Fin dalla prima mattina, una vicina entrò nel cortile di Elisabetta in lacrime, i capelli arruffati e le mani tremanti. Era Giovanna.
“Tutto è perduto!” singhiozzava. “La serra, tutto il raccolto… qualcuno l’ha distrutto stanotte! Contavo su quei pomodori e quelle zucchine. Per i bambini, per noi, qualcosa da vendere… ora non c’è più niente!”
“Non disperarti, Giovanna,” cercava di consolarla Elisabetta. “Non è la fine del mondo. Sistemeremo tutto. Ci penserà Marco, lui è bravissimo con le mani!”
“Che Marco,” sbottò Giovanna. “Mio marito è fuori di testa da tre giorni, beve senza fermarsi. Tutto ricade su di me. E ora ho perso anche l’ultima speranza per la stagione…”
Elisabetta rifletté. Voleva aiutare, ma c’era qualcosa nel comportamento della vicina che la insospettiva. Ultimamente passava troppo spesso da loro: a chiedere sale, piantine, o solo per chiacchierare. E sempre vestita bene, come se andasse a un appuntamento, non nell’orto.
In realtà, Giovanna covava un piano da tempo. Dopo i tradimenti del marito e le continue liti, aveva rivolto le sue attenzioni a un altro uomo — Marco, tranquillo, laborioso, sobrio. E poi, Elisabetta non era certo meglio di lei! Giovanna era più bella, più intraprendente e pure una brava massaia. Ma spostare una donna come Elisabetta non era facile: ci voleva astuzia.
Decise di giocarsi tutto. Pagò generosamente un fannullone del paese, Sandro, per distruggere la serra durante la notte. Peccato per il raccolto? Certo. Ma se quello era il prezzo per la felicità, ne valeva la pena.
Così la mattina dopo, la scena delle lacrime, la visita da Elisabetta, i lamenti e le allusioni. Tutto per un solo scopo: far sì che Marco andasse da lei, che si avvicinasse.
Ma Marco, sebbene buono, non era uno sciocco. Capì subito che Giovanna nascondeva qualcosa. Rifiutarsi l’avrebbe offesa, accettare le avrebbe dato speranza. Allora escogitò una mossa imprevista.
Andò da Antonio, il marito di Giovanna, e gli parlò senza giri di parole:
“Fratello, tieni d’occhio tua moglie,” gli disse. “Il caposquadra del paese, Paolo, è chiaramente interessato a lei. Le offre soldi, gite fuori porta. Eppure lei rifiuta sempre… aspetta solo te. Ti vuole bene, non vuole lasciare la famiglia…”
Ad Antonio sembrò cadergli una benda dagli occhi. Sì, beveva, gridava, trascurava la famiglia. Ma sua moglie era bella, fedele, paziente… e lui cosa faceva? Distruggeva tutto con le sue mani. E se davvero gliela portassero via?
Il mattino seguente, fu Antonio stesso a riparare la serra. Poi prese i risparmi nascosti e li diede a Giovanna, che lo guardò a bocca aperta — non se l’aspettava.
“Andiamo al mare,” le disse. “Riposiamoci, come una volta. Siamo insieme da tanti anni, eppure ci sembriamo estranei.”
Giovanna si rianimò. Corse a fare shopping, comprò vestiti nuovi e se ne vantò con tutte le amiche. Passò anche da Elisabetta, orgogliosa della sua nuova vita.
E Elisabetta sorrise. Aveva capito tutto. Ma tacque. Nessuno le avrebbe portato via Marco. Né regali, né lacrime, né inganni.
Si limitò a chiudere la porta dietro Giovanna e andò da suo marito — per abbracciarlo, ringraziarlo e, a dirla tutta, per essere un po’ orgogliosa. Di lui, della loro famiglia. E del fatto che, a differenza di altri, non aveva mai costruito la sua felicità sulla sventura altrui.