«Mamma, ma davvero stai sempre a casa senza fare niente…»
«Mamma, andiamo a giocare con le macchinine, me l’hai promesso…» ripeté per l’ennesima volta il piccolo Leonardo, di cinque anni, affacciandosi in cucina con quegli occhioni imploranti.
Beatrice lo guardò, poi abbassò lo sguardo sulla pila di piatti sporchi e sul pollo crudo che aspettava paziente sul tagliere. Tornò a fissare il bambino, che la osservava in silenzio, in attesa di una risposta che non fosse un altro «dopo».
«Leo, aspetta ancora un pochino, mamma arriva, va bene?» Sospirò, le parole le uscirono a fatica, perché sapeva bene che quel «dopo» non sarebbe mai arrivato.
«Ecco, sempre così! Poi non vieni mai! Non voglio giocare da solo!» urlò il piccolo, scoppiando in lacrime prima di correre via.
Le urla del fratello svegliarono la piccola Sofia, che subito si mise a piangere. Beatrice si sedette, si prese la testa tra le mani come per bloccare quel caos. Chiuse gli occhi.
…Aveva sempre desiderato dei figli, li amava più di ogni cosa. Ma in quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa per essere da sola, lontana da pulizie infinite, pannolini, logopedista, passeggiate, cene, storie della buonanotte.
Certo, molte mamme vivevano così, ma almeno avevano nonni che aiutavano, mariti presenti. Lei no. I suoi genitori erano lontani, a mille chilometri, la suocera troppo presa dal lavoro e dalla sua vita per i nipoti. E suo marito, Matteo, rientrava sempre a tarda sera, quando i bambini erano già a letto. Mangiava in fretta, si chiudeva davanti alla tv o al computer. Mai una mano. E ultimamente, tra loro, l’aria era tesa, dolorosa.
«Mammaaaa…» chiamò sottovoce Sofia, ormai sveglia del tutto.
«Arrivo, amore!» rispose Beatrice, trascinandosi in camera.
Si occupò dei bambini, pulì un po’, poi portò Leonardo dal logopedista. Mentre lui era lì, lei e Sofia passeggiarono al parco.
Tornarono a casa verso sera. Bagnetto, cena per i bambini. Lei non mangiò, solo un caffè ingoiato in fretta. Guardò di nuovo il pollo e decise: «Non faccio in tempo». Preparò degli gnocchi surgelati per Matteo.
Lui arrivò verso le nove, come al solito di malumore.
«Sono a casa! E nessuno che mi saluta?» borbottò dall’ingresso.
«Matteo, per favore, non alzare la voce, Sofia sta dormendo…» Lei sforzò un tono dolce, per non peggiorare le cose.
«Che accoglienza! Arrivo e trovo solo silenzio!» sbuffò, dirigendosi in bagno.
Beatrice mise in tavola gli gnocchi, un po’ di prezzemolo, la panna acida. Scaldò l’acqua per il tè, tagliò il pane.
«Bé, altro cibo pronto? Ormai mangerò solo schifezze finché non finiscono?» disse lui, acido.
«Matteo, stasera gnocchi, domani pollo, come ti ho detto…» rispose lei, già in colpa.
«Basta! Li ho mangiati lunedì e oggi di nuovo!» si lamentò, iniziando a trangugiare il cibo.
Non le chiese neanche se avesse mangiato. Ultimamente sembrava non vederla più.
«Matteo, lascia stare il telefono un attimo. Come è andata oggi?»
«Sempre uguale. Sono stanco morto e tu vuoi parlarne pure a casa?» tagliò corto, senza alzare lo sguardo.
«Allora buon appetito, vado a controllare i bambini.»
«Vai.»
Beatrice li sistemò, spense la luce e tornò in cucina.
«Vado a dormire.» disse lui, alzandosi senza guardarla.
«Buonanotte.» sussurrò lei al vuoto.
Una volta, lui la baciava prima di dormire, le augurava sogni d’oro. Parlavano fino a tardi, dopo aver messo a letto Leonardo, bevendo tè caldo in cucina. Poi guardavano un film insieme.
Quei momenti erano solo un ricordo. Ora Matteo era sempre chiuso nel suo mondo. E lei, dopo la nascita di Sofia, era stanca. Avevano sperato di mandare Leonardo all’asilo, ma non c’erano posti nel gruppo di logopedia, così lo tenevano a casa con lezioni private.
Beatrice guardò l’orologio. Le 22:30! Doveva sparecchiare, lavarsi e coricarsi.
Entrò in camera verso mezzanotte. Matteo russava. Un messaggio arrivò sul suo telefono.
«Chi scrive a quest’ora?» pensò, ma non ci fece caso.
Dopo un attimo, la sveglia suonò.
«Sono già le 5:30? Ma non ho dormito!» Si alzò, infilò la vestaglia e corse in bagno.
Si preparò un caffè per svegliarsi e iniziò la colazione. Matteo si svegliò alle 6.
«Ancora porridge e toast?!» brontolò, appena messo piede in cucina.
«Buongiorno, Matteo.»
«Mia madre mi faceva i pancakes la mattina! Con te solo robaccia!»
«Non ho tempo nei giorni feriali… E poi il fritto non fa bene. Il porridge è sano per te e per Leo.»
«Certo! Io dovrei soffocarmi con questa pappetta! Almeno una frittata!»
«Matteo, non gridare, svegli i bambini. E poi, ho dimenticato di comprare le uova.»
«Che moglie sei? Dimentichi, non fai in tempo, non riesci! Stai a casa tutto il giorno e non combini nulla! Mamma ha ragione, con te…»
La frase morì lì, perché Sofia iniziò a piangere.
«Tua madre ti mette contro di me!» sbottò Beatrice.
«Lascia stare mia madre! Occupati dei bambini!» urlò lui, spingendo la sedia e uscendo.
Mentre lei era in camera dei bambini, Matteo se ne andò senza salutare. La porta sbatteva ancora quando Beatrice sentì il tonfo.
Si pentì subito della lite. La situazione era già tesa, e queste piccole scaramucce peggioravano tutto. La giornata proseguì come al solito: colazione, pulizie, pranzo.
Dopo il riposo pomeridiano, uscirono.
«Mamma, andiamo ai giardinetti con le altalene!» propose Leonardo.
«Va bene!» rispose lei.
Arrivati, una voce la chiamò:
«Bea! Quanto tempo!»
«Oh, Giulia! Ciao! Come sei cresciuto!» accarezzò il figlio dell’amica.
«Voi pure! Ma sei dimagrita… stai bene?»
«Sì, solo tante cose da fare…»
«Ascolta, devi prenderti del tempo per te. Matteo non ti aiuta? Io coinvolgo sempre Marco coi bambini!» rise Giulia.
«Lui lavora fino a tardi…»
«E allora? Anche Marco lavora! Dai, vieni con noi al centro commerciale, hanno aperto una nuova area giochi!»
«No, grazie… Non ho nemmeno portato soldi. E poi, risparmiamo, Matteo vuole cambiare auto…»
«Ma se l’ha appena comprata! L’altro giorno l’ho visto parcheggiare qui… Compra macchine ma non porta i figli a divertirsi?»
Beatrice tacque. Aveva ragione.
«Dai, vieni! Offriamo noi!» insisté Giulia.
Andarono al centro commerciale. I bambini giocarono, mentre loro presero un caffè.
«Bea, sei nervosMentre sorseggiavano il caffè, Giulia si accorse di qualcosa e all’improvviso trattenne il respiro: “Bea… quella non è tua suocera con Matteo?” e Beatrice, voltandosi, vide lui abbracciare una ragazza nel negozio di fronte, sentendosi il cuore spezzarsi in mille pezzi mentre le lacrime le scendevano silenziose sul viso.