La Canzone Che Non Ha Mai Visto la Luce delle Radio Italiane

**IL CANTO CHE NON ANDÒ IN ONDA**

Quando Giorgia varcò per la prima volta la soglia della radio locale, portava con sé uno zaino sfilacciato, un quaderno pieno di fogli piegati e sgualciti, e un sogno che sembrava pesarle più di tutti gli anni vissuti fino a quel momento. Aveva diciassette anni, ma nella sua voce risuonavano la stanchezza e la forza di tante donne venute prima di leidonne che avevano amato, lavorato, pianto e riso in silenzio, senza che nessuno mai le ascoltasse davvero.

Vorrei registrare una canzone disse con fermezza, posando lo zaino per terra e lasciando che le spalle finalmente si rilassassero dopo giorni trascorsi a portare addosso dolore e speranza.

Il conduttore, un uomo anziano con i baffi folti e grigi, la osservò con scetticismo. Il suo ufficio era ingombro di carte, manifesti ingialliti e una vecchia radio che ronzava sempre in sottofondo.

Qui non è uno studio professionale, ragazza disse. Facciamo solo programmi sociali, notizie locali e qualche intervista.

Non importa rispose lei, con una voce sottile ma decisa. Non cerco la fama. Voglio solo che mi ascoltino nel mio paese.

Giorgia viveva in un borgo rurale dove le donne non cantavano in pubblico. Lì, le canzoni parlavano di amori impossibili o dolori senza nome, ma quando una ragazza provava a cantare, nessuno le prestava attenzione. Non per mancanza di volontà, ma perché la tradizione imponeva il silenzio. Sua madre era morta giovane, suo padre non era mai tornato dal Nord; era cresciuta tra la radio a galena del nonno e il canto degli uccelli tra le colline. Lì aveva imparato a mettere melodia alla tristezza e parole al silenzio. Le sue dita sapevano scrivere prima di ogni altra cosa, e la sua voce era uno strumento che nessuno aveva mai ascoltato davvero.

Di cosa parla la tua canzone? chiese il conduttore, ora più curioso che scettico.

Di una donna che non grida ma non tace rispose lei, abbassando lo sguardo come se svelasse un segreto profondo.

Luomo la portò in un angolo dove registravano gli annunci locali. Le sistemò il microfono con cura e le fece un cenno per iniziare. Giorgia chiuse gli occhi e, per la prima volta davanti a un microfono, cantò con tutto il cuore.

Cantò per le bambine che non avevano finito la scuola, per le madri che si alzavano allalba con le mani rovinate dal lavoro, per le nonne che sapevano curare con le erbe ma non sapevano leggere un libro, per sua sorella più piccola che già iniziava a chiedersi perché i bambini mangiassero più delle bambine e avessero più opportunità.

La canzone non aveva ritornelli orecchiabili né basi moderne, né la produzione tipica della radio commerciale. Ma aveva verità. E quella verità, come lacqua che scava la pietra, si insinuò in ogni angolo, toccando chiunque lascoltasse.

Il conduttore rimase in silenzio a lungo dopo che ebbe finito, stupito dalla forza uscita da una ragazza così piccola e fragile.

Non posso metterla su internet disse alla fine, ma posso trasmetterla domani alle otto.

Giorgia sorrise, sentendo il cuore un po più leggero.

Mi basta disse, e per la prima volta in tanto tempo, sentì che la sua voce aveva trovato una casa.

Il mattino dopo, tra i vigneti, nelle case dai tetti di tegole, nei mercati con le panchine di legno, si udì la sua voce. Nessuno sapeva chi fosse, ma la sentivano propria. Come se parlasse da dentro di loro, risvegliando ricordi ed emozioni sopiti. Una donna che vendeva pane pianse in silenzio mentre impastava la farina; un ragazzo che lavava motorini si fermò con lo straccio in mano, affascinato; un maestro anziano annotò il testo sul suo taccuino, come chi riceve un messaggio segreto dalla vita.

Alcuni uomini brontolarono:

Ma adesso anche le ragazzine fanno prediche cantate?

Ma nessuno poté zittire ciò che era stato detto con lanima. La canzone di Giorgia non finì su Spotify, non ebbe un videoclip, non vinse premi. Ma cambiò conversazioni, aprì strade, seminò domande e gesti di solidarietà.

La radio la trasmise per la terza volta, e qualcuno di un altro paesino chiamò per chiedere:

Qui cè anche una ragazza che canta. Potrebbe venire anche lei?

E così, poco a poco, senza luci né applausi, nacque un coro invisibile. Un esercito di voci dolci, di altre ragazze che finalmente sentirono di poter cantarenon per fama, non per competizione, ma per dignità e per bisogno di essere ascoltate.

Giorgia iniziò a ricevere lettere e disegni: fiori colorati a pastello, frasi scritte con goffaggine ma con sincerità, pezzi di carta pieni di sogni. Ogni lettera le ricordava che la sua voce aveva superato barriere che neppure lei aveva immaginato.

Il conduttore, che allinizio laveva guardata con diffidenza, divenne il suo alleato. Ogni volta che Giorgia entrava, lui spegneva la radio, lascoltava con attenzione e la guidava per migliorare la tecnicanon per la fama, ma per lemozione e la chiarezza del suo messaggio.

Con gli anni, quelle ragazze di altri paesini iniziarono a organizzare piccoli raduni, cantando insieme nelle piazze e nei cortili delle scuole, ripetendo la canzone di Giorgia e creando nuovi testi ispirati alle loro vite di bambine e giovani donne di campagna. I canti si mescolavano a risate e lacrime, alla forza di chi era stato zittito per generazioni.

Il paese cominciò a cambiare, lentamente. Si parlò più di uguaglianza, di giustizia, di istruzione. Le bambine non tacevano più; le madri si sentivano libere di cantare alle feste, al mercato, nelle piazze. Le nonne insegnavano a leggere e scrivere con orgoglio, e i bambini imparavano ad ascoltare, a dare valore a ogni voce.

Giorgia continuò a comporre e cantare, ma ora lo faceva con un coro dietro di séinvisibile allinizio, ma sempre più numeroso. Quello che era iniziato come un canto che non andava in onda, divenne un movimento silenzioso, senza nome ufficiale, ma potente e reale.

Anni dopo, quando Giorgia aveva ormai più di trentanni, tornò alla radio. Il conduttore era invecchiato, ma era ancora lì.

Non avrei mai pensato che la tua canzone avrebbe cambiato tanto disse con voce commossa. Ora ci sono voci ovunque. Bambine, donne, nonne tutte cantano e si ascoltano.

Giorgia sorrise. Guardò il microfono che aveva usato decenni prima e pensò a tutte le vite che aveva toccato. La sua canzone non aveva avuto bisogno di social network, telecamere o applausi. Aveva avuto solo bisogno di un cuore disposto ad ascoltare e un altro disposto a cantare.

Perché a volte, ciò che non va in onda è proprio ciò che abbiamo più bisogno di sentire.

E in ogni angolo del paese, su ogni panchina del mercato, in ogni scuola e vigneto, il canto era ancora vivo. I bambini crescevano ascoltandolo e lo ricordavano nei momenti di gioia o tristezza. Le donne lo cantavano mentre cucinavano, lavoravano la terra o cucivano vestiti per le loro famiglie. E quando qualcuno di nuovo arrivava in

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