**L’Incontro delle Anime**
Nella seconda elementare, Michele cambiò scuola e si trasferì in un altro paese. Una sera, sentì il padre parlare con la madre:
“Vera, ho ricevuto una lettera da Marco, il mio amico dell’esercito. Ti ricordi quando ti raccontai di come mi portò in spalla dopo che mi ruppi una gamba durante un’esercitazione?”
“E allora?” chiese la moglie Elena, mentre lui restava in silenzio per creare suspense. “Giorgio, perché taci? Continua!”
“E allora, questo Marco ci propone di trasferirci nel suo paese. Scrive che vivono bene. Io sono meccanico, e lì cercano specialisti, e tu sei veterinaria, quindi troveresti lavoro anche tu. Qui il presidente della cooperativa non si preoccupa di niente, si beve tutto e lascia che tutto vada in malora.”
“Magari è meglio così,” sospirò Elena. “Anch’io sono stanca di litigare con lui.”
Si trasferirono. In seconda elementare, Michele fu messo allo stesso banco di Luca, un ragazzino vivace con i capelli scuri e lentiggini sul naso. Diventarono subito amici. Davanti a lui sedeva Bianca, una biondina con riccioli sulle tempie e una lunga coda di cavallo. Era la vicina di Luca, e andavano sempre a scuola insieme. Luca la proteggeva e diceva spesso a Michele:
“Bianca sarà mia moglie quando saremo grandi.” E l’amico rideva: “Ma quando mai!”
Ma ogni giorno Luca le prendeva lo zaino, e i tre tornavano a casa insieme. A Michele piaceva vivere in quel paese. Diventò amico di tutti, faceva i compiti rapidamente e poi correva fuori a giocare con gli altri bambini.
Passarono tre anni. Poi accadde l’impensabile: la madre di Michele si ammalò e morì. Il ragazzo si chiuse nel dolore, piangendo in un angolo.
“Come farò senza di lei?” pensava, devastato.
Sepolsero Elena, e Giorgio rimase solo con il figlio. Senza la madre, tutto era diverso. Michele soffriva, e il padre, stanco dopo il lavoro, cucinava solo pasti scialbi e non aveva tempo per controllare i compiti del figlio.
Sei mesi dopo, Giorgio portò a casa una nuova moglie, una donna del paese vicino.
“Ecco, Michele, questa è Silvia. Ora vivrà con noi. Devi ascoltarla.”
A Michele non piaceva. Anche Luca e Bianca lo compativano.
“La mia mamma dice che la tua matrigna è cattiva,” sussurrò Bianca. “Ho sentito che nessuno nel suo paese la voleva sposare, ma tuo padre se ne è innamorato senza conoscerla bene.”
“Ma dai, Bianca, forse sono solo chiacchiere,” intervenne Luca, ma Michele sapeva già che non avrebbe mai amato Silvia come aveva amato sua madre.
“Vediamo come va,” rispose con maturità, e i due amici lo guardarono stupiti.
La gente del paese chiacchierò un po’, poi smise. Silvia ignorava Michele, non aveva figli suoi e non si interessava a lui. Ma poi nacque il piccolo Paolo, e tutta l’attenzione andò a lui. Michele si sentì invisibile, di troppo. Una sera sentì Silvia lamentarsi con suo padre:
“Giorgio, è troppo pesante con due bambini. Michele è svogliato, non aiuta e ora risponde pure male.” Non era vero, ma il padre credette a ogni parola.
“Portalo da sua nonna, non ce la faccio più con lui.”
Così, Michele fu mandato dalla nonna, Anna, la madre di Elena. Fu straziante lasciare Luca e Bianca. Si promisero di scriversi, ma dopo qualche lettera, il contatto si perse.
La nonna Anna lo amava profondamente. Nelle vicinanze viveva la famiglia di Antonio, con la moglie Marina e la figlia Caterina, più giovane di Michele di cinque anni. Caterina si affezionò subito a lui. Marina era stata amica di Elena e trattava Michele con affetto. Antonio gli insegnò a lavorare il legno e a riparare macchine, e Michele divenne abile con le mani.
Gli anni passarono. Michele si iscrisse al politecnico, studiò bene e tornò a trovare la nonna in vacanza. Un giorno, dopo la laurea, incontrò Caterina, ormai cresciuta, e il cuore gli batté forte.
“Caterina! Sei diventata una donna bellissima!” La sollevò ridendo.
“Ti prego, non farmi cadere!” rise Marina.
Quella sera camminarono a lungo sotto le stelle, e Michele capì che Caterina era la sua vita. Non aveva mai provato niente di simile.
Ma la nonna invecchiava. Un giorno gli diede una lettera di suo padre, che lo invitava al matrimonio del fratellastro.
“Finalmente si è ricordato di me,” borbottò. “Ma non importa, ci andrò.”
L’autobus lo lasciò nel paese. Camminando, una bambina gli si avvicinò:
“Signore, chi cerca?”
“Il signor Giorgio.”
“Ah, è per il matrimonio! Io sono Paola, e mio papà si chiama Luca!”
“Luca?” Michele sorrise. Camminarono insieme, e quando entrò in casa, vide Bianca.
“Bianca!” gridò, e lei lo abbracciò forte.
“Non sapevo che vi foste sposati!” ridacchiò. “E questa è vostra figlia? Bellissima!”
Luca entrò, dapprima diffidente, poi lo abbracciò con gioia.
“Perché non mi hai mai risposto alle lettere?” disse, sorridendo tra le lacrime.
Quella sera, a tavola, risero dei ricordi d’infanzia. Bianca raccontò:
“In prima media misero un nuovo ragazzo, Andrea, accanto a me! Luca lo spinse contro il muro e gli disse di non sedersi più vicino a me!”
“Ma non litighiamo mai,” rise Luca. “Non resisto quando è arrabbiata, facciamo pace subito!”
Il mattino dopo, Michele andò da suo padre. La matrigna, Silvia, non lo salutò neppure. Il padre, invecchiato e malandato, lo abbracciò:
“Perdonami, figlio.”
Michele capì che sarebbe stata l’ultima volta che lo vedeva. E così fu. Due mesi dopo, suo padre morì.
Tornato a casa, Michele chiese a Caterina di sposarlo. Il matrimonio fu felice, ma una settimana dopo, la nonna Anna si spense in silenzio, come se avesse atteso per non rovinare la loro gioia.
E vissero, imparando che la vita è fatta di incontri, di perdite, e di amore che, nonostante tutto, trova sempre la sua strada.