Il tuo segreto è ora il mio, e dipende solo da te a chi lo racconterò

Il tuo segreto è ora mio, e dipende solo da te a chi lo rivelerò.

Caterina tornava a casa dal supermercato, le borse della spesa le tiravano le braccia e la schiena le doleva dalla fatica. Era quasi arrivata al suo portone quando notò una sconosciuta seduta sulla panchina, come se stesse aspettando qualcuno.

“Scusi… lei è Caterina?” disse all’improvviso la donna.

Caterina si fermò, osservandola con attenzione. Non c’era nulla di familiare in quel viso.

“Sì. E lei chi è?”

“Non mi conosce, ma io so tutto di lei,” rispose la donna con tono deciso. “E sono qui per dirle una cosa… conosco il suo segreto.”

Caterina aggrottò le sopracciglia.

“Che segreto? Di cosa sta parlando?”

“Quello che riguarda sua figlia…” precisò l’indesiderata ospite, con un sorriso freddo. “Dipende solo da lei se rimarrà tale.”

Caterina strinse le maniglie delle borse così forte che le dita le diventarono bianche.

Lei e Giorgio si erano sposati per amore. Giovani, felici, con gli occhi luminosi, tra i brindisi degli invitati avevano promesso di restare insieme per sempre, nella gioia e nel dolore. Gli anni passavano, lavoravano, costruivano un piccolo ma accogliente mondo a due. Ma i bambini non arrivavano. Aspettarono, poi fecero controlli. Nessuna diagnosi precisa, i medici alzavano le spalle: “A volte una coppia aspetta dieci anni, e poi… un miracolo.”

Ma il miracolo non arrivava. E un giorno, quasi nello stesso istante, pronunciarono quella parola: “adottare”.

Andarono all’orfanotrofio tre volte. La prima per guardarsi intorno. Poi la videro: una bambina dagli occhi azzurri e i capelli ricci, con uno sguardo pieno di fiducia. Sofia aveva appena un anno e qualche mese. La madre naturale l’aveva abbandonata in ospedale ed era stata privata della patria potestà.

“È piccolissima. Non ricorderà nulla, tranne noi,” diceva Caterina. “Crescerà credendo che siamo i suoi veri genitori.”

Tra documenti, visite, preoccupazioni e notti insonni, alla fine Sofia diventò la loro figlia. Amata. Desiderata. Loro. I parenti si stupivano: “Quanto somiglia a Caterina! Stessi capelli biondi, gli stessi occhi!” E Giorgio sorrideva, commosso: persino nell’aspetto, il destino aveva regalato loro una coincidenza perfetta.

Sofia cresceva intelligente, curiosa, affettuosa. Scuola, primi dieci, il primo mazzo di fiori per la maestra, le prime domande…

Ma la domanda che Caterina e Giorgio temevano di più arrivò presto, e all’improvviso.

“Mamma, papà, è vero che non sono vostra figlia? Che mi avete presa dall’orfanotrofio?”

Lo disse con calma, ma nella voce c’era una vibrazione di dolore. Giulia, una compagna di classe, gliel’aveva riferito. Aveva sentito sua madre parlare con la vicina.

I genitori si scambiarono un’occhiata. Quella sera, Giorgio parlò con calma, misurato. Teneva Sofia per le spalle e le raccontò di quando l’avevano vista per la prima volta, di come se ne erano innamorati subito. Di quanto desideravano darle una casa. Una famiglia. Amore. E della promessa fatta tra loro: mai nascondere la verità, ma dirgliela quando sarebbe stata pronta.

Sofia ascoltò. Niente lacrime, niente scenate. Solo un tranquillo:

“Va bene. Siete comunque la mia mamma e il mio papà.”

Da quella notte, l’argomento non fu più tirato fuori. Caterina e Giorgio tirarono un sospiro di sollievo: la loro bambina era forte, buona, matura per la sua età.

Quando Sofia compì quindici anni, accadde un altro miracolo: Caterina scoprì di essere incinta.

“Giorgio, ho una notizia che ti sorprenderà…” gli disse quando tornò dal lavoro.

“Hai comprato di nuovo fiori senza motivo?”

“Abbiamo un bebè in arrivo.”

Lui non ci credette all’inizio. Chiese conferma, si prese la testa tra le mani. Poi la abbracciò e pianse. E per la prima volta dopo tanti anni, le disse:

“Grazie, Caterina. Per tutto.”

Sofia, quando lo seppe, sorrise:

“Voglio un fratellino. Solo non pestifero come Giulia.”

Caterina partorì un maschietto. La famiglia era completa. E la felicità sembrava essersi installata in casa per sempre. Sofia si iscrisse all’università, il piccolo iniziò le elementari, Caterina e Giorgio lavoravano, vivevano, gioivano.

E poi arrivò lei: la madre naturale di Sofia.

Un giorno, Caterina tornava con la spesa e la incontrò davanti al portone.

“Di’ a tuo marito che se non mi date dei soldi, rivelerò tutto a vostra figlia,” sibilò la donna, senza nascondere il disprezzo. “So dove studia. So tutto.”

Caterina tornò a casa pallida. Raccontò tutto a Giorgio.

“Non le dobbiamo nulla,” disse lui. “Ma Sofia non deve vederla. Non così. Non adesso.”

Ripensarono alla promessa che si erano fatti: dire a Sofia tutta la verità, al momento giusto. Ma gliel’avevano già detto, no? L’avevano confessato.

“Ma era piccola,” disse Caterina. “Ora Sofia è grande. Dobbiamo avvertirla.”

Quando Sofia tornò per le vacanze, si fecero coraggio.

“Piccola… sai di essere stata adottata. Ma hai una madre naturale. Vogliamo che tu sappia… potrebbe farsi viva. Non vogliamo che lo scopra da altri. Ma noi siamo qui. Siamo i tuoi genitori. Sempre.”

Sofia li guardò a lungo, poi sorrise:

“Mamma, papà. Ricordatevi: per me non ci sono altri genitori. E se dovesse arrivare, le dirò solo che ho già una famiglia. Quella vera.”

Sia Caterina che Giorgio la guardarono con ammirazione e stupore. Pensavano che tutta quella bontà venisse da chissà dove. Dal carattere. Dalla natura. Ma in realtà, Sofia era diventata così… grazie a loro.

Grazie all’amore, alla sincerità e a una cura autentica.

E nessun “segreto” avrebbe più avuto potere sulle loro vite.

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