci.”

Più tardi, Beatrice incontrò sulle scale Piero. Anche lui aveva lo stesso modello di condizionatore, installato proprio sotto la finestra della vicina suscitatrice.

“Piero, ma a te non si lamenta mai?”
“Macché! Eppure il mio fa un bel rumore. Un amico mi ha detto che è stato installato male, per cui a volte traballa. Ma a quanto pare, io le sono simpatico,” rise il vicino.
“E di noi e Gabriele si lamenta qualcuno?”
“Non che io sappia. Voi siete silenziosissimi. Niente bambini, niente trapani, nemmeno un cane.”

Le risposte dei vicini, però, non la tranquillizzarono. Riaccese il condizionatore e lo ascoltò dalla strada. A malapena si sentiva.
Allora qual era il problema? Forse non erano i decibel… Cominciava a pensare che Luisa Antonietta avesse preso di mira proprio loro, e che tutto ciò che riguardava i nuovi vicini la irritasse. O forse, semplicemente, non sopportava che qualcuno stesse bene. Gente così esiste.

Da quando Luisa Antonietta era comparsa sulla loro porta, era cominciato il loro inferno personale. Ogni sera cercavano di raffreddare la stanza il più possibile, per avere almeno mezz’ora in più con le finestre chiuse. Impostavano la sveglia alle ventidue e cinquantanove. Se ritardavano anche solo di un minuto, la vicina cominciava a battere sui termosifoni e a gridare. Se erano in ritardo di cinque minuti, bussava di persona.

Per sopravvivere all’afa, posizionarono un ventilatore vicino alla finestra. Era più rumoroso del condizionatore, ma per qualche motivo non disturbava affatto la vicina.

Chiamarono persino un tecnico, da bravi vicini. Lui controllò l’unità esterna e sistemò qualcosa.

“Ho aggiustato i supporti e messo delle guarnizioni per isolare il rumore. Ma comunque era già silenzioso. Ora fa appena un sospiro. Renderlo ancora più silenzioso sarebbe difficile, e inutile,” concluse.

Beatrice sorrise, sollevata. Sperava che ora avrebbero dormito tranquilli.

Ma dopo due giorni, alle ventitré e tre, squillò il telefono.

“Non capisco, avete il condizionatore acceso?” chiese la vicina, offesa. “Mi fanno tremare le pareti! Mi sento male, mi si è alzata la pressione!”
“Abbiamo chiamato un tecnico. Anche lui ha detto che non fa quasi rumore. Abbiamo fatto tutto il possibile…”
“Il vostro tecnico non lo sente di notte! Spegnetelo subito, o chiamo i carabinieri!”

Gabriele sospirò e lo spense. Dormirono di nuovo col ventilatore.

A poco a poco, Beatrice si accorse che neppure Luisa Antonietta era un angelo riguardo al rumore. A volte parlava al telefono così forte che si sentiva in tutto il palazzo. A volte anche di notte. La sua voce diventava un urlo.

“E ti fai chiamare figlia! Hai bisogno di me solo quando vuoi i soldi!” strillava Luisa Antonietta. “Tutti mi hanno abbandonato! Tutti!”

Beatrice cercava di non ascoltare, ma le urla erano troppo alte. Dopo quelle scene, si sentiva stranamente angosciata. Come se fosse stata trascinata in un dramma altrui.

Una notte, sdraiata sotto un lenzuolo leggero mentre il ventilatore vibrava, si ricordò di quando si addormentava col rumore del trapano o della musica dei vicini. Non altissima, ma comunque fastidiosa.

Non si erano mai lamentati dei vicini. Sapevano bene che non vivevano in una villa o in una capanna nel bosco. In un condominio bisogna accettare la presenza degli altri. Tutti danno un po’ fastidio, ma in qualche modo ci si convive.

Tutti, tranne Luisa Antonietta.

La fine di agosto fu particolarmente afosa, perciò quando i genitori di Beatrice li invitarono in campagna, non ci pensarono due volte. Lì fuori era fresco. Sì, avrebbero faticato sotto il sole a zappare l’orto, ma almeno non avrebbero pensato alla vicina petulante.

Fecero le valigie in un’ora, spensero ilMentre Beatrice e Gabriele rientravano a casa, scoprirono che Luisa Antonietta aveva finalmente deciso di trasferirsi dalla figlia, lasciando il palazzo in una pace che sembrava quasi irreale.

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