In vacanza con i parenti sfacciati: mettere le cose in chiaro
Da due settimane sopporto, Simo! Due settimane in questa topaia che loro chiamano albergo.
Ma perché, ti chiedo, abbiamo accettato?
Perché lha chiesto la mamma. A Ninetta serve riposo, Ninetta ha avuto una vita dura, disse mio fratello, imitando la voce della mamma.
Che poi non si può dire che la zia Ninetta abbia avuto una gran fortuna, ma provar pena per lei, io, Claudia, proprio non ci riesco.
Ninetta, sorella di mamma da parte di madre, è sempre stata la cugina povera, quella a cui tutti dovevano qualcosa.
La valigia si rifiutava di chiudersi. Con rabbia mi ci sedetti sopra, cercando di forzare la chiusura, ma la cerniera si apriva ancora, lasciando uscire langolo di un telo da mare.
Oltre la parete sottile, che in questo squallido bed & breakfast chiamavano pomposamente muro, si sentiva urlare Tommaso, il figlio di sei anni di Ninetta.
La pappa non la voglio! Voglio le crocchette di pollo! strillava come se lo torturassero.
Poi si udì un tonfo, il tintinnio dei piatti e la voce stanca e rauca di Ninetta stessa:
Su, amore, mangia un cucchiaino per la mamma.
Veronica, vai al supermercato e prendi per il bambino quelle crocchette, senti come piange.
Io ho le gambe che non mi reggono più, sono distrutta.
Rimasi a metà, con le mani strette attorno alla cerniera della valigia. Veronica! E la mamma ovviamente scatta!
Mio fratello Simone sedeva sprofondato sulla sola sedia a tre gambe della nostra stanza minuscola, fisso sul cellulare, senza nemmeno tentare di fare le valigie; la sua roba era ancora ammucchiata in un angolo.
Senti anche tu? gli chiesi piano, indicando il muro. Sta di nuovo dando ordini alla mamma.
Veronica, porta, Veronica, passa E la mamma che subito si precipita.
Non te la prendere, borbottò Simone senza staccare gli occhi dal telefono. Domani si torna a casa.
Mi sedetti sul letto e le molle gemettero tristemente.
La storia di zia Ninetta non era certo da invidiare, ma io, Claudia, ancora non riuscivo proprio a dispiacermi per lei.
Da sempre «la cugina povera», convinta che tutti le dovessero qualcosa.
Il primo figlio laveva perso da piccolissimo una tragedia di cui in famiglia si parlava solo sottovoce.
Poi il marito, con il vizio pesante del bere, se ne era andato anzitempo qualche anno fa.
Ninetta cresceva due figli avuti da uomini diversi e quella strana allegria viveva tutta nellappartamento della nonna. Lì viveva anche lennesimo uomo dei sogni, lottavo se non sbaglio.
Il lavoro non le piaceva, convinta che il suo compito fosse abbellire il mondo e patire, mentre a mantenere la festa ci dovevano pensare gli altri. Specialmente la mamma, Veronica, dato che, secondo la sorella, soldi ne aveva da buttare via.
Mi affacciai alla finestra.
La vista era magnifica: cassonetti e un muro di pollaio accanto.
Questa vacanza era stata proprio unidea della mamma. Facciamo tutti insieme, come una vera famiglia, dobbiamo aiutare Ninetta a svagarsi.
Aiutare voleva dire che Veronica aveva pagato quasi tutti i pacchetti, comprava la spesa e cucinava per tutti, mentre Ninetta e la sua nuova amica una certa Lara, conosciuta a bordo piscina per la comune passione per il dolce far niente stavano sdraiate al sole senza fare nulla.
Preparati, dissi a Simone. Stasera si va al ristorante. Cena daddio.
***
Naturalmente il ristorante non labbiamo scelto noi.
Ninetta aveva detto chiaramente che voleva mangiare qualcosa di costoso.
Il locale dava sul lungomare. Dovettero unire due tavoli per tutta la tribù, come la chiamavo nella mia testa.
Ninetta, in un abito lucido ormai a rischio scoppio, era seduta a capotavola, fianco a fianco con linseparabile Lara, donna grossa e chiassosa, coi capelli arancioni ossigenati.
Cameriere! gridò Ninetta senza nemmeno guardare il menù. Ci porti il meglio che ha! Spiedini misti, insalate, e una bella caraffa di quel rosso lì!
La mamma, Veronica, era in fondo al tavolo, timida, il viso stanco.
Non si era riposata neppure un minuto: un momento il piccolo Tommaso faceva i capricci, il momento dopo Ninetta aveva un malore, poi Aline si lamentava che si annoiava.
Mamma, prenditi il pesce, lo volevi, suggerii a bassa voce.
Ma scherzi? Costa troppo rispose lei. Mi basta uninsalata. Lascio il meglio a Ninetta, ha tanto sofferto questanno.
Mi arrabbiai dentro. Ha tanto sofferto, certo! E Tommaso, il piccolo despota di sei anni, intanto batteva il cucchiaio sul piatto.
Dammi! ordinava, bocca aperta, senza staccare gli occhi dal tablet.
E Ninetta, trascurando Lara, gli infilava purea di patate in bocca.
Sei il mio tesoro, cinguettava. Mangia, fai il pieno di energie.
Ha sei anni, non riuscii a trattenermi, non può mangiare da solo?
Scese il silenzio. Ninetta si voltò piano.
E tu chi ti credi di essere, cara nipotina? sibilò. Fatti una famiglia, poi educa. Mio figlio è sensibile! Ha bisogno di attenzioni!
Ha bisogno di regole, non del tablet a tavola, ribattei. Strilla come un matto ogni volta che qualcosa non gli sta bene. State crescendo solo un egocentrico.
Ma senti questa! intervenne Lara, alzando le mani Ma chi credi di essere, la grande psicologa? Vuoi insegnare a vivere alle persone che hanno visto il mondo, tu che vivi ancora con la mamma?
Claudia, basta, sussurrò mia madre, tirandomi per la manica. Non rovinare la serata.
La cena sembrava non finire mai. Ninetta e Lara continuavano a parlare a voce alta di uomini, dei vicini di stanza e delle tristi sorti delle donne difficili.
Aline era persa nel telefono, lanciando sguardi schifati ai genitori. Tommaso a intervalli regolari cominciava a urlare per il dessert, così finiva sempre per ricevere la coppa più grande di gelato.
Quando portarono il conto, Ninetta sospirò teatralmente:
Oddio, il portafoglio, lho lasciato in stanza! Veronica, paghi tu? Te li do subito appena torniamo.
Tanto non glieli darai mai, pensai, guardando la mamma che, senza fiatare, tirava fuori la carta.
E tutto come sempre.
***
Rientrammo nel bed & breakfast a notte fonda. Andai subito a farmi la doccia per lavarmi di dosso quella serata appiccicosa.
Lacqua scendeva ora gelida ora rovente.
Uscendo, mi avviai verso la stanza, ma mi fermai vicino alla porta della cucina, rimasta socchiusa. Da dentro arrivavano sussurri accesi.
Hai visto che saccente? si lamentava Lara. Sta lì con la sua faccia da schifo. Non sa mangiare da solo
Ma che te ne importa, ragazzina? Non sai nulla della vita!
Senza di te, Veronica, manco avrebbe fatto la villeggiante, altro che storie. Si atteggia, ma è vuota, non ha un ragazzo, niente cervello, solo spocchia.
Trattenni il respiro.
Il cuore mi batteva in gola, mi facevano male anche le orecchie. Aspettavo che mia madre battesse il pugno sul tavolo.
Che dicesse: Basta, Lara, non ti permettere di parlare così di mia figlia! Che almeno uscisse da quella cucina.
Ma sentii solo un sospiro pesante di Ninetta e la sua voce lagnosa:
Hai ragione, Lara, è dura quella ragazzina, proprio dura. Sarà che dalla famiglia del padre son tutti così arroganti. Non come i miei. Aline almeno è buona dentro, gentile. Claudia ci guarda come fossimo sporcizia. Mi nausea starle accanto.
Veronica, lhai viziata! la rincarò Lara. Un bel calcione doveva prenderlo subito. Ora si sente una regina e non rispetta nemmeno sua madre. Io lavrei già cacciata di casa!
Mi appoggiai con la fronte allo stipite. Mia mamma taceva.
Se ne stava lì con quelle due, a bere tè (o forse qualcosa di più forte, visto la puzza che usciva dalla porta) e ascoltava la figlia parlar male di me.
A quel punto, di scatto, spalancai la porta con un tonfo.
Silenzio.
Le tre erano al tavolo di plastica, ancora pieno di resti di cena e confezioni vuote.
Ninetta con labito ormai rotto sotto lascella, Lara col viso rosso e sudato, la mamma subito rimpicciolita nella sedia.
Quindi sono una ragazzina vuota, eh? la mia voce era ferma, glaciale.
E tu, zia Ninetta, la buona dellanima eh?
Ninetta sobbalzò, strabuzzando gli occhi. Lara si alzò, imponente come una montagna.
Ti piace origliare, monella? Vuoi sentire le cose dalla fonte? ringhiò.
Non origliavo, risposi, urlate così tanto che vi si sente da Rimini!
Zia Ninetta, ti viene il nodo in gola, vero? Però lo stesso pezzo di pane quando te lo ha pagato la mamma al ristorante scendeva giù bene?
Sei uningrata! urlò Ninetta paonazza. Noi con tutti i sentimenti, tu snobbi! Io potrei essere tua madre e tu mi rinfacci il pane!
Vattene, tieniti i tuoi soldi!
Non rimprovero i soldi, ma la faccia tosta! mi sfogai. Sei anni che stai sulle spalle della mamma!
Un marito, due, poi le solite malattie inventate!
La mamma sgobba come una matta per regalarti queste ferie e tu la sparli dietro! Tua figlia, Aline, maleducata, sputa e ti calpesta e poi sei tu che dai lezioni di morale a me?
E tuo figlio, capriccioso manipolatore, a cui non dici mai di no?
Ninetta mi fissava in silenzio, incapace di ribattere.
Claudia! sussultò la mamma, saltando su. Ora basta! In camera!
No, mamma. Non vado. La fissai, piena di dolore. Tu stai qui a sentire questa sconosciuta che insulta tua figlia e non la fermi. Lo permetti?
Lara spinse la sedia e minacciò di venirmi addosso, chiudendo i pugni.
Ci penso io a insegnarti rispetto…
Alzò la mano, pronta a colpirmi.
Non ebbi neanche paura; istintivamente indietreggiai, ma il colpo non arrivò Simone le afferrò il braccio al volo.
Provaci, disse a bassa voce. Ma siete tutte impazzite? Zia Ninetta, prepara le valige, andiamo via.
Andiamo? strillò Ninetta isterica. Io non me ne vado! Mancano ancora due giorni di vacanza!
Veronica! I tuoi figli son fuori di testa! Si scagliano contro la gente!
E finalmente la mamma trovò la voce. Si avvicinò, mi prese per le spalle e mi scosse.
Perché lo fai?! piangeva. Perché sei uscita? Dovevi startene in camera!
Hai rovinato tutto! Siamo una famiglia! Non ti vergogni a fare una scenata davanti a tutti?
Tirai via le sue mani, calma.
Io non mi vergogno, mamma, dissi piano. Dovresti vergognarti tu, per come lasci che ci trattino.
Mi voltai e uscii. Simone mi seguì senza dire parola.
Preparammo le valigie in silenzio. Dalla stanza accanto Ninetta piangeva a squarciagola lamentandosi della sua disgrazia, mentre Lara ci copriva di insulti. Aline, svegliata dalla confusione, protestava perché non la lasciavamo dormire.
Non possiamo andare subito adesso, commentò Simone chiudendo la sacca. Cè solo il primo autobus allalba.
Non mi interessa, buttai tutto nel sacco. Meglio ore alla stazione che un altro minuto qui dentro.
La mamma?
Mi fermai con una maglietta in mano.
La mamma ha fatto la sua scelta. È rimasta là, in cucina, a consolare la sorella.
***
Da allora, io e la mamma non ci parliamo più. Neanche Simone non abbiamo mai perdonato la mamma.
Veronica ci ha chiamato varie volte, dice che ci perdonerà solo se chiediamo scusa a Ninetta, ma sia io che Simone abbiamo deciso che di un certo tipo di perdono sappiamo fare a meno.
Ne abbiamo avuto abbastanza.
Se la mamma vuole continuare a stare dietro la sorella, affari suoi. Noi stiamo benissimo anche senza parenti invadenti.






