Ingorgo Stradale

**Ingorgo**

Le macchine erano bloccate in fila, una dietro l’altra, senza muoversi da almeno mezz’ora. I finestrini erano tutti chiusi, perché i condizionatori funzionavano a pieno regime. Fuori, il caldo era insopportabile, più di trenta gradi, proprio come aveva annunciato il servizio meteorologico alla radio.

L’aria tremolava sopra l’asfalto, incandescente per il sole e il calore dei pneumatici. Dentro la Fiat, invece, era fresco. Ma restare immobili, fissando quel paesaggio congelato come in una fotografia, aveva stancato.

Ginevra svitò il tappo della bottiglia di plastica e bevve qualche sorso. Federico notò che l’acqua era ormai meno di un terzo. Lei continuava a bere senza offrirgliene nemmeno un po’. No, lui avrebbe rifiutato, avrebbe lasciato l’ultimo sorso a lei. Ma lei beveva come se lui non esistesse.

“E quanto dobbiamo ancora stare qui?” chiese Ginevra, irritata.

Erano le sue prime parole dopo la partenza dalla casa al mare. Il suo silenzio era peggio di un urlo. Avrebbe preferito che gridasse. Non litigavano mai, ma ogni volta che qualcosa andava storto, Ginevra si chiudeva in un mutismo che durava ore, a volte giorni, facendolo sentire in colpa. Lui si scusava, subiva le sue fredde recriminazioni, e alla pace tornavano.

“Che fai lì? Fai qualcosa!” Ginevra lo aggredì di nuovo, come se la colpa dell’ingorgo sulla Tangenziale fosse sua.

Questa volta fu Federico a tacere. Non sapeva cosa dire, né cosa fare.

“E poi, perché siamo andati in quella stupida casa al mare? Tu pazzo, io no! Per stare dall’altra parte della recinzione mentre fai il papà premuroso con tua figlia? Avrei fatto meglio a fare shopping o a mangiare un gelato con Angelica.” Ginevra si soffiò il naso.

“Ecco, ora ho il naso chiuso. Mancava solo prendermi un raffreddore per colpa di questo condizionatore,” si lamentò di nuovo.

Federico lo spense.

“Ma stai scherzando? La macchina si surriscalderà in un minuto con questo sole. Vuoi che moriamo soffocati?” s’infuriò Ginevra.

Federico non la ricordava così loquace. Lo sorprese, e lo insospettì. Ma non disse nulla e riaccese il condizionatore. Più avanti, tra le file di auto, un uomo camminava. Poco prima di raggiungere la Fiat di Federico, entrò in un’auto accanto.

“L’hai visto? È arrivato da là. Forse sa cosa sta succedendo,” ipotizzò Ginevra.

“Può darsi,” concordò Federico.

“Allora che aspetti? Vai a chiedere,” disse lei, senza guardarlo.

“Chiedere cosa? L’ingorgo potrebbe estendersi per chilometri. Credi che sia andato avanti e tornato in mezz’ora? Ne dubito.” Federico la guardò e si sentì di nuovo in colpa.

“Dai, non staremo qui per sempre. Prima o poi si sbloccherà. Tutti aspettano con calma. Questa è la Tangenziale, mica una stradina di periferia. Mezza Roma è ferma qui.” Tacque. Anche Ginevra tacque, fissando il vuoto.

“Va bene.” Federico uscì dalla macchina.

Si voltò a guardare le auto dietro di sé, identiche a quelle davanti. L’uomo era entrato in un’auto rossa. Bussò al finestrino, che si abbassò a metà.

“Scusi, è lei che è andato avanti? Sa perché siamo fermi?” chiese all’uomo al volante.

“Pare che tutta la Tangenziale sia bloccata. Nessuno sa il perché. Forse un incidente o un attentato.”

Niente di nuovo. Lo immaginava. Fuori, il caldo era opprimente, come in una sauna. Mentre restava chinato verso il finestrino, la camicia gli si appiccicò alla schiena, umida di sudore. Tornò alla Fiat, dove alla radio non si parlava né dell’ingorgo né delle cause.

“Allora, hai scoperto qualcosa?” chiese Ginevra, impaziente.

“No, tutto bloccato più avanti. Forse tutta la Tangenziale. Qualcuno ha detto attentato.”

“Lo sapevo. Perché ti ho ascoltato e sono venuta con te?” gemette Ginevra.

Federico concordò. Non avrebbe dovuto insistere per portarla con sé. Non sarebbe finito in nessun ingorgo, sarebbe rimasto al mare con sua figlia, come lei voleva. Sarebbe tornato in città la sera, con il fresco. Per allora, l’ingorgo si sarebbe già sciolto.

E tutto era iniziato così bene…

***

Il telefono squillò, svegliando Federico. Senza nemmeno guardare lo schermo, rispose.

“Papà, vieni?” la voce di Beatrice.

“Ciao. Ti sei dimenticato che oggi è il compleanno di tua figlia?” era la moglie. Anzi, l’ex moglie. “Scommetto che non hai nemmeno comprato un regalo,” il tono era accusatorio.

“No, non mi sono dimenticato, sto arrivando, sono già in macchina,” mentì, aprendo gli occhi. Il sole era già alto. Allontanò il telefono dall’orecchio e vide l’ora: le nove e mezza.

Il compleanno di Beatrice lo ricordava perfettamente, fino alla sera prima. Ma poi erano andati in discoteca con Ginevra e gli amici, e tutto gli era scivolato di mente.

“Papà, non mi serve un regalo, vieni solo tu, mi manchi!” gridò Beatrice da lontano, prima che la chiamata finisse.

Si erano sposati quasi tredici anni prima. E per dieci anni erano stati come cane e gatto, torturandosi a vicenda. Non era innamorato. Una festa universitaria, una ragazza di cui non ricordava nemmeno il nome, e poi quel risveglio nel suo letto.

Un mese dopo, lei lo aveva cercato all’università: “Sono incinta.” “Be’, non è male,” aveva pensato Federico, e si era detto pronto a sposarla. I genitori erano scioccati, lo dissuadevano. Sua madre dubitava che il bambino fosse suo, voleva un test prima del matrimonio.

Lo fece, ma solo dopo la nascita di Beatrice. Era sua, senza ombra di dubbio. Federico se ne innamorò subito, non credeva fosse possibile. Per questo aveva sopportato le litigate, la gelosia, le critiche della moglie. Avrebbe continuato, forse, se non avesse incontrato Ginevra.

Altera, fredda, attraente come una dea greca, lei non urlava come l’ex moglie. Puniva Federico con il silenzio. Era il suo unico difetto. Girava per casa in shorts e canottiera, quasi a provocarlo. Lui chiedeva scusa, anche quando non aveva colpe.

Si considerava fortunato che una donna così stesse con lui.

Dopo la chiamata di Beatrice, Ginevra chiese cosa fosse successo. Le confessò di essersi dimenticato del compleanno, di aver promesso di andare alla casa al mare dove l’ex moglie e la figlia passavano l’estate.

“Vuoi andartene? Adesso? E io resto qui tutto il giorno da sola?” Ginevra fece il broncio, e nuda attraversò la stanza verso il bagno.

La vista del suo corpo lo folgorò, e le corse dietro.

“Vieni con me,” la supplicò.

“Mi stai invitando alla casa al mare della tua ex e di tua figlia?”

“Sì. Che c’è di male? Siamo divorziati…” si confuse Federico. Era sicuro che avrebbe rifiutato, ma continuò: “È bellissimo, c’è il fiume, il bosco, possiamo fare il bagno…”

“Dici sul serio?”

“E poi, all’improvviso, la strada si liberò, e Federico capì che il destino gli stava dando un’altra possibilità, per una volta senza colpe né rimpianti.”

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