«L’hai incontrata prima tu, vai con lei,» disse Luca al cane. «Mi mancherai.»
Il treno regionale rallentò. La gente nel vagone si era già accalcata vicino alle porte. Fuori, sotto i lampioni accecanti, le figure sulla banchina scivolavano sempre più lente. Infine, il treno sobbalzò un paio di volte e si fermò. Le porte si aprirono con un rumore secco, e i passeggeri, carichi di borse e buste della spesa, si riversarono sulla banchina sporca e calpestata di una piccola stazione della periferia romana.
Chiacchierando e stirando le gambe intorpidite, la folla si diresse verso le scale. Luca uscì per ultimo. Nessuno lo stava aspettando. Non aveva fretta di tornare al suo squallido monolocale in affitto, dove andava solo per dormire.
Qualche mese prima si era lasciato con la moglie, lasciandole l’appartamento insieme alla loro bambina appena nata. Lui si era trasferito in periferia, in un posto più economico.
Aveva conosciuto una ragazza, erano usciti per un po’, poi si erano lasciati di comune accordo. Ma tre mesi dopo, lei era comparsa davanti alla sua porta con un evidente rigonfiamento, annunciandogli la gravidanza. Luca le aveva proposto di sposarsi. Quattro mesi dopo, era nata una bambina sana.
Tra le lacrime, la moglie aveva ammesso di aver avuto una storia con un altro uomo prima di lui, che l’aveva lasciata non appena scoperto della gravidanza. Poi era arrivato Luca, il ripiego. Senza alternative, rifiutandosi di tornare nel suo paesino natale.
Cacciarla in strada? Luca non ne ebbe il coraggio. Se ne andò lui, chiese il divorzio.
Ora lavorava praticamente senza giorni liberi, risparmiando per comprare un nuovo appartamento. Un amico gli aveva offerto un posto nella sua squadra di muratori. Facevano lavori di ristrutturazione in case e ville.
Luca scendeva lentamente le scale illuminate da un lampione. In fondo, notò un cane fulvo. L’animale lo fissò, poi guardò verso la banchina.
«Non c’è più nessuno lassù. Il tuo padrone non è arrivato? Pazienza, forse sarà sul prossimo treno,» disse Luca, allontanandosi.
Dopo qualche passo, si voltò. Il cane era salito sulla banchina, scrutando l’orizzonte. Il rumore del treno in partenza si fece più distante. Il cane guaì, seguendo il convoglio con lo sguardo, poi scese le scale e corse verso Luca, sedendosi di fronte a lui con un’espressione interrogativa.
«Che vuoi fare, eh? Aspetti il prossimo treno o vieni con me? Non te lo chiederò due volte.» Luca si girò e si avviò, senza voltarsi.
Il cane lo osservò per un attimo, esitante, poi si mise a seguirlo. Prima restò indietro, poi si accostò al suo fianco.
«Cos’è, solo ti pesa? Ti capisco. Di chi sei? Non ti ho mai visto qui. Ma in fondo, neanch’io ci sto da molto…»
Il cane trotterellava al suo fianco, ascoltando. Arrivarono così a un palazzo di mattoni a quattro piani, dove Luca abitava. Davanti al portone, il cane si fermò.
«Dai, entra.» Luca spalancò la porta. «Deciditi, che ho una fame da lupi e voglia di dormire.» Entrò, ma tenne la porta aperta.
Il cane salì lentamente i gradini, superando Luca. «Eh, con te non è facile, eh?» rise lui, lasciando andare la porta.
Si ritrovarono in un androne semibuio, illuminato da una fioca lampadina.
«Forza, terzo piano. Scusa, non c’è l’ascensore,» scherzò Luca.
Il cane saltellò su per le scale, aspettandolo sui pianerottoli. Arrivati al terzo, Luca tirò fuori le chiavi.
«Eccoci. Qui abito io.» Aprì la porta, entrò per primo e accese la luce. «Avanti, non ti prego due volte.»
Il cane esitò un istante, poi, con dignità canina, varcò la soglia e si sedette vicino all’attaccapanni.
«Educato. Ti rispetto. Ma visto che sei qui, accomodati pure, datti un’occhiata.» Luca si spogliava parlando. Spense la luce nell’ingresso e andò in cucina, lasciando lo zaino sul tavolino.
Il cane si sdraiò per terra, le orecchie tese al minimo rumore. Quando sentì il tintinnio delle stoviglie e l’odore del cibo riscaldato, deglutì, si alzò e si avviò verso il profumo di pasta al sugo.
«Ecco qua.» Luca prese un piatto fondo dal lavello, vi mise dentro il cibo e lo posò per terra.
Il cane si avvicinò, annusando. In un attimo, il piatto fu pulito a specchio. L’animale lo fissò.
«Scusa, non ho altro. Non mi aspettavo ospiti.» Notando il suo sguardo verso il rubinetto, Luca capì. «Vedi, non ho mai avuto un cane.» Prese il piatto. «Bravo, non serve neanche lavarlo.» Lo sciacquò e lo riempì d’acqua. Il cane bevve avidamente, schizzando gocce tutt’intorno.
Più tardi, Luca era sul divano a guardare la TV. Il cane si era accoccolato ai suoi piedi, ma sobbalzava al minimo rumore.
«Rilassati, riposa,» disse Luca, spegnendo la TV.
Sul punto di addormentarsi, sbadigliò e si alzò. Il cane balzò in piedi.
«Scusa, devo aprire il divano-letto.»
Il cane, come se avesse capito, si spostò, i suoi artigli scricchiolando sul pavimento.
«Ma dove hai imparato a essere così furbo? Dimmi almeno come ti chiami.» Luca lo osservò con approvazione.
Quando il letto fu pronto, il cane tornò nell’ingresso.
«Ehi, puoi dormire qui, non mi dà fastidio,» gli gridò Luca, ma l’animale non tornò indietro. «Come vuoi.» Si strinse nelle spalle e spense la luce.
Nel sonno, sentiva rumori, sospiri e raspate. Con fatica aprì gli occhi. La luce del mattino lo accecò. Dall’ingresso, altri rumori. Si ricordò del cane. Uscì in mutande: l’animale era seduto davanti alla porta.
«Ah, sei tu. Scusa, mi ero dimenticato di te. Sai la strada?» Aprì la porta, e il cane corse giù per le scale.
«La porta,» pensò Luca. Stava per seguirlo, ma sentì il portone sbattere.
Dopo la doccia, preparò panini per due, mise l’acqua sul fuoco per il tè, indossò la giacca e scese in ciabatte. Il cane aspettava davanti al portone.
«Avanti,» fece Luca con un cenno del capo.
Il cane non esitò. Entrò e lo aspettò davanti alla porta di casa.
Questa volta, andò direttamente in cucina e divorò i panini sul piatto. Uscirono insieme, camminando fianco a fianco fino alla stazione.
«Vai pure. Io devo lavorare. Mi verrai a prendere? Se no, non offenderti.» Luca gli grattò la testa tra le orecchie e attraversò il sottopassaggio.
Quella sera, scese dall’ultimo vagone, chiedendosi se il cane l’avrebbe aspettato o se avesse trovato il suo padrone. L’animale era di nuovo lì, vicino alle scale, osservando i passeggeri. Al vedere Luca, si alzò, scCamminarono insieme verso casa, il cane che correva avanti e indietro, felice di aver unito due solitudini che forse non si sarebbero mai incontrate senza di lui.