– Non ha comunque speranze, – disse la moglie con voce estranea e fredda. – Vai tu a parlare con il medico, se non mi credi. Là ci sono infermieri e tutto il necessario per lui. Non per niente hanno inventato le cure palliative, tutti fanno così…
Leonardo è nato due mesi prima del previsto ed è finito subito in terapia intensiva. All’inizio non dicevano niente, poi c’è stata una qualche speranza – ha iniziato a respirare da solo e a prendere peso. Quando è stato dimesso, era ancora così piccolo che Giorgio aveva paura di prenderlo in braccio. Quando Leonardo si svegliava e piangeva piano di notte, Ilaria non si alzava e Giorgio doveva abituarsi. Ilaria non voleva portarlo dai medici, diceva che era colpa loro. Aveva fatto tutte le analisi e l’ecografia, e tutto sembrava a posto. Normale, però, che a tre mesi nemmeno riesca a tenere la testa su?
Giorgio prendeva lui stesso appuntamenti dai medici, ascoltava parole strane, stringeva gli occhi ogni volta che l’infermiera cercava la vena per fare analisi al piccolo. Alla fine giunse ai genetisti del centro regionale, che spiegarono che si poteva aiutare Leonardo, ma servivano medicine speciali. Così Giorgio partì per un lavoro ben pagato; un amico lo chiamava da tempo e ora non c’era altra scelta. Sperava che suo figlio fosse bene con Ilaria e la nonna, e invece come stava realmente? La nonna non gli diceva nulla, ma lui intuiva che c’era qualcosa che non andava.
– Tutto bene, caro, lavora tranquillo, – ripeteva la nonna.
In realtà era proprio la nonna ad andare in ospedale da Leonardo – gli parlava, lo massaggiava e si occupava di lui con amore. Ilaria invece era tornata al lavoro, senza dirglielo. Gli confessò il tutto solo quando Giorgio annunciò che sarebbe tornato a casa per un mese di ferie.
– Ilaria, è nostro figlio! – si indignò. – E le cure palliatave? Io lavoro per cosa allora? Il dottore ha detto che ci sono delle medicine…
– Ma quali medicine! – strillò Ilaria. – L’hai mai visto davvero? Per sei mesi non ti sei fatto vedere e ora mi vuoi dire cosa devo fare? Sono ancora giovane e voglio vivere per me. Un bambino si può rifare, ma non voglio passare tutta la vita a cambiare pannolini!
Il fratello minore di Ilaria aveva avuto la paralisi infantile, e quando Giorgio l’aveva conosciuta, era colpito da come si curava di lui: lo portava in spalla, lo metteva sulla sedia a rotelle e gli leggeva libri. Proprio per questo l’amava. Ma sembrava che Ilaria avesse amore solo per il fratello.
– Se non torni a prenderti cura di nostro figlio, chiederò il divorzio, – minacciò Giorgio.
– Fallo, se hai coraggio! Ho vissuto bene senza di te per mesi e continuerò.
Non pensava che se ne sarebbe andata davvero. Ma Ilaria se n’era andata prima ancora che lui arrivasse, lasciando le chiavi dalla nonna, che ormai aveva capito tutto. In quei mesi Ilaria aveva trovato qualcun altro con cui stare.
– Non preoccuparti, figlio, ce la faremo. Ti aiuterò con Leonardo, ma dovrai cercare lavoro qui, non ce la farò da sola.
Giorgio lo sapeva – la nonna era malata, anche lei aveva bisogno di cure, e lui si sentiva in debito. Non poteva essere in due posti contemporaneamente. Giorgio lo aveva cresciuto la nonna. La madre, una cantante di successo, lo aveva lasciato dalla nonna per un mese e non è più tornata. Mandava regolarmente soldi finché lui andava a scuola, ma poi sembrava aver deciso che bastava così, che si sarebbe arrangiato. Espulso dalle illusioni sempre giustificava la madre: concerti, riprese, fan…
Era persino andato a un suo concerto, con un grande mazzo di rose, sognando di donarglielo e che lei lo riconoscesse, che lo dicesse dal palco – questo è mio figlio! Ma andò diversamente: lei prese il mazzo, senza nemmeno guardarlo e lo buttò in un angolo. Giorgio aveva speso buona parte dello stipendio per quei fiori. Dopo il concerto riuscì a raggiungerla nel backstage, tentando di spiegarle che era suo figlio, ma la madre non volle vederlo. Disse di dire che era stanca, che avrebbe chiamato. Lui attese il suo chiamare per un mese, senza mai staccarsi dal telefono. Ma la chiamata non arrivò mai.
Non pensava più a lei, ora. Se la canzone alla radio suonava, cambiava canale, anche se una volta le conosceva a memoria. La nonna era stata il suo padre e la sua madre. E ora la madre di Leonardo – faceva tutto quanto poteva, mentre Giorgio trovò un lavoro con un orario regolare, per non stancarla troppo. Ilaria non telefonava mai, peggio ancora che sua madre – lei almeno faceva finta di avere un figlio, a volte.
– Giorgio, stanotte ho fatto un sogno così vivido, – raccontò un giorno la nonna. – Tuo nonno, pace alla sua anima, mi ha chiesto di portargli dell’acqua dal pozzo. Gli ho detto – ma come posso portare l’acqua, se non cammino? E lui ha risposto – qui tutti camminano. Ho guardato sotto i piedi e ho visto l’erba verde-verde! E morbida come il piumino. Ho camminato su di essa, le mie gambe si muovevano da sole e non facevano più male! Ho raccolto l’acqua e guardato nel pozzo per l’ultima volta. Ho visto te in giacca e cravatta, accanto a una ragazza con delle belle fossette sulle guance. Con il velo da sposa. Sentivo che era un sogno in mano – troverai una brava moglie, non quella capricciosa!
– Nonna, quale moglie! Se la madre non si è presa cura di Leonardo, chi accetterà di farlo?
Il giorno dopo la nonna non si svegliò più. Così il sogno in mano era di un altro tipo – ora portava l’acqua a suo nonno, non più a Leonardo.
Ora Giorgio non sapeva cosa fare. La madre lo aiutò con i funerali, venne perfino di persona, ma spendere di suo dovette lo stesso, chiedere a lei però non si azzardò. Ma dopo qualche settimana la madre lo contattò di persona, dicendo:
– Ho trovato una badante per tuo figlio. Le pagherò io, non ti preoccupare.
Questa generosità sorprese Giorgio, e la sua intenzione fu quella di rifiutare aiuto, dire che non aveva bisogno di nulla, ma cambiò idea – l’orgoglio non bastava più, con le medicine di Leonardo quasi finite.
Si aspettava una donna matura, esperta, come quelle che aveva visto in ospedale con Leonardo, tutte simili alla sua nonna da giovane – laboriose, pratiche, esperte. Ma sembrava che anche qui la madre volesse risparmiare – mandò una neolaureata, la ragazza subito ammise che quel lavoro era la sua prima esperienza.
– Non ti preoccupare, ho fatto dei corsi speciali e so fare tutto, – disse con tono coraggioso, con voce tremante.
Si poteva chiamare la madre subito per dire che quella ragazzina non ce l’avrebbe fatta con Leonardo, ma Giorgio non voleva dirlo alla madre. Decise di aspettare, che quei corsi avrebbero dimostrato la loro utilità.
Si chiamava Marina. E telefonava ogni mezz’ora.
– Giorgio, va bene se singhiozza così?
– Tienilo verticale. E avvolgigli una copertina calda, anche un asciugamano stirato.
– Giorgio, respira così male, mi spavento!
– Marina, l’inalatore, te l’ho detto…
Tutto così.
Ma dopo qualche settimana si abituò e pareva far meglio. Tuttavia, Giorgio dovette cambiare lavoro – la sua disponibilità era fino alle sei, e lui doveva tornare prima di quella. Finì per andare in cantiere, lì il lavoro era flessibile, ma tutto in nero. Promettevano una buona paga, ma…
I weekend Giorgio li passava col figlio – la ragazza per quanto potesse non poteva lavorare di fine settimana, studiava cinese, disse. Chiacchierava volendo fare uno scambio di studi, imparare l’agopuntura. Marina era buffa, ingenua, non come la nonna – lei si fidava della tv, questa dell’internet.
Per il compleanno di Leonardo, Marina si presentò anche di sabato – portò un palloncino, di cui andava matto, e un tutina fatta a mano. Giorgio fu commosso e la invitò a prendere il tè – aveva comprato una torta per l’occasione. Poi uscirono insieme a fare una passeggiata – vestirono Leonardo con la nuova tutina e gli misero vicino il palloncino, per farlo guardare. Giorgio sapeva che Leonardo poteva non arrivare al prossimo compleanno, e respirare era difficile al solo pensiero. Ma in quel momento, mentre passeggiava col figlio lungo la strada soleggiata, con il palloncino che sembrava voler volare via sospinto dalla brezza autunnale, si sentiva sereno.
Vide Ilaria tardi, erano al passaggio pedonale, e gli occhi di lui si posarono sul suo viso truccato. Era con amiche, sembrava andare a un evento. Anche Ilaria lo vide tardi, e il suo volto si arrossì e macchiò. Si voltò, disse qualcosa alle amiche e andò oltre la strada.
– Chi è? – chiese Marina, notando il suo sguardo teso.
Giorgio fece uscire l’aria lentamente:
– Nessuno.
– Bene, allora, – rispose sorridendo.
Mai vista sorridere prima. C’erano delle fossette, come se ricordasse qualcosa… Quel palloncino, in alto nello stesso cieli azzurro, batteva come il suo cuore.
Il pagamento non arrivava. Le medicine stavano finendo, Giorgio non aveva scelta – dovette chiamare la madre.
– Non ti aiuto abbastanza? – domandò irritata. – Sai quanto pago quella ragazza? Che razza di uomo sei se non sai guadagnare per le medicine?
Giorgio perse il fiato dalla vergogna. Davvero non poteva sostenere suo figlio? Spense il telefono e abbassò la testa, bramando la nonna, che gli avrebbe detto di tutto insieme stavano meglio…
Si sentì leggero il passo di Marina, apparve in cucina con una busta.
– Guarda, – disse e la mise sul tavolo.
– Cos’è? – chiese Giorgio.
– È per le medicine. Per Leonardo.
Non capiva che cosa intendesse davvero.
– Tua madre mi ha pagato. Ha pagato bene, davvero. Ma io risparmiavo per un viaggio in Cina, ma non mi servono, vivendo con i miei, sono a posto.
– E la… tua Cina? – balbettò Giorgio.
Marina scrollò le spalle.
– Dove ormai dovrei andare…
Sorrise timida, sulle guance tornarono le fossette. Giorgio ricordò la nonna, il suo sogno, e divenne rosso fino alle radici dei capelli senza nemmeno sapere perché.
– Prendi, – disse decisa. – È la scelta giusta.
– Ti restituirò tutto, – mormorò Giorgio dopo essersi ravvivato la voce e chiese. – E già che non vai in Cina, che ne diresti di passare da noi nel weekend? Usciremo, come l’altra volta…
Marina sorrise ancora e disse:
– Con piacere…






