La Bambina che Nessuno Riusciva a Far Parlare… Finché Non Arrivò Lei

La bambina che nessuno riusciva a far parlare finché non arrivò lei

La madre di Valeria era malata da tempo. Ogni giorno era una battaglia, ma anche nei momenti più difficili trovava la forza di sostenere la figlia. Quella mattina, sdraiata sui cuscini, con un sorriso tremulo e mani che vibravano di debolezza, indicò il viso della figlia e sussurrò:
Piccola, ho sempre sognato che tu trovassi un lavoro. Ce la farai, ne sono certa.

Valeria sospirò, guardando fuori dalla finestra.
Mamma, ho visto un annunciocercano una governante per una grande villa. Potrei provare?

La donna annuì, una scintilla di speranza nei suoi occhi stanchi:
Provaci, tesoro. Forse cambierà le nostre vite.

Quelle parole divennero per Valeria un segno del destino. Si preparò e si incamminò verso la villaun antico palazzo con colonne bianche e finestre immense. Il cuore le batteva forte quando varcò la soglia. Il proprietario, un uomo giovane di nome Luca, la osservò con attenzione, le fece qualche domanda semplice e sorprendentemente, la assunse.

Valeria non credeva alle proprie orecchie. *”Mamma aveva ragione,”* pensò, *”è un segno.”*

Il primo giorno di lavoro, mentre puliva il secondo piano, Valeria udì un fruscio nella stanza dei bambini. Aprì la porta e si bloccò.
Nellarmadio cera un bambino. Piccolo, forse sette o otto anni. I suoi occhi grandi la fissavano con diffidenza, e le labbra rimanevano serrate.

Ciao, piccolo, come ti chiami? gli chiese con dolcezza.

Nessuna risposta. Solo un respiro lieve e uno sguardo che tremava.

Valeria non sapeva cosa pensare. Quando scese in cucina, trovò Luca seduto al tavolo.

Scusi, iniziò timidamente, ma perché suo figlio sta nellarmadio?

Luca alzò lo sguardo. La sua voce si fece bassa e distante:
Non ci faccia caso. È così da tempo. Tre anninon dice una parola. Sta lì, esce solo per necessità.

Valeria sentì il cuore stringersi.
Tre anni? Ma perché?

Dopo lincidente, rispose lui a bassa voce. Abbiamo perso sua madre. Da allora si è chiuso. Medici, psicologi, psichiatrinessuno ha potuto aiutarlo.

Valeria abbassò lo sguardo. Qualcosa dentro di lei si spezzò. *”Devo aiutarlo,”* decise.

Da quel giorno, ogni volta che entrava nella stanza, parlava al bambino. Non si aspettava risposteparlava e basta:
Buongiorno, stellina! Oggi è una giornata meravigliosa.
Sai, la vita è bella, anche quando è dura.
Hai gli occhi più sinceri che abbia mai visto.

Gli raccontava dei fiori, della mamma, della sua infanzia. E lui stava lì e ascoltava. Ma un giorno, quando lo salutò come al solito, il bambino uscì dallarmadio. Lentamente. Esitante. E le porse un pettine.

Vuoi che ti pettini, amore? chiese Valeria, e quando lui annuì appena, sorrise tra le lacrime.

Da allora divenne il loro piccolo rituale. Ogni mattina il bambino si sedeva sulla sedia, e Valeria gli pettinava i capelli, canticchiando una canzone che sua madre le aveva insegnato.

Una mattina, Luca passò davanti alla stanza e si fermò. Dallinterno arrivavano voci sommesse. Sbirciò dentro e rimase di pietra: suo figlio era seduto davanti allo specchio, mentre Valeria gli accarezzava i capelli, e un leggero sorriso gli illuminava il volto.

Come sussurrò lui. Lei ha fatto ciò che nessun dottore è riuscito a fare.

Il mattino dopo, a colazione, Luca assistette a un miracolo.
Suo figlio, in pigiama e scalzo, entrò in cucina. Si fermò, fissando il padre.
Ciao, papà, disse.

Silenzio. Poi, un grido di gioia che squarciò il cuore. Luca corse verso di lui, cadde in ginocchio e lo strinse al petto.
Dio mio hai parlato! singhiozzò, senza trattenere le lacrime.

Valeria rimase sulla soglia, un sorriso dolce e luminoso sul viso.

Luca si alzò, le si avvicinò e le disse:
Valeria, grazie. Ha fatto limpossibile. Da quando mia moglie è morta, lui ha vivuto nel silenzio nelloscurità. Lei gli ha ridato la voce. Mi ha restituito mio figlio.

Fece una pausa, poi aggiunse:
Voglio ricompensarla. Chieda pure qualsiasi cosa.

La ragazza abbassò gli occhi.
Ho solo una richiesta. Mia mamma è molto malata. Ha bisogno di cure che non possiamo permetterci.

Consideri la cosa già fatta, rispose Luca con fermezza.

Quel giorno stessa, la madre di Valeria fu ricoverata nella migliore clinica del paese. I medici fecero tutto il possibile. Un mese dopo, era già in piedi accanto alla finestra, sorridendo alla figlia che le stringeva la mano.

Hai cambiato non solo la nostra vita, piccola, le disse. Hai cambiato il destino di qualcun altro.

Valeria sorrise.
No, mamma. Ho solo detto a quel bambino ciò che tu dicevi sempre a me: non fermarti mai, anche quando è difficile.

Passarono settimane. Il bambino ora correva nel giardino, giocava, rideva. E Luca a volte si fermava a guardarlisuo figlio e Valeria. Per la prima volta in anni, sentiva che la casa era di nuovo viva.

Perché a volte, per sciogliere il silenzio, non servono medicine. Basta un cuore che sappia ascoltare.

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