Ciao tesoro, ti racconto un po di quella giornata pazza che è successa a casa dei miei nipotini.
Sono entrata nel palazzo di via Vittorio Veneto, dove vive il mio figlio Matteo con la moglie Elena e la piccola Ludovica, tutta emozionata come una bambina al carnevale. Non vedevo lora di sorprendere tutti con il regalo che avevo portato: una bella perla per la mia nipotina. Nella mano avevo una scatola di circa mezzo metro, avvolta in un nastro di raso rosa con un grande fiocco svolazzante.
Non ho risparmiato niente: né tempo, né energie, né soldi. Ho lanciato una vera operazione speciale! Sono partita a Bologna, dove ho trovato un maestro artigiano che restaura bambole depoca. Lì ho fatto cucire a mano un vestitino azzurro e un cappellino, ho aggiunto un cappotto di feltro, delle scarpette di pelliccia, una sciarpa con cappellino, dei delicati riccioli di pizzo e una maglietta, più un vestitino a pois. Tutto fatto da me stessa! Era la stessa bambola che, quando avevo otto anni alla fine degli anni 60, mi era stata regalata per il compleanno da una famiglia poco abbiente. Era lunico giocattolo davvero bello che avevo, e mi ha regalato gioie che non dimenticherò mai. Così ho voluto ridarle una nuova vita, perché le bambole moderne, a volte, sono senza anima, con facce strane e vuote, mentre quella era un tesoro.
Wow! ha esclamato subito la nuora, e dove lhai trovata, questo antiquario?
È la mia prima e unica bambola! ho risposto, senza accorgermi della sua sorpresa. Lho presa dalla casa dei miei genitori, dove era rimasta per anni nella soffitta. Dopo suo fratello, che è sempre stato lunico maschio della famiglia, non cè più nessuno a prendersene cura. È rimasta in una scatola con una gamba rotta e io ho pianto per quella gamba! Ora, però, è come nuova, addirittura migliore, grazie al restauro!
Ludovica è saltata su, Nonna, dammi, dammi! mentre gli adulti osservavano la bambola.
Ti piace? le ho chiesto.
Che bel vestitino lo voglio anchio!
Ti lo cucio, così saremo quasi uguali.
Mamma, chi indossa ancora vestiti così da 68? ha commentato il fratellino di Ludovica, Matteo.
Silenzio, papà! Io voglio proprio questa! ha esclamato la piccola con gli occhi pieni di sogno.
Ti chiamerò bambolina, cara, e sarà tutta tua! le ho promesso. A proposito, la sua vera nome è Natàshà.
Beee, che nome brutto! La chiamerò Chelsea! ha protestato Ludovica.
Ma tesoro, è il nome di un cane! ha sbattuto la nonna.
No, è come dal cartone! Ecco, la sistemo, ha detto la bambina, accarezzando il viso della bambola. Improvvisamente gli occhi azzurri della bambola si sono aperti di nuovo. Guardate! ha gridato.
La suocera, a differenza della nuora, ha mostrato un vero entusiasmo: Mi ricordo di averne avuta una simile da bambina! Era tutta in tessuto morbido, quasi imbottita. Che bellezza! Fammi tenere la bambola un attimo
Ludovica, un po riluttante, lha passata alla suocera, che ha iniziato a descrivere il fascino del viso e dei vestiti, Che guance rosse, quegli occhi limpidi è proprio come il vestito azzurro che avevo quando ero piccola!
Ti ho cucito tutto da sola, usando i modelli dei vecchi disegni Sovietici, ho confessato, un po arrossita.
Davvero? Tu stessa? Che lavoro minuzioso! Bravissima, Tanè! ha esclamato la suocera, accarezzandosi la barba grigia.
Ho alzato le spalle, ma le guance mi sono colorate di un rosso rubino, quasi come quelle di Natàshà. La suocera, ancora più entusiasta, ha voluto provare la bambola: Vediamo cosa sa fare!
Con un piccolo tocco sul pancino, la bambola ha emesso un vociolo infantile: Mamma!
I genitori hanno scambiato uno sguardo ironico, ma ho sentito le lacrime salire per la nostalgia dei miei tempi. La suocera, come una bambina in preda allemozione, ha iniziato a cantare: Cammina, cammina, il piccolo cammina e la bambola sembrava davvero muoversi.
Matteo ha commentato, Non è che per noi sia una grande sorpresa e io ho risposto, Da bambina avrei dato la vita per una bambola così. O perlomeno avrei mangiato un chilo di ravanelli al vapore! (che ora mi fa venire il vomito solo a ricordarlo). Ho poi dato la bambola a Ludovica, dicendo: Il miglior regalo di oggi sei stata tu!
Mentre la nonna si spostava verso il tavolo, Ludovica curiosava sotto il vestito della bambola, cercando il bottone mancante. Non smontare il bottone, lo abbiamo restaurato anche noi, le ho detto, tutto col tempo si logora.
La suocera, con la solita calma, ha osservato: Le nonne hanno sempre dei tesori nascosti in un cassetto, e poi li agitano come se fossero antichi gioielli. Io ho risposto: Hai sentito, Ludovica? e lei ha annuito.
I più grandi hanno iniziato a brindare per lanniversario di Ludovica, mentre la bambola, ormai spoglia, giaceva sul pavimento. Un gattino grigio si è accoccolato accanto e ha iniziato a leccare i lunghi capelli bianchi della bambola. Io ero seduta vicino alla finestra, ignara di quel piccolo spettacolo.
Dovè il nostro nipote maggiore, Andrea? ho chiesto allimprovviso.
Gioca con gli amici, ha risposto Matteo, non è interessato alle nostre feste, è più per il suo giro.
Gli hai fatto gli auguri? ho chiesto.
Sì, gli ho tirato le orecchie cinque volte, una per ogni anno, poi gli ho dato pennarelli e un libro da colorare.
Ma non si può tirare le orecchie a un bambino! ha sbottato la suocera.
Era uno scherzo, cara, ha replicato la nuora, ricordando vecchie liti di quando la sorella più grande le tirava i capelli.
Il suocero ha messo una mano sul bracciolo della sedia di sua moglie, facendo un sospiro. Non fate finta di nulla, vi siete odiati, ma io vi ho sempre cercato di tenere insieme. Ha raccontato di come la nonna avesse subito ogni tipo di maltrattamento da piccola, ma che il padre non laveva mai toccata, solo una volta laveva colpita con un panno, e così via. Le liti si sono protratte per anni, ma alla fine tutti hanno finito per perdonarsi.
Per stemperare la tensione, ho detto: Sapete che ho un pappagallo? Stamattina è uscito sulla balconata e mi ha salutato con un Ciao bella!
Tutti hanno riso (tranne la nuora, un po irritata). Il suocero ha aggiunto: Forse è di quel vicino, Marta, che mi ha dato la gabbia, lha chiamato Pietro. È un pappagallo rossogiallo, grande, un po pigro, ma simpatico.
Allimprovviso, ho alzato la voce: Basta, nonna, non prendere i pennarelli dalla bambola! Non è più un regalo!
Ludovica, con gli occhi innocenti, aveva in mano il pennarello rosso, disegnando un rossetto sulle guance della bambola. Il papà, Matteo, lha strappato via: Che fai, rovini la bambola? Ha detto che la nonna piangerà.
La suocera, sconvolta, ha guardato la nonna con unespressione di dolore, quasi fosse una veglia funebre. Ludovica ha cominciato a piangere, ha lanciato la bambola e ha corso da sua madre. Matteo, con il viso triste, ha sollevato la bambola, cercando di rimediare.
Si può lavare? ha chiesto la suocera.
Prova in bagno con sapone, ma non bagnare i capelli, ho consigliato, appoggiandomi a suo figlio.
Ho poi detto, con voce dolce: Un bambino non apprezza sempre le cose, ma non disperiamo, è solo un giocattolo Ma la nonna ha risposto piano: Non è solo
Sono uscita per un attimo, ho preso la bambola, lho pettinata, ho levigato le macchie di inchiostro e lho rimetto al suo posto sul divano, vestendola di nuovo con il suo vestitino azzurro. Ho detto a Ludovica: Vieni qui, ti racconto una cosa. Non aver paura, non ti rimprovererò.
Ludovica è venuta timida, si è seduta sul mio ginocchio, mentre la bambola, con gli occhi blu, rimaneva accanto. Ho iniziato a ricordare la mia infanzia: Quando ero piccola, pochi anni più grande di te, non avevo quasi giocattoli. Vestiti nuovi? Li rubavo alle mie sorelle maggiori, ne avevo tre. Avevamo anche un fratello più grande, Kolja, che lavorava in una fattoria e poi è stato chiamato in militare. La mia mamma era sola a tenerci. Papà morì quando avevo meno di un anno. Per i compleanni ci comprava solo un panino da sei centesimi. Io ero la più piccola, dovevamo condividere tutto, ma non mi lamentavo. Da cinque anni aiutavo la mamma con le galline.
Poi, nel secondo anno di servizio di Kolja, la nostra bottega del villaggio ricevette una bambola splendida, troppo cara per essere comprata. La chiamammo Natàshà. Quando tornò Kolja, poco prima del mio otto° compleanno, mi portò fuori dalla scatola la bambola: Buon compleanno, sorellina! e mi la diede. Era il sogno di ogni bambina. Lho curata, le ho cucito vestiti, lho nutrita di parole, lho fatta dormire con me. Una volta un ragazzo le ha rotto la gamba, ma lho tenuta al mio fianco fino ai quattordici anni. Poi lho rimessa nella scatola, ma Natàshà è rimasta nel cuore.
Lemozione ha sopraffatto la suocera, che ha iniziato a singhiozzare. Ho guardato tutti, sentendo il passato scorrere davanti ai miei occhi. Poi ho detto: Adesso, piccolina, questa bambola è tutta tua: restaurata, nuova di zecca. Puoi farne quello che vuoi, non mi offendo. È tua.
Ludovica ha stretto forte la bambola, lha baciata sulla testolina e ha sussurrato: Natàshà, sei la più bella, la mia perla.
Io ho chiesto: Ma lhai chiamata Chelsea, vero?
No, Natàshà è il suo vero nome, ha risposto Ludovica, accarezzandola.
Tutti hanno sorriso, alzando i bicchieri. La suocera ha brindato: Alla nostra Ludovica e a Natàshà! Alla nostra perla!
E così, con un sorriso e un bicchiere di prosecco, abbiamo festeggiato ancora un po, mentre la bambola rimaneva lì, con i suoi occhi azzurri che brillano ancora.






