La casa della speranza

**La Casa della Speranza**

Isabella fissava i riflessi delle luci delle macchine sul soffitto. Fuori, la pioggia tamburellava contro la grondaia. Sul divano, Fabio sospirò nel sonno e si girò. Quanto tempo ormai che non dormivano insieme…

Si erano conosciuti quattordici anni prima. Isabella era in ritardo al compleanno dell’amica Sofia. Arrivò quando tutti erano già seduti a tavola.

“Dai, vieni!” Sofia la trascinò dentro senza darle il tempo di togliersi il cappotto. Isabella salutò tutti, imbarazzata dagli sguardi dei presenti. Con mani tremanti, porse il regalo a Sofia, quasi senza osare alzare gli occhi.

“Su, Sofia, fai accomodare Isabella! Fabio, porta una sedia dalla cucina,” intervenne la madre di Sofia.

Un ragazzo alto e sorridente le cedette il posto. Isabella stentò a riconoscerlo: era il fratello maggiore di Sofia, appena tornato dal servizio militare, più maturo, più forte. Quando tornò con la sedia, la sistemò accanto a lei, spingendosi così vicino che le sfiorò il gomito.

Qualcuno propose un brindisi, tutti alzarono i bicchieri. Fabio le porse un calice di vino rosso.

“Grazie, ma meglio di no,” sussurrò lei scuotendo la testa.

“È succo,” le disse all’orecchio, e i loro bicchieri si toccarono con un lieve tintinnio.

Le riempì il piatto di antipasti. Le amiche di Sofia non smettevano di fissarlo, ridacchiando tra loro. Più tardi, i genitori si ritirarono in cucina e i giovani alzarono il volume della musica, spostarono il tavolo e iniziarono a ballare. Fabio le propose di scappare. Passeggiarono per ore, parlando senza sosta. Da quel giorno, non si lasciarono più.

“Possiamo sposarci. Dici di sì?” le chiese Fabio dopo il ballo di fine anno.

Come se ci fosse un dubbio. Era pazza di lui. Ma cosa avrebbe detto sua madre?

“Matrimonio? Ma siete impazziti? Lui ha imparato un mestiere nell’esercito, ma tu, Isabella, devi studiare! Aspettate almeno un paio d’anni, stabilizzatevi!” implorò la madre, le mani strette al petto, gli occhi lucidi.

“Scusa, mamma, ma non possiamo aspettare così tanto,” rispose Fabio al suo posto.

La madre comprese, sussultò e scoppiò in lacrime.

Così, invece dell’università, sette mesi dopo Isabella partorì un maschietto. Fabio lavorava in un’officina, lei si occupava del bambino. Era una madre affettuosa e una moglie attenta.

Vivevano con la madre di Isabella. Quando il piccolo andò all’asilo, anche lei trovò lavoro come segretaria per un cliente di Fabio. Finalmente poterono comprarsi un appartamento con un mutuo.

Un figlio che cresceva, un marito amorevole, una famiglia unita. Isabella credeva che sarebbe durato per sempre. Ma un anno fa, era arrivata la nuova vicina, una donna affascinante. Una sera, bussò alla loro porta con una torta e una bottiglia di vino. Isabella apparecchiò, brindarono.

Lucia, così si chiamava, sapeva raccontare barzellette con maestria. Fabio rideva fino a star male. Poi Lucia chiese se lui sapesse montare un armadio. Aveva bisogno di una mano.

“Lui è bravissimo, certo che ti aiuterà,” rispose lei senza pensarci.

Il giorno dopo, dopo cena, Fabio andò da lei. Poi ci tornò per aiutarla a trasportare scatole, appendere una lampadiera, sistemare qualcosa… Passava sempre più tempo da Lucia. A volte, lei stessa veniva a chiacchierare con Isabella.

“Che bella famiglia che avete. Sei fortunata con un marito così,” sospirava Lucia. “Io non ho nessuno.”

“Non ti preoccupare, sei giovane e simpatica, troverai l’amore,” la consolava lei.

“L’ho già trovato,” rispose improvvisamente Lucia, gli occhi sfuggenti.

Isabella non chiese altro, contenta per l’amica. Ma quel tremore nella voce, quella tazza che le tremava tra le mani… forse era solo emozione.

Poi, una vicina la fermò per strada.

“Ciao, Isabella, torni dal lavoro?”

“Sì, scusa, devo andare…”

“Aspetta. Non è affar mio, ma credo tu debba saperlo. La mia finestra dà sulla porta di Lucia. Non spiarei mai nessuno, ma quando sento passi di notte… insomma, salva tuo marito prima che sia troppo tardi.”

“Di cosa parli?”

“Del solito. Una notte, ero in cucina e ho sentito la porta di Lucia aprirsi piano. Ho guardato… e chi esce è entrato di corsa a casa tua.”

Isabella sentì un brivido vischioso lungo la schiena. Voleva scappare, ma la vicina la trattenne.

“Fabio è un uomo eccezionale, e donne come Lucia ci saranno sempre. Pensa bene a cosa fare. Ma senza fretta: gli uomini… raramente resistono a una che si offre.”

La voce della vicina le martellava nelle orecchie. Stordita, Isabella corse via senza salutare. “Bugie, pettegolezzi, Fabio non farebbe mai…” Ma quel dubbio non la lasciava. Dolore, rabbia, paura: tutto ribolliva dentro di lei. “E io la consideravo un’amica!” Decise di aspettare Fabio, sperando fosse tutto falso.

Quando lui tornò, lei non trattenne più nulla. Gli scagliò contro un vaso, che lui evitò per un soffio. Il rumore della ceramica che si frantumò la risvegliò.

“Vattene. Non ti voglio più vedere. Come osi? Come guarderai tuo figlio negli occhi?” disse con voce spenta.

Fabio non urlò, non si giustificò. Rimase in silenzio, poi pulì i cocci e andò a dormire sul divano.

La mattina, mentre preparava la colazione al bambino, lui entrò in cucina. “Non me ne vado.” E se ne andò prima che lei potesse rispondere.

Lucia sparì. Forse era partita. Sua madre la chiamò, pregandola di non fare precipitazioni. “Fabio è un brav’uomo, non puoi buttare via tutto per un errore. Pensa a tuo figlio.”

“Non posso perdonare. Tu non perdonasti papà, e ora mi dici così?”

“Non lo perdonai. E me ne pentii,” sussurrò la madre.

Ma Isabella non voleva sentir parlare di perdono. Con Fabio, vivevano come estranei.

“Devo lavare, dammi la camicia.”
“Porta fuori la spazzatura.”
“Parla con Matteo, ha litigato a scuola.”

Fabio dormiva ancora sul divano.

Arrivò la primavera, tiepida e attesa. Prima, avrebbero già pianificato le vacanze. A Isabella mancavano le loro chiacchierate. Ma come poteva fidarsi ancora di lui? Se non Lucia, sarebbe stata un’altra.

Poi sua madre chiamò: suo padre era morto. Isabella stentò a crederci.

“Il tuo, ovvio. L’hanno già sepolto. Ti ha lasciato la sua casa, quella dei nonni. Viveva lì negli ultimi anni. Me l’ha detto lui stesso…”

“Tu parlavi con lui?”

“Mi chiamava a volte, chiedeva di te e Matteo. Scusa se non te l’ho detto. Tu e Fabio dovreste andare a vedere, magari rivenderla. Tra qualche anno Matteo andrà all’università…”

Quella sera, chiamò Fabio a cena e gli raccontò tutto. Lui ascoltò in silenzio.

“Perché non parli? Siamo ancora marito e moglie, decidiamo insieme.”

“È”Ti amo ancora, e questa casa ci ha riportato insieme,” sussurrò Fabio stringendole la mano mentre lasciavano la campagna, pronti a ricominciare.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

fifteen + seventeen =

La casa della speranza